SILIGARDI Tiziano Uberto

 

A mia moglie Roberta e alle mie figlie Daniela, Enrica e Annamaria.

 

S.Biagio, S.Donnino e S.Concordia dipinto dell’ancona dell’altare maggiore della Chiesa Parrocchiale

(Pittore Geminiano Vincenzi di Modena - 1826)

STORIA DELLA CHIESA DI RUBIERA

SOMMARIO

PREFAZIONE *

PREMESSA STORICA *

ORIGINE DEL NOME RUBIERA *

CENNI STORICI *

DELL’ANTICA PIEVE DI RUBIERA E SUE FIGLIALI *

CENNI STORICI SULLA ESTENSIONE DELLA PARROCCHIA *

VECCHIA CHIESA SS. DONNINI ET BLAXII (SANTI DONNINO E BIAGIO) *

CURIOSITÀ ARTISTICHE IN RUBIERA *

CONSORZIO DEI PRETI DI RUBIERA. *

ACCENNI SULL'ORGANIZZAZIONE DEL CONSORZIO STESSO *

Beni Di Ragione Del Consorzio Di Rubiera *

COLLEGIATA DEI PRETI DI RUBIERA *

SANTA MARIA NOVA O NOVELLA *

I MINORI CONVENTUALI *

STATO DEI BENI DEL CONVENTO DEI RR. PP. MINORI CONVENTUALI DI S.FRANCESCO PRESSO RUBIERA *

LA MODERNA CHIESA *

CHIESA ED OSPEDALE DEL PONTE DI RUBBIERA *

OPPURE: OSPEDALE DEI PELLEGRINI, OSPEDALE DI S. ANTONIO, PRIORATO DI S.MARIA DI CÒ DI PONTE. *

CHIESA DELL'ANNUNCIATA *

CONFRATERNITA DELLA SS.ma ANNUNZIATA *

CHIESA DI S. MARIA DEL BOSCO *

CHIESA DI SANTA GIULIA *

PUBBLICO ORATORIO DI S.NICOLA DA TOLENTINO *

I SANTI VENERATI IN RUBIERA *

SANTA CONCORDIA MARTIRE *

S. OLIVERO MARTIRE. *

SAN ROCCO *

VINCENZO MANICARDI UNICO RUBIERESE VESCOVO - (1825-1901). *

I PARROCI DI RUBIERA *

BIBLIOGRAFIA: *

 

 

 

 

 

 

PREFAZIONE

Per la stesura di questa Storia non ho cercato in archivi Parrocchiali, Vescovili, Notarili o di Stato, notizie inedite sulla Chiesa del nostro paese, ma ho piuttosto cercato di unire ricerche storiche di essa trovate su pubblicazioni esistenti.

Vi sono, infatti, riferimenti storici combacianti, altri diversi nelle loro narrazioni, altri ancora che integrano, con notizie inedite, racconti storici già sviluppati da altri autori.

Con questa raccolta ho voluto unificare in un solo documento la ricca Storia della Chiesa di Rubiera, che si intreccia con la Storia civile, e si snoda nei secoli con vicende interessanti, e che mi ha fatto capire il perché di tante nostre tradizioni ancora in atto, ed il perché (tante volte triste) di altre cadute in disuso. Mi ha fatto, inoltre, capire il perché di campanilismi, ai miei occhi anacronistici, che ancora vivono e che arrivano ai nostri giorni da fatti avvenuti alcuni secoli fa.

Nel proseguire in questa raccolta ho conosciuto il motivo della rovina e della scomparsa di tanti beni artistici della nostra Chiesa dovuto alle distruzioni per cause belliche, all'incuria dei luoghi, all'abbandono di essi da parte di Congregazioni Religiose, alla soppressione autoritaria delle Congregazioni stesse ed alla rapina di arredi artistici (vedi Chiesa ed Ospitale di Santa Maria di Cò di Ponte, e Palazzo Rainusso) perpetrata da avide Autorità, che requisirono i beni delle Comunità Civili e Religiose grazie ai loro poteri illimitati derivati da situazioni storiche illiberali, perchè imposte dall'assolutismo in voga ai loro tempi, e dallo scempio, dalla rovina, e dal ladrocinio effettuati da chi si vantava di venire a liberare il nostro povero paese da quel potere assoluto che per primo lo aveva depredato.

Poi alcuni Parroci di Rubiera, che per motivi incomprensibili alienarono antichi ed artistici immobili ecclesiastici, che in seguito vennero trasformati in locali di civili abitazioni o distrutti per ricavarne terreno da semina.

Alla fine le Repubbliche Cisalpina, e Cispadana, e la Repubblica Italiana diedero il colpo mortale sciogliendo Collegiate, Consorzi e Congregazioni; dando, così, la mazzata finale nello stesso modo perpetrato dai nobili Governatori che svendevano i beni da loro amministrati a funzionari-profittatori (sempre di lignaggio nobile) dopo averli, con pretesti mendaci, forzatamente espropriati alle Chiese, e alle Comunità religiose, per ricavarne denari da usare al solo fine del loro prestigio personale.

Leggendo contemporaneamente la storia civile, ho notato che le stesse Autorità civili distrussero, nel nome di un malinteso modernismo, anche antichi monumenti colmi di storia (quali il forte e le mura) e restaurarono malamente anche altri siti storici del Paese.

Spero che questo lavoro di incastro possa servire almeno come sinopia a chi, volendosi interessare più dettagliatamente della ricca storia della nostra Chiesa, intenda approfondire gli argomenti che ho cronologicamente ed esattamente riportato in questo lavoro.

 

PREMESSA STORICA

ORIGINE DEL NOME RUBIERA

Rubiera anticamente era chiamata Herberia forse per le praterie che la circondavano.

Secondo alcuni il nome di Rubiera derivò poi da "Riviera" per essere, paese, sulla riva del fiume Secchia o dalla trasformazione graduale di Herberia, prima in Herbiera ed infine in Rubiera. Secondo altri il nome di Rubiera deriva dalla famiglia dei Rossi di Parma, un tempo proprietari terrieri locali le cui proprietà venivano indicate con la frase latina : Agri Qui Rubens erant. (terreni appartenenti ai Rossi.

Una delle ipotesi più probabili, però, è che il nome di Rubiera abbia avuto origine dalla frase latina "rubbierant" poiché prima che il Forte venisse edificato, il terreno circostante era tutta una palude ricoperta di erbe palustri rosse e spinose chiamate appunto Rubbi. L’ipotesi sarebbe convalidata dal fatto che fino a pochi decenni orsono il nome del paese si scriveva Rubbiera con due B.

Ultimamente pare che tale nome derivi dal celtico er-beria, vale a dire in mezzo alla pianura. Tale correzione è desunta da uno studio fatto dal gruppo archeologico reggiano coordinato dal sig. Luciano Patroncini.

(Herberia, Erberia, Herbaria, Erbaria, Hyrberia, Yrberia, Hirberia, Irberia, Herbera, Irbera, Yrbera, Eriberia, Riberia, Roberia, Robiera, Rubbiera sono i diversi modi con cui nei documenti è nominato quello che ora si dice Rubiera).

 

CENNI STORICI

"Rubbiera terra antichissima, e riguardevole, quasi margine nella provincia di Lombardia, umbilico nello stato del Serenissimo Signor Duca di Modena: siede regina al fiume Secchia in quella parte appunto, che unitosi con il minor fiume Tresinara precipitoso da monti vicini scendendo con doppia rapacità avidamente gl'intieri campi fura, e rende i vicini abitatori scontenti della loro sorte.

Siede media tra le due famose città di Modena, e Reggio, tale che ne tempi andati, ne quali l'incursioni delle nazioni straniere erano frequenti, e le guerre affliggevano la Lombardia anzi l'Italia tutta, come pur oggi con lacrimevole esempio par si rinnovellino, per l'opportunità della strada Regale (L'attuale via Emilia), occasionò il pensiero di ridurla in fortificazione a frenare l'impeto, e le scorrerie de soldati, e temporeggiando rissolvere i moti altrui, et avvalorare i proprij.

Onde cinta di profondissime fosse, e munita di grosse muraglie, e terrapieni, guardate a' fianchi da quattro baloardi, et al cader del sole fuori di quelli da una ben fatta tenaglia (il vecchio rivellino posto verso Reggio), secondo le fortificazioni dell'uso antico si rendesse forte et inespugnabile." Così era descritta Rubiera nella "Relazione dell'Ospitale presso Rubbiera Jus Patronato de'Signori Marchesi Sacrati - Catalogo de' Governatori e de' Fattori in detto Ospitale" Anno 1673.

Il paese di Rubiera è l'antica "Corte de Herberia" che i Re d'Italia la concessero ai conti Supponidi, i quali già la possedevano nel 915. Più' tardi furono signori del luogo gli Obertenghi; nel 696 il Monastero del S. Salvatore di Pavia possedeva una terza parte della Corte, con una cappella dedicata a S. Faustino, che nel 980 divenne Plebana del Vescovo di Reggio (a quei tempi padroni probabilmente anche delle altre due parti). Nel 1033 la Corte di Rubiera venne usurpata da Adalberto Marchese di Toscana, che volle assegnarla al Monastero di Castiglione: quando il marchese di Toscana passò ai Canossa, di costoro fu' pure la Corte di Rubiera. Al centro della Corte doveva già essere stato edificato un castello vicino al Secchia, sul corso del quale era stato costruito un ponte romano, ad opera degli imperatori Gallieno e Valeriano. Il ponte venne più volte divelto: ne sono rimaste tracce nei basamenti dei piloni sul greto del fiume (a circa 100 metri dal ponte attuale verso nord), e di esso esiste anche una lapide che ne ricorda la distruzione avvenuta ad opera di un incendio nel 257 della nostra era, ora custodita nel museo lapidario di Modena. Al tempo delle lotte tra Matilde ed Enrico IV, questi riuscì a conquistare Rubiera (affidandola al figlio Marchese Azzo D'Este); poi la contessa la riebbe e la sottopose alla custodia dei suoi capitani. Dal 1099 diventa nota la famiglia dei Da Herberia: alcuni suoi componenti sono presenti ad un "placito" di Matilde. Alla morte della contessa si ripresentarono, pretendendo la corte di Rubiera, i superiori del Monastero di S. Salvatore: il Papa Eugenio III risolvette la questione concedendo ad essi la metà dei beni della corte medesima, affidando la parte restante al Vescovo di Reggio (1146). Verso il 1190 il Comune di Reggio innalzò a Rubiera un nuovo castello, che nel 1202 è posseduto da Pico Manfredi, il quale seppe ben difenderlo contro i modenesi in lotta con i reggiani a causa delle acque del Secchia. Attorno al castello il Comune di Reggio volle ben presto innalzare mura e insediarvi i primi borghi di case. Nel 1284 il forte è tenuto dalla famiglia dei Boiardi (discendenti dei signori Bianchi della Lunigiana). Nel 1290 il castello di Rubiera è posseduto da Obizzo D'Este e nel 1315 dal Comune di Reggio. (…aveva nel 1315 in tutto 105 famiglie fra padroni, mezzadri e soldati...105 famiglie o fochi non ci danno in media più di 500 abitanti..).

Nel 1326 venne poi occupato dal Legato Apostolico e nel 1329 fu conquistato dai rappresentanti imperiali di Parma e Reggio, che imprigionarono nel castello il comandante del presidio Gherardo Boiardi. Costoro riebbero Rubiera col passaggio di Reggio alla signoria dei Gonzaga (1345) e lo seppero ben difendere contro i modenesi nel 1345. Quando i Boiardi si affidarono ai Visconti (1354), accolsero nel castello di Rubiera un loro presidio, che in seguito cacciarono (1362) per accogliere i rappresentanti della Chiesa e degli estensi. In seguito a tali mutamenti i Boiardi ottennero autorità su tutto il territorio rubierese, partecipando alla guerra contro i Visconti ed Ottobono Terzi, che venne ucciso con inganno presso Pontalto, nelle campagne al di sopra di Rubiera (sud) verso Bagno dove vi era un ponte avente lo stesso toponimo di quello di Rubiera. Il Pontalto attraversava la Via Emilia molto probabilmente in corrispondenza del cavo Tassarola, fosso che raccoglieva tutte le acque delle campagne poste a sud della Via Emilia. Nel 1423 i Boiardi permutarono Rubiera con Scandiano; allora Rubiera divenne un fondo della famiglia Estense, soggetto direttamente al Duca ed alla comunità di Ferrara. A Rubiera come Comune appartenevano, in tal epoca, le frazioni di S.Faustino, Fontana, S.Donnino, Zimella, Bagno, Marmirolo e Casale. Nel 1512 furono i Papi a conquistare Rubiera, che venne affidata ad Alberto Pio di Carpi. Gli Estensi riuscirono a riavere Rubiera nel 1523: allora munirono il castello con tante difese da renderlo una delle fortezze più sicure del Ducato. L'ultimo episodio della guerra della rocca si ebbe nel 1706 quando, durante la guerra di successione di Spagna, i tedeschi obbligarono alla resa il corpo dei francesi che, padroni di Modena, difendevano Rubiera. Da questo Comune si staccarono poi nel 1660 S.Donnino, nel 1740 anche Corticella per unirsi al fondo Spinola, tantochè alla fine del secolo XVIII, prima della Rivoluzione francese, al Comune di Rubiera appartenevano Bagno, Cacciola, Casale, Fontana, Marmirolo e S.Faustino. Nel piano distrettuale della Repubblica Cisalpina nel 1797 Rubiera forma un cantone con Bagno, Cazzola, Casale, Fontana, Marmirolo, S.Faustino, ma nel dipartimento del Panaro. Nel 1805 nuova distribuzione di ville e frazioni, ed al Comune di Rubbiera restano solo Fontana, S.Faustino, Casale, più Marzaglia, e resta così fino al 1830, eccetto che dal 1810 al 1815 vi fa parte anche S.Donnino di Liguria. Con decreti del 1815 e 1827 Francesco IV mantenne per Rubiera il grado e l’onore di Comune di 3° rango, ma sempre in Provincia di Modena. Scissa così l’unità storica per cui Rubiera naturalmente reggiana era vincolata da secoli a ville che l’avevano accompagnata nelle sue vicende politiche ed amministrative, tutt’era da aspettarsi, ma non la suprema delle onte, la soppressione del Comune, la sua aggregazione al Comune di Modena. Eccone il documento:

 

Il Podestà del Comune di Modena.

AVVISO

Sua Altezza Reale l’amatissimo nostro Sovrano, con suo Chirografo in data 17 cadente, ha ordinato che all’oggetto di semplificare maggiormente le aziende economiche dei Comuni venga soppresso il Comune di Rubbiera, ed aggregato, col primo del venturo anno 1831, a questo di Modena.

Tanto si rende pubblica notizia per norma di chiunque, a sfogo dell’incombenza affidata a questa Comunità, da S.E. et Sig. Consigliere di Stato Governatore della Città e Provincia di Modena con pregiato dispaccio 21 cadente dicembre –

Modena dal Palazzo della Comunità 22 dicembre 1830.

G.Rangoni

La fortezza, durante l'occupazione estense, fu adibita a prigione di stato per quanti fossero accusati o sospettati di delitto di lesa maestà. Vi languì anche il patriota Don Giuseppe Andreoli che, condannato a morte, salì il patibolo avanti alla rocca il 17 ottobre 1822. La rocca di Rubiera era un massiccio edificio, munito di quattro torrioni, che s'imponeva con i suoi spalti e le sue mura all'ingresso del paese, sulla Via Emilia. Era circondata da profondi fossati, le cui acque provenivano dal Tresinaro per mezzo di un canale chiamato della Cerca; nel lato est era il ponte levatoio di Carpi. La rocca fu venduta all'asta nel 1873 e successivamente divisa in due lotti, di cui uno divenne proprietà del Municipio ed uno di privati. Per ragioni di viabilità, nel primo quarto del secolo la rocca fu privata della parte mediana. In questi ultimi tempi anche le strutture laterali comprendenti i torrioni sono state in gran parte ridotte ad abitazioni private ed uffici. Dell'antico aspetto della rocca ben poco è riconoscibile. Anche la parte storica, come le carceri dove languirono Don Andreoli ed altri patrioti, è stata sacrificata ad esigenze moderne.

 

DELL’ANTICA PIEVE DI RUBIERA E SUE FIGLIALI

Una delle Chiese più antiche della Diocesi di Reggio, e certamente la prima che si trova nominata nel territorio di Rubbiera od Erberia, è la pieve del titolo de SS.MM. Faustino e Giovita. La più vecchia memoria che se ne trova è in un documento del 945, come avvertì il Tiraboschi. Rodolfo figlio del conte Unroco da una parte, e Giulio avvocato del Vescovo di Reggio dall’altra, producono davanti ad Ildoino, messo del Re Ugo d’Italia, che giudica col consenso del Vescovo, le loro ragioni … Capella una, que est ad honorem Sancti Faustini Martirirs Christi, costructa in loco et fundo Erbaria cum casisi et rebus domui, coltiles qaumque et massericiis, seu et omnibus rebus territoriis atque familiis vel mobilibus, sive et omnibus redicionibus cocumque ordine ad ipsam ecclesiam pertinentibus et aspicientibus... Fu convenuto che la proprietà della chiesa e dipendenze appartenesse a Rodolfo, che addusse in prova la prescrizione di 30 anni, avendo egli ed il suo genitore Uroco di Suppone ottenuta e sfruttata la Chiesa, durante questo tempo, al Vescovo poi restasse integro il diritto di esercitarvi il suo ministero. Risale adunque la chiesa di S.Faustino di Rubbiera al principio del secolo X. Probabilmente al principio del detto secolo si deve riferire la costruzione del tempio vetusto di S.Faustino, di cui restano ancora non dubbie tracce, disgraziatamente nascoste sotto i radicali restauri fatti dall’Architetto Prof. Costa nel 1853.

La ricchezza e l’importanza di questa pieve e l’ambizione delle potenti famiglie dei Sessi e dei Bojardi, che se ne contendevano il possesso e gli utili, diede origine, sulla fine del secolo XIII e sul principio del XIV, a sanguinose risse, per cui la Chiesa fu convertita in fortezza. Verso il 1201 i reggiani per difendersi contro dei modenesi e conservare il loro diritto di suprema autorità sopra il Borgo di Rubbiera, vi edificarono un nuovo castello: Castrum novum designatum ad Burgum Herberiæ, o piuttosto fecero un muro all’intorno del Borgo, per sottrarlo ad un colpo di mano: fecerunt murum circa Castrum Yrberiæ pro Commune Regii.

Sull’argomento si legge sul manoscritto "Le chiese della Diocesi di Reggio Emilia" di Mons. Scurani:

"Rubiera, latinamente Herberia, è un grosso borgo in vicinanza del fiume Secchia (l’antico Gabello o Situla, annoverato da Plinio fra i nove maggiori fiumi che dall’Appennino si gettano nel Po), attraversato dalla via Emilia. Lungo questa via ha dei buoni edifici ed è ancora in parte circondata dalle vecchie mura, che un tempo fecero di questo luogo uno dei luoghi meglio presidiati del reggiano. Notevole è il cosidetto Forte o Sasso, avanzo dell’antico castello, che dopo il 1860 è stato in gran parte smantellato,…. A poca distanza dal paese, verso oriente, trovasi in bel ponte a nove arcate, fatto costruire nel secolo XVIII dal Duca Ercole III. Verso mezzogiorno si stendono poi vaste praterie sulle quali si svolsero le grandi manovre nel 1876 e 1887…… Rubiera fu patria di Antonio Urceo, detto Codro (1446-1500), celebre letterato, ed al quale furono rese solenni onoranze nel 1877 colla inaugurazione di una lapide, la cui iscrizione fu dettata dal Malagola.

AD ANTONIO URCEO CODRO

RUBIERESE

GRECISTA E LATINISTA EMINENTE

E NELLO STUDIO DI BOLOGNA

MEMORABILE MAESTRO DEL COPERNICO

LA PATRIA

XVI AGOSTO MDCCCLXXVII

CCCCXXXI NATALIZIO DI LUI

Fu pure patria di Pietro, Baldassarre e Giustiniano ZERBINI, che furono fra i primi stampatori di Bologna nella seconda metà del secolo XV, di Andrea BONAZZI, ripetitore di Retorica nello studio di Bologna nel 1510, dell’Architetto Domenico Valesino, e dei due illustri musici Don Gio. Battista VACCHELLI, minore conventuale, Organista della Comunità di Rubiera nel 1646, e Giuseppe M. VENTURELLI (1711-1775).

Trattando però noi principalmente in queste memorie di cose ecclesiastiche, non tralasciamo di ricordare due piissime giovinette di Rubiera, l’una morta tre secoli fa, Antonia MARTELLI sepolta il 24 settembre 1607, menzionata nel "Racconto dei Santi primi Vescovi di Reggio, p. 72-" l’altra dei tempi moderni, Isabellina MARI intorno alla quale si ha alle stampe un libretto intitolato: "Isabellina MARI da Rubbiera proposta ad esempio delle zitelle" Modena Tip. Imm. Concezione .….. Feltrino Bojardi, nel 1423 cedette Rubiera al Marchese Nicolò, ricevendone in cambio terre nel ferrarese, il Fondo di Scandiano ecc. e più tardi altri della stessa famiglia Boiardi cedettero i loro beni che possedevano in Rubiera, sicchè questo paese addivenne assoluta signoria degli Estensi.

Il Marchese Leonello per renderlo più forte lo cinse di mura, che furono terminate dal Duca Borso, ed anche il Duca Ercole I lo fortificò maggiormente.

Nel 1512 Rubiera passò in mano del Pontefice Giulio II, e solo la riebbe nel 1523 Alfonso d’Este con l’abbattimento dell’immediato contado fra cui Ospedale e Chiesa di S.Maria di Cò di Ponte in amministrazione ai Sacrati.

Nel 1551 fu assediata, ma invano, dalle armate spagnole.

Nel 1638 a 23 Novembre la nobiltà e il popolo di Modena andò ad incontrare fino a Rubiera il Duca Francesco I reduce dalla Spagna, e nel 1702, in occasione della guerra di successione presero stanza a Rubiera le armate francesi cacciate poi nel 1706 dal Principe Eugenio di Savoia.

Sotto gli Estensi e fino alla rivoluzione del 1796 eravi in Rubiera un giudicente col titolo di Podestà. Aveva la propria adunanza dei Reggenti (Comunità) cui erano soggetti i borghi di Rubiera e le ville di Bagno, Cacciola, Casale S.Agata, Fontana, Marmirolo e S.Faustino. Il Duca Francesco IV soppresse il Comune di Rubiera e lo unì a quello di Modena, ma nel 1860 per decreto del Dittatore FARINI rivisse il Comune di Rubiera colle ville di S.Agata Casale, S.Faustino e Fontana.

Il castello di Rubiera, fatto fabbricare dal Comune di Reggio nel 1200, ebbe tristissima rinomanza per le sue prigioni, le quali fino dalla seconda metà del secolo XV cominciarono a servire come prigioni di Stato e tali rimasero fino al 1859. Il Malagola riporta il nome degli infelici (tutte persone di qualche conto) che quivi languirono per tanti anni. Qui ricorderemo soltanto il nome purtroppo celebre del povero D. Giuseppe Andreoli di S.Possidonio, giustiziato il 17 ottobre 1822, perché ascritto alla setta dei Carbonari, per ordine del Duca Francesco IV. Tutti gli scrittori sono concordi nel biasimare questo atto disumano e crudele del despota estense, compiuto ad onta delle vive suppliche del Vescovo di Reggio Angelo M.e Ficarelli, ma nessuno però ha avuto il coraggio civile di far noto che se l’Andreoli fu buon patriota, non fu però un sacerdote di condotta esemplare, come varie volte lo abbiamo sentito riferire da persone degne di fede che conobbero l’infelice prete a Possidonio, che allora apparteneva alla Diocesi di Reggio, e a S.Martino in Rio, ove egli abitò qualche tempo presso lo zio Arciprete."

 

CENNI STORICI SULLA ESTENSIONE DELLA PARROCCHIA

Rubiera, anticamente Herberia od Erbaria, che prende facilmente il nome dalle grandi praterie che anche presentemente si stendono in quei dintorni, è un grosso ed elegante Borgo, posto sulla via Emilia alla destra del Secchia a 12 chilometri da Reggio, alla cui Provincia appartiene, e 13 da Modena, a 57 metri sul livello del mare.

In questo modo è descritta in un opuscolo pubblicato nel 1912, a cura di Mons. Giovanni SACCANI, nella duplice occasione della inaugurazione del nuovo pavimento, della costruzione della nuova facciata della chiesa Parrocchiale e dell'ordinazione sacerdotale di don Vito Fancinelli, un nostro compaesano, e che io userò come filo di collegamento per lo svolgimento di tutta la storia religiosa locale.

La via Emilia che l'attraversa è costeggiata da begli edifici con comodi portici, onde tutto il paese ti si presenta in aspetto nobile e civile.

Il vecchio castello o forte, o sasso, ora in parte smantellato e demolito, segna la conquista di tempi migliori sulla prepotenza di tiranni di altri tempi.

Da Rubiera prende il nome la parrocchia dei SS. Donino e Biagio, già filiale della Pieve di S.Faustino, ed ora indipendente, dopo che nel 1704 fu soppressa quell'Arcipretura, ed eretta in Rubiera una Collegiata di Canonici con a capo un Arciprete.(vedi capitoli successivi).

Ecco come il Dott. Don Silvetti (Arciprete di Rubiera dal 1769 al 1791)pochi anni prima della Rivoluzione francese, che importò tanti mutamenti anche negli ordini civili e politici, descrive l'estensione ed i confini precisi della sua Parrocchia (che sono anche quelli attuali):

"La Parrocchia di Rubbiera è in giurisdizione di Rubbiera in parte ed in altra parte in giurisdizione di S.Donnino di Liguria, feudo di S.E. la Signora Marchesa Lillio Spinola di Genova ed ora suoi eredi.

La Chiesa parrocchiale di Rubbiera è sotto il titolo dei SS. Donnino e Biagio riservata al Sommo Pontefice per essere il parroco eziandio prima Dignità della Colleggiata in essa parrocchiale eretta, col titolo di Arciprete.

Anime nel paese di Rubbiera cinquecentosei; fochi nel paese di Rubbiera cento trenta quattro. Fuori di Rubbiera in giurisdizione propria anime 288, fochi 36; in giurisdizione del fondo Spinola anime 220, fochi 33. Totale anime 1014, fochi 203.

Questa parrocchia si estende per tutto il paese di Rubbiera compreso il Forte; fuori del paese da mattina si estende per la Via Emilia fino al fiume Secchia; da sera per detta strada un mezzo miglio (1481 mt/miglio) solamente; da Mezzogiorno arriva al Tresinaro, lontano da Rubbiera 300 passi geometrici (1,48 mt/passo); si inoltra poi nella strada che conduce a Scandiano ed arriva fino alla chiusa del Tresinaro che dà l'acqua al Canale di Carpi, lontano un bel Miglio da Rubbiera; da settentrione nella strada che conduce a Modena per la Barchetta arriva fino al soppresso Convento dei Francescani (Palazzo Rainusso), ora Casa di caccia del Sig. Conte Consigliere D .Antonio Greppi di Milano esclusivamente, e per la strada che conduce al pure soppresso Ospedale dei Pellegrini (Corte), presentemente anch'esso ragioni del suddetto cavaliere, fino detto Ospedale esclusivamente; quindi da questa parte mezzo miglio solo lontana da Rubbiera.

La parrocchia passa il Tresinaro ed entra nella giurisdizione di S.Donnino di Liguria, feudo Spinola, e nella medesima si estende a levante per un buon miglio, costeggiando sempre il Secchia, ed a mezzogiorno per un mezzo miglio.

Confini del territorio della parrocchia in giurisdizione propria a mattina, parrocchia di Marzaglia, diocesi di Modena, medio il Secchia, dalla cui Chiesa dista un miglio. Detto torrente impedisce la comunicazione con la Chiesa di Marzaglia. (Ora non più, dopo che nel 1791 si fece il ponte su cui la via Emilia passa il Secchia).

A sera la parrocchia di Bagno, dalla cui Chiesa dista due brevi miglia, senza verun accidente che impedisca la comunicazione con quella Chiesa. Così pure a mezzodì, senza impedimento alcuno confina con Bagno.

A settentrione confina in parte colla parrocchia dei SS. Faustino e Giovita, da cui dista due brevi miglia, ed in parte con Fontana, da cui dista altrettanto, senza che sia impedita la comunicazione colle le loro Chiese.

In giurisdizione fondo Spinola, la parrocchia di Rubbiera a levante e mezzodì confina colla parrocchia di S. Donnino di Liguria, da cui dista due larghe miglia, frapposto il torrente Tresinaro. Anzi non vi essendo altro ponte che un miserabile passaggio di legno per pedoni, travolto questo spesse volte dalle acque, restano talora i parrocchiani impediti dall'accorrere alla propria Chiesa e di ricevere i conforti. Ora anche qui c'è il ponte."

Quanto alla parrocchia di S. Donino era dapprima pochissimo abitata, se nel 1315 aveva solo 105 famiglie, racchiudendo in questo numero la piccola villa di Fontana, perché 105 famiglie o fochi non ci danno in media più di 500 abitanti.

Invece nel 1593 gli abitanti della Parrocchia sono 600; nel 1612 arrivano a 675; sono circa 900 nel 1705; 1.014 nel 1785; 1.624 nel 1847; 1.786 nel 1860; 2.200 nel 1900; 2.405 nel 1912 e, oltre 12.000 alla data attuale 2001.

 

VECCHIA CHIESA SS. DONNINI ET BLAXII (SANTI DONNINO E BIAGIO)

Ho trovato un’altro libretto scritto cent'anni fa sempre per opera di Mons. Giovanni Saccani, (ed anche questo libretto lo userò come filo conduttore della presente storia) in occasione del cinquantesimo di sacerdozio di uno dei Parroci di Rubiera, don Angelo CHIESI (1855-1904). Questo libretto, contenente un condensato storico della Chiesa di Rubiera, è stato dedicato, nel 1894, al CHIESI dall'allora Vescovo di Reggio Vincenzo MANICARDI (Rubierese) e dal clero di Castelnuovo di Sotto, suo paese di origine. Nella dedica si legge "Sono lavorietti di comuni amici che a Lei si dedicano, certo non pel loro pregio, troppo risentendo della fretta, onde si compilarono". Purché stilati in fretta rimangono pur sempre una delle poche ricerche storiche sull'origine della nostra Parrocchia, sin qui trascurata da quel punto di vista.

Dopo una premessa sulla storia dell'antica Pieve dei SS Faustino e Giovita in Erbaria, fondata dal Vescovo di Reggio SIGIFREDO versa la metà del sec. IX (844-857 circa), dalla quale si capisce che essa è rimasta fino al 1702 la più importante Chiesa del Borgo di Rubiera e, a quanto si narra, fu pure una delle più importanti e ricche Pievi della Diocesi di Reggio.

Questa sua ricchezza stimolò l'ambizione di due potenti famiglie del Secolo XIII, i Sessi ed i Bojardi, che lottarono tra loro, anche con l’assassinio di tre arcipreti, per il suo possesso. Il primo degli Arcipreti assassinati fu, nel 1283, don Gherardo BOJARDI, poi fu la volta, nel 1312 di don Bernardino SESSI e infine, sempre nel 1300 un altro Arciprete della famiglia SESSI.

Così descrive uno degli episodi suscritti il Panciroli nella sua "Storia della città di Reggio":

" Conciossiachè a’ 25 maggio 1309, non anco spente le antiche sette, venne da Azzolino ed Ugolino Sessi morto Guglielmo Albriconi, e ferito gravemente da un sasso gettatogli da una casa un Canossa. Borgo loro parente fuggendo salvò la vita. Per la qual cosa i Canossa diedero piglio alle armi, e inanimati di vendicarsi dell’avuta ingiuria traggono cò Fogliani, i Manfredi e i Roberti alle case dei Sessi. Dove, fuggiti gli altri, ne presero solamente l’Arciprete di S.Faustino, che pel grado s’era creduto sicuro, e gli gettarono le corde al collo."

Mentre la Pieve di S.Faustino viveva la propria storia, Mons. Saccani racconta che a Rubiera nel

"... 1201 i Reggiani per difendersi contro i Modenesi e conservare il loro diritto di suprema autorità sopra il Borgo di Rubbiera, vi edificarono un nuovo Castello:.. Castrum novum designatum ad Burgum Herberiae..., o piuttosto fecero un muro all'intorno del Borgo per sottrarlo ad un colpo di mano: ...fecerunt murum circa Castrum Yrberiae pro Commune Regii... Prima ancora di quest'epoca nel Borgo o Castello vecchio vi era una Chiesa principale, e forse unica chiamata semplicemente la Chiesa di Rubbiera; lo rileviamo da un atto del 1188 (1180 secondo Canovi Riccardo nell’articolo: "ANCHE LE PIETRE POSSONO PARLARE" pubblicato sul Bollettino Parrocchiale di Marzo 1999) entro quella Chiesa rogato:.. actum Yrberiae intra Ecclesiam feliciter..., la quale non portando nessun aggiunto ne di pieve ne di Casale, si è certi trattarsi della parrocchiale, che i documenti posteriori ci mostrano sotto il titolo di SS Donnino e Biagio . Probabilmente con (Sant’Agata di) Casale essa è una di quelle Cappelle che nelle Bolle pontificie della seconda metà del secolo XII era sotto alla plebana di S. Faustino: ...plebem de Herberiae cum suis capellis...

Il primo documento che esplicitamente ci ricorda la parrocchiale Chiesa di Rubiera col proprio titolo dei SS. Donnino e Biagio, è il prezioso elenco dei parroci della Diocesi che nel 1302 furono chiamati a pagare le decime alla S. Sede. In esso sotto il Plebanato di Erberia unico è censito, ...dominus guizardus rector ecclesie sanctorum donini et blaxii (...signor Guizardo rettore della chiesa dei santi Donnino e Biagio...).(Arch.Cap. di Reggio).

Anche verso la fine di questo secolo XIV troviamo ripetutamente ricordata la Chiesa di Rubbiera, qualche volta col proprio titolo di S. Donnino, fra quelle che pagano un censo al Vescovo di Reggio, come risulta dalle abbreviature di Bertolino Episcopi notaio reggiano, di cui deploriamo periti gli atti relativi, ...qualiter solvit censum Ecclesia de castro Herberie - qualiter episcopus recepit censum pro Ecclesia de Castro Herberie - Episcopus recepit censum pro ecclesia de Castro heriberie... (Arch. Cap. di S. Prospero) In questo stesso secolo la Chiesa di S. Donino del Castello di Rubiera ebbe l'alto onore di accogliere il Vescovo di Reggio Bartolomeo d'Iorca (Per lo Scurani Bartolomeo d’Asti) che venne nel sabato delle Pentecoste, 26 maggio 1347, a tenervi la Sacra Ordinazione.

In quell'occasione i fratelli Simon-Francesco (per lo Scurani Simone e Francesco) e Guido figli di Bonifazio Bojardi, Signore di Rubbiera, ricevettero la prima tonsura e Gherardo pure de` Bojardi, arciprete di Bagno, ricevette gli ordini minori. Nel secolo XV non troviamo alcun cenno della Chiesa di San Donnino, se si eccettuano due collazioni (benefici) registrate nel Bollario Arlotti (nell'archivio Vesc.), ed un ...actum in castro Irriberie in Ecclesia SS. Donini et Blaxii patronorum et protectorum dicti Castri...

Nel XVI secolo invece sono numerosi gli accenni. In tutti i libri dei Censi dell'Episcopio Reggiano agli anni 1508, 1523, 1542 e seguenti, appare la Chiesa parrocchiale del Castello fra quelle che pagano un canone o censo. Così pure nelle visite episcopali del 1543, 1545, 1575, 1593, la Chiesa parrocchiale dei SS. Donnino e Biagio del Castello di Rubbiera è sempre ricordata fra le principali del plebanato di S. Faustino. Ad esempio nella visita che Monsignor Lorencino di Monte Pulciano fece delle Chiese di Rubbiera, nel 27 febbraio 1543, a nome del Card. Cervini Amministratore apostolico della Diocesi di Reggio, la Chiesa di S. Donnino è particolarmente descritta con i suoi 10 altari, dei quali il maggiore, era dedicato ai SS. Biagio e Donnino, il 2° alla decollazione di San Giovanni Battista, il 3° di patronato del Duca di Ferrara a S. Caterina, il 4° di detto patronato a San Cristoforo, Il 5° di patronato Spinelli a San Rocco, il 6° di patronato Boccacci a S. Pellegrino, il 7° di patronato Calcagni a S. Giovanni, l'8° ed il 9° a S.Maria, il 10° della Società di S. Croce.

Non da molto tempo doveva essere così ricostruita, infatti in un atto del 1565 il Rettore Francesco Ricchetti considerando che ...retroactis temporibus nonnulli homines de herberia capientes dictam ecclesiam S. Donini in melius reformari...fa le pratiche per alienare un pezzo di terra, e col ricavato proseguire ed ultimare la fabbrica. Questo desiderio di riformare ed ultimare la Chiesa accusa che quella di S.Donnino non venne che restaurata, laddove si trovava anche prima. Ciò fu certamente fatto.

A conferma di quanto racconta Mons. SACCANI si legge su "COMUNITÀ IN CAMMINO" di Aprile e Maggio 1998 e Marzo 1999, negli articoli "LA CHIESA VECCHIA", "SAN DONNINO IN CASTELLO" e "ANCHE LE PIETRE POSSONO PARLARE" a firma di Riccardo Graziano CANOVI, quanto segue:

"Vengono date sommariamente alcune notizie che possono chiarire il perchè l'antica parrocchiale di Rubiera subì nel tempo una trasformazione talmente radicale che al tempo della sua destinazione a casa solo l'abside con relativo campanile ci documentavano ancora della sua notevole antichità.

L'abside si può definire un esempio di traslazione dal romanico al gotico e gli archetti che ne decorano la parte sottostante il filo di gronda sono espressione tipica di uno stile che stava mutando. L'interno invece è di chiara impostazione romanica o meglio quello che resta dell'interno in quanto alcuni decenni orsono vi fu "incastonato" un vano ad uso di negozio che ne ha alterato il volume. Riferiamo inoltre che al tempo della visita Picenardi (1706) la navata della chiesa era "dealbata" vale a dire imbiancata o tinteggiata non si sa però di quale colore mentre il coro era "depictus". Le pitture potevano essere coeve del tempo nel quale fu eretta la Chiesa in quanto solo dopo la "reparatione" vale a dire la ristrutturazione gli altari passeranno da tre a nove. Si potrebbe anche ipotizzare che i due altari primitivi fossero posti a lato di quello maggiore, semplicemente appoggiati al muro (Gli altari primitivi erano di una estrema semplicità, un’immagine quasi sempre dipinta a muro, una mensa priva ancora di scaffe o gradini come è usato fino a tempi recenti, più due piccoli candelieri oltre alle tovaglie di rito ed un cuscino per appoggiarvi il Vangelo) e con questo non si vuole certamente escludere la possibilità di altre due piccole absidicole poste ai lati di quella che ancor oggi esiste e che ben si può definire una reliquia della Rubiera più antica ancora esistente.

La nostra "reliquia" è un abside di piccole dimensioni con navata in proporzione alla stessa, certamente più modesta dell’attuale "vaso", un documento rogato dal Pittori nel 1460 ce la descrive "cum tria altaria" ovvero il maggiore più due minori quasi certamente appoggiati ai muri frontali che delimitavano il piccolo coro.

Il campanile è degli inizi del 500 innalzato ed innestato sull'abside con forti contrafforti od archi a sesto ribassato che nonostante incauti sventramenti ha saputo resistere al tempo ed ai terremoti. E' probabile opera dei Pacchioni di Reggio Emilia che hanno lavorato nel nostro paese non solo sull'Ospitale prossimo alla porta di Modena andato distrutto dopo il 1530 ma anche su case di civile abitazione, come ci documenta un atto notarile steso alla fine del 400 nel quale vengono stabilite le modalità costruttive e l'onorario che Domenico LUOLI notaio di Rubiera dovrà corrispondere all'architetto, vale a dire un valido capomastro capace di disegnare od interpretare disegni anche sommari presentati dai committenti".

"Le carte del notaio Reggiano A.Pittori (AS.RE, notarile, vol. V°) ci documentano che la chiesa di San Donnino e San Biagio "in Castro" nel 1439 ospitava anche i titoli di due benefici eretti presumibilmente presso due altari minori e che nel 1543, al tempo della Visita Cervini erano stati nove, come nove erano gli altari posti ai lati della navata.

I numerosi lasciti precedenti da disposizioni testamentarie reperiti nella filza 195 del Luoli in Archivio di Stato Reggio ci dicono che la "reparatione" della nostra Chiesa iniziata alla fine del XV secolo fu lunga e complessa.

Viene data inoltre la traduzione (previa trascrizione) a cura del Dr. G.Trenti dell'atto che segna l'inizio della costituzione della "Fabbrica" intorno alla quale riuniranno in "Corpo" i " Preti della communa di Rubiera" come ci documenta la visita Cervini dell'anno 1543.

La Fabbrica del Consorzio è l'Istituzione alla quale spetterà di diritto la cura del fabbricato della Chiesa di San Donnino e San Biagio in Castello , in quanto proprietaria dell'edificio nel quale la Parrocchia di Rubiera era ospitata.

A dimostrazione di quanto sopra esposto trascriviamo una nota posta a lato dello "Stato dimostrante la passività del Consorzio di Rubiera ", steso dal Delegato Nazionale Giovanni Beccaluva il 21 Piovoso anno 7° Repubblicano:

"Il detto Consorzio ha pagato li cinque mesi all'Organista della Parrocchia fino al 1550, alla qual epoca li furono ceduti dalla Comunità di Rubiera li beni detti della Fabbrica, con che il Consorzio medesimo assumesse oltre gli altri oneri quello di pagare il detto Organista, e quello di mantenere le corde, e tutto che occorre poteva per le due campane della Parrocchia suddetta". (AS.MO., Intendenza Generale dei Beni Mercantili e Allodiali ex Ecclesiastici, Serie 64, Crostolo - Stati Attivi e Passivi, F.2526)

COSTITUZIONE DELLA FABBRICA

"1473, Marzo 18, Rubiera.

Essendo che l'egregio dottore d'arte medica maestro Giorgio da Messina, abitante nella terra di Rubiera, già molti giorni orsono morisse ivi e facesse il suo ultimo testamento, rogato da Ser Cesare Martelli, notaio reggiano, nel quale tra le altre cose istituì suo erede universale il monastero dei frati di Sant’Agostino di Modena ed essendo vero che la cura dell'anima dello stesso maestro Giorgio spettasse alla Chiesa di San Donnino di Rubiera, ed essendo anche vero che la quarta parte dei beni di maestro Giorgio, in vigore e per causa della cura della sua anima e dell'estrema unzione impartitagli, spetti di diritto al rettore della predetta chiesa di San Donnino, per questo motivo il reverendo signore Marino Peppi [CASTELLARI Marino de Pupis o de Peppis Rettore 1468-1517] di Castelluccio di Troia di "Puglia", cappellano dell'Illustrissimo signor Duca di Ferrara e rettore della soprascritta chiesa di San Donnino, volendo dichiarare la propria buona fede verso la chiesa di San Donnino e intendendo costituire l'inizio di una fabbrica per la stessa, come aiuto per mantenere la riparazione della quale diede, trasferì e donò alla predetta chiesa di San Donnino ogni e singola porzione a sè toccante nei beni del soprascritto fu maestro Giorgio in vigore e per causa della soprascritta quarta parte dei beni per la costituzione della fabbrica soprascritta, etc.; ciò col patto che egli intende assoggettare ad usufrutto la stessa parte dei soprascritti beni e percepire l'usufrutto e i redditi da essa derivanti fino a che rimanga rettore della stessa chiesa: per quanto poi non sarà più rettore della medesima chiesa, impone a tutti i massari della stessa chiesa che facciano celebrare ogni anno, per sempre, due anniversari, e cioè uno per l'anima sua e dei suoi defunti, l'altro per l'anima del soprascritto maestro Giorgio, per i quali siano tenuti a spendere trenta soldi modenesi dei redditi ed usufrutto della stessa fabbrica.

Fatto nel castello di Rubiera, nella bottega del soprascritto Giacomo "massaro", e dello spettabile uomo Antonio de Superbis podestà di Rubiera etc. ...".

I lavori di ristrutturazione della chiesa di San Donnino procedettero lentamente come già documentato dal SACCANI e furono terminati solo dopo il 1579. La Comunità di Rubiera aveva dato il suo contributo nell'innalzare l'altare ai quattro Evangelisti e quello di Santa Croce. Tutti collaborarono con una tassa generale e la chiesa acquistò in quell'epoca quell'ordine dorico che le visite pastorali citeranno di sovente. La lettera che documenta il tutto è rintracciabile fra le carte della parrocchia di Rubiera che si conservano in Curia. Fu soggetta ad una profonda trasformazione nel 1783 ad opera dell'Arciprete Silvetti (1769-1791) che eliminò sette dei nove altari laterali, trasformando il tutto in cimitero. L'operato del Silvetti fu tale che il Vescovo di Reggio Emilia per questo e per altre buone ragioni si rifiutò di riceverlo nel momento in cui si ritirò a vita privata, e al rifiuto fu unito l'invito di andare oltre Secchia vale a dire verso Modena dove il Silvetti godeva di forte protezioni. Lo Scurani riporta l'episodio e le carte lo confermano.

Nell'informazione del Chierici custodita in Parrocchia si legge:

"Vendette pure l'Arciprete il coro e il pulpito per il prezzo di uno zecchino, che considerato anche solo per altrettanta legna da fuoco superar dovea di più di un doppio un tal valore. Così i candeglieri degli altri altari, e quanto legname e tegole e mattoni costituivano il portico, che fiancheggiava la Chiesa stessa, e tutto ciò per far che? Eccolo in poche parole. Per ridurre a forma di forno una Chiesa che sebben vecchia avea la forma di Chiesa".

Questo è stato scritto nel 1791.

La vecchia chiesa servì da cimitero fino al 1822, poi da fienile fino al 1847. Venne subito dopo trasformata in civile abitazione".

Infatti, allorchè il 16 agosto 1575 Mons. Marchesani, Vescovo di Castello e Visitatore Apostolico si portò a Rubiera, trovò oltre agli altari della Visitazione, Trasfigurazione, S. Caterina, S. Cristoforo, quattro Evangelisti, S. Giovanni, anche un altare della B.V. della Neve e di S. Giulia eretto in luogo di due Chiese soppresse sotto questo titolo: ...quae sunt Ecclesie erectae sub dictis titulis et iam vetustate collapsae... (queste sono Chiese erette sotto i detti titoli e crollate per vecchiaia); siccome quest'altare era cominciato ma non condotto a termine, il Visitatore ne comandò l'esecuzione. Un altro altare di S. Croce, cominciato anch'esso e non terminato, comandò il prelato che si ultimasse, ...ne Ecclesia deformis eius aspectu reddatur...Tutti i documenti finora da noi citati ci attestano che quella Chiesa era entro il Castello di Rubbiera (Castro Hirberie ).

Meno di quattro anni dopo (1579) il sacerdote D. Antonio Achilli visitò Rubiera a nome del Vescovo Manzoli, per vedere se si erano eseguiti gli ordini superiori, e trovò le cose a buon punto. Circa la fabbrica e lo stato della Chiesa ecco le parole della sua relazione: "Del rimanente ch'appartiene alla Chiesa di esser accomodato in terra e in cima, sarà, con l'aiuto di Dio, messo in esecutione forse bene questo anno, per esser così disposto il Sig. Rettore, moltissimi omini e i preti, et havranno il favore del magnifico Podestà". La vecchia Chiesa di S.Donnino e Biagio, o meglio di S.Biagio (come si tentò di farla passare dopo costruita la moderna sotto il titolo di S.Donnino e S.Concordia) era laddove il vecchio campanile resta testimone della vicinanza d'una Chiesa. Era rivolta, come quasi tutte le antiche Chiese, ad oriente col coro e sopra il coro il campanile.

(Abside, semicircolare e decorata con lesene che sorreggono una cornice ad archetti intrecciati, sicuramente medievale e databile per le sue caratteristiche al periodo 1175 e 1200.

Nei primi decenni del XV secolo era stata costruita un alta torre campanaria ancora esistente.[Uno dei pochi esempi di torre eretta direttamente sull'abside].

Il campanile è sormontato da una croce in ferro di semplice fattura di notevole antichità. È stato ripreso il motivo della Croce dei Cavalieri di Malta sviluppandolo sia in altezza che in larghezza alleggerendo il tutto traforandola. È certamente la croce più antica che si trovi in territorio rubierese).

Aveva una sola navata (parallela alla attuale via Emilia (allora via Ducale o Regia) con cinque cappellette da una parte quattro dall'altra. I nove altari minori recavano tutti le immagini dei Titolari dipinte sul muro, ma dato il mutare dl gusto che il tempo porta essendo le figure non più confacenti al senso estetico ben lontano dall’essenzialità del tratto dei pittori primitivi, una Visita Pastorale prossima al 1700 li giudicò antichi (superati) e brutti e consigliò di porre sopra le immagini originali tanti quadri ad olio per la quasi totalità (ne restano due) andati poi dispersi per svariati motivi. Al di fuori, di fianco alla via Emilia, aveva un porticato per tutta la lunghezza del tempio e che serviva da cimitero.

Nel secolo che segue la Chiesa restò nella forma di prima ad eccezione degli altari, alcuni dei quali prendono un altro titolo, come nella visita del 1652, la quale ci ricorda nella Chiesa di Rubiera gli altari di S.Giulia, S. Caterina, Trasfigurazione , S. Giuseppe, B.V. di Loreto, patronato Martelli; SS. Rosario e Benefizio S. Pellegrino; S. Giovanni, patronato della Comuna dei Preti della Cattedrale di Modena; S. Lucia, S. Cristoforo, oltre il Maggiore.

Mentre Mons. SCURANI sul suo manoscritto la raffigura nel seguente modo:

"Fin dal secolo XII la Chiesa dei SS. Donnino e Biagio della fortezza di Rubiera era una delle cappelle dell’antichissima Pieve di S.Faustino, la quale per essere la matrice e la Chiesa principale del luogo era dette semplicemente Plebe Herberia, come trovasi nei più antichi documenti. Esistendo fin dal 1200 il Castello di Rubiera, doveva pure esservi la propria Chiesa… La primitiva chiesa del Castello , dedicata ai SS. Martiri Donnino e Biagio, era sita alquanto più a sera dell’attuale chiesa parrocchiale, sempre però sulla via Emilia. Ne rimangono ancora visibili traccie nell’abside e nella vecchia torre. Era volta da occidente ad oriente, come tutte le antiche chiese, aveva una sola navata in volto e lungo il fianco prospiciente la strada eravi un porticato che copriva il cimitero. Fino dal 1543 (visita Corvini) aveva, oltre il maggiore, dieci altari minori e cioè:

1°- Decollazione di Gio. Battista, al quale era eletto un benefizio, unito di poi alla Communa della Cattedrale di Modena, coll’onere di due Messe settimanali e due Messe cantate;

2° - S. Caterina con benefizio di patronato ducale, coll’onere di due Messe settimanali;

3° - S. Cristoforo con benefizio pure di patronato ducale coll’obbligo di una Messa la settimana, nel 1543 gli onori di due benefizi del Duca di Ferrara erano adempiuti da certo don Battista Ricchetti.

4° - S. Rocco con benefizio di giuspatronato Spinelli e l’obbligo di una Messa quotidiana. Questo benefizio fu in seguito unito al S. Uffizio di Reggio;

5° - S. Pellegrino di giuspatronato dei Boccacci coll’obbligo di 3 Messe ogni settimana;

6° - S. Martino di giuspatronato Martelli con l’onere di una Messa la settimana;

7° - S. Giovanni di patronato Calcagni coll’onere di una Messa settimanale;

8° e 9° - S. Maria, ai quali altari erano eretti altri benefizi;

10° - Altare era della Società della S.Croce.

Nella 2a metà del Sec. XVI questa chiesa fu restaurata ed il Rettore Francesco Ricchetti fece pratiche per vendere una pezza di terra, affinchè col ricavato si potesse ultimare la fabbrica della chiesa. Verso la fine del secolo seguente però essa era in cattivo stato come ne informa una lettera di Carlo Tassoni del 13 luglio 1671 (Arch.Vesc.), per il chè quando sul principio del Sec. XVIII i Padri Minori Conventuali, entrati in Rubiera, ebbero terminata la fabbrica di una nuova chiesa, l’Arciprete ed i Canonici, interposta l’autorità del Duca Rinaldo, se la fecero cedere, costringendo così i frati a far ritorno al loro antico Convento fuori di Rubiera. …trapassata che fu la Collegiata insieme all’Arcipretura nella nuova chiesa, si prosegui ad ufficiare anche la vecchia dai Consorziali, e dagli atti traspare che il doppio titolo della parrocchiale si scomponesse, intitolandosi a S.Donnino la nuova, che sotto i Frati erasi già cominciato a chiamarla di S.Francesco, e a S.Biagio la vecchia chiesa, fino a che sul principio del secolo XIX quest’ultima fu chiusa definitivamente al culto e adibita soltanto ad uso di cimitero. Nel coro di essa fu pure seppellito nel 1822 l’infelice prete Andreoli. Costruito poscia fuori del paese il cimitero comunale, la chiesa vecchia fu convertita ad usi profani e venduta nel 1847 a certo Vannini di Reggio, meno il coro e la torre che rimasero in proprietà della Fabbriceria."

La costruzione odierna contro cui l'abside si addossa altro non è che la navata antica della Chiesa, la cui facciata, decorata con lesene angolari e con le tracce del portale centrale d'accesso, corrisponde al fianco dell'edificio rivolto verso occidente. Non è questa però la navata medioevale della chiesa, come mostra il tipo di muratura impiegato, bensì una sua ristrutturazione posteriore al XVI secolo e testimoniata anche dalla pianta rilevata nel 1663 in occasione della visita pastorale del Vescovo di Reggio G .Mariani. Quale fosse lo stile e la forma di questa Chiesa dai molteplici altari, lo sappiamo dalla visita suscritta. Il cancelliere la dice costruita in ordine antico dorico, soddisfacente più all'esigenze dell'arte che al comodo: perché, essendo le cappelle poco sfondate, gli altari erano troppo in mezzo al popolo senza neppure le predelle o suppedanei.

Abbandonata questa Chiesa dal Parroco e dalla collegiata nel 1722, per andare nella nuova Parrocchiale, la vecchia Chiesa di S. Biagio restò officiata per un secolo dai consorziati, finchè abbandonata anche da questi, fu cimitero fino al 1822 e fu demolita nel 1848 ed il luogo fatto profano. (L'attuale numero civico - Via Emilia Est, 10).

Così annota il Dr. Rodolfo Romoli, a proposito della vecchia chiesa di S.Biagio, sulle "Memorie Storiche della terra e del Castello di Rubiera":

"Fin ai primi del 1800 l'antica Parrocchiale, fatta sussidiaria della nuova, serviva all'ufficiatura del Consorzio dei Preti di Rubiera e ad un tempo alla sepoltura dei cadaveri della Parrocchia, nel quale oggetto la parte sotterranea era convertita in tombe. In quell'epoca fu soppresso il Consorzio e con esso la Chiesa, conservandola solamente per uso di cimitero, mancando la Parrocchia di altro luogo a tale servizio destinato. A tale uso servì fino al 1824 epoca nella quale fu attivato (secondo le disposizioni sanitarie Napoleoniche) il nuovo cimitero fuori le mura di Rubiera. Il demanio, che in quel tempo si era appropriato dell'edificio, lo destinò a magazzino di fieni e legnami. Durante questi usi fu guastato e spogliato di ciò che restava. Gli ornati di gesso, di stucchi e di scagliola che ornavano gli altari furono rotti, rotte le lapidi dei sepolcri e profanati gli stessi. Finchè l'Arciprete Antonio Bassignani (1836-1855) rivendicatone la proprietà alla Fabbriceria (della Chiesa Parrocchiale di Rubiera), nel 1846 fece espurgare le tombe interne alla Chiesa, e trasportati i resti nel nuovo cimitero non pensò, però, di espurgare il Campo Santo esterno, che ora forma il Piazzaletto, che la tradizione voleva quell'area destinata alla tumulazione sia come ossario, sia come cimitero sussidiario. La conferma della tradizione ebbe a verificarsi in circostanza di una escavazione per condurre uno scolo in una pubblica cloaca, durante il quale si rinvennero depositi di ossa e ossa sparse di scheletri umani. Fu fatto credere che il teschio di Don Andreoli fosse raccolto da Don Landini che presiedeva a quell'espurgo. Fece levare le vecchie colonne di marmo e alcuni paliotti di scagliola che fece collocare nella nuova Chiesa Parrocchiale. Fece staccare le lapidi di cui vi era buon numero sui muri della Chiesa che furono ridotte a vili usi senza raccoglierne le iscrizioni, senza carità per i defunti e verso chi le fece porre. Le pietre sepolcrali marmoree e i rispettivi contorni ebbero egual fine: per cui nulla restò ad eccezione di una Madonnella a muro, chiusa in un basso fondo della attuale casa. Gli ultimi Canonici ebbero sepoltura nella Chiesa Parrocchiale, nel presbitero dell’altare Maggiore.

Si ricordano i più vecchi del Paese che quell'area era coperta da un porticato sostenuto da colonne di legno; portico che i nostri nonni videro cadere per vetustà e per difetto di riparazioni. Ora l'area è un piazzaletto circoscritto da paletti di macigno.

Dopo averne espurgate le tombe, con atto notarile rogato il 21 dicembre 1847 da don Domenico Ghiacci, Cancelliere Episcopale, la Fabbriceria della Chiesa Parrocchiale di Rubiera rappresentata dall'Arciprete Bassignani, alienò a Giuseppe Pasini di Reggio Emilia la soppressa chiesa del cimitero vecchio, chiamata in antico San Donnino del Castello, per il prezzo £.1.918,99, subito dopo venne trasformata in civile abitazione".

Poverissima di arredi e di beni immobili era anticamente la Chiesa di Rubiera. Il 26 ottobre 1438 in occasione che Mons. Francesco Fogliani, Canonico di Modena e commissario generale del Vescovo di Reggio, venne a visitare Rubiera, il rettore del tempo don Antonio Savi (1424-1459) presentò un inventario preciso e minuto di tutti i beni della sua Chiesa. I beni mobili erano i seguenti:

 

 

Bona mobilia:

Et primo unum missale novm, incipit Ad te levavi, et finit Amen.

Item unux Calix de argento cun patena de argento ed pede de ramo

et cum armis in pede.

Item una planeta de sericho rubeo fulcita.

Item una alia planeta de serico rubeo et nigro de aurato fulcita.

Item una alia planeta de serico rubeo fulcita.

Item duo candelabra de fero pro altari.

Item unus Antifonarius a die, incipit ad te levavi etc. et finit Spiritus

ubi vult spirat.

Item sex tovalee ab Altari magno et unus paleus ab Altari.

Item tria corporalis cum capsis.

Item unus cusinus ab Altari de veluto rubeo.

Item unus panicellus cum listis azuris pulcer.

Item unus Antifonarius a nocte, incipit Ad te levavi, et finit duo

homines.

Item uno salterium magnum, incipit beatus vir et finit esse non

poterit.

Item unus pistolarius, incipit fratres scientes, et finit Deo gratias.

Item unum missale parvum votivum.

Item una camisa pro cruce.

Item unus amictus de bambace.

Item duo drapeselli pulcerrimi.

Item unus alius cusinus ab Altari.

Item panicelli quator de serico cum listis azuris.

Item unus pnicellus de folixello.

Item una capsa in qua sunt molte reliquie.

Item uno liber a batezando.

Item unus tinatio novus capacitatis trium castelatar.

Item unus caretellas mes. Quinque.

Item una veges nova mes. Octo.

Item tres vegetes sati bone mes. Viginti quator.

Altare di S. Maria

Unus calix de argento cum patena de argento.

Item una tavolea ab altari lazerata.

Beneficio di S. Cristoforo

Unus mesaletus parvus et votivus.

Una chiesa che aveva solo tre pianete rosse, due candelieri di ferro, un solo amitto e tre corporali, non fa troppo onore a quel Rettore che aveva a quanto pare 47 Ducatoni di rendita, somma rilevante per quei tempi. Quanta differenza dai giorni nostri, nei quali anche la più povera delle Chiese è grandemente più ricca di arredi, che non era quella di Rubiera nel secolo XV. E questo torna ad onore del nostro Clero che, generalmente parlando zela ardentemente il decoro della Casa di Dio.

Dopo il secolo XV gli arredi si arricchirono e alcuni capolavori artistici vennero fatti fare e sono tuttora esistenti ad impreziosire la nostra Parrocchiale, ma lascio narrare la loro vicenda da Mons.SACCANI:

CURIOSITÀ ARTISTICHE IN RUBIERA

Se la Chiesa di Rubiera anticamente era povera, non mancò in seguito di far acquisto di arredi preziosi attesa la generosità dei fedeli e la premura dei suoi sacerdoti.

Un Gherardo Cavasacchi nel sec. XVI fece fare in metallo dorato un magnifico ostensorio a forma di torretta per riporvi la Reliquia di S. Cristoforo. Infatti sul piede del Reliquario si legge:

DIVO CRISTOPHORO GERARDUS CAVASACUS CIVIS REGJ VOVIT..

Inferiormente al vaso o cilindro è scolpito lo stemma Cavasacchi cui soprastanno le iniziali G. C. Ora in questo reliquario è riposta la reliquia di S. Donino.

Nel 1517 per cura del Cappellano D. Francesco Cavallerini di Modena, si fece fare dai Rubieresi un braccio di metallo con mano d'argento, e che ha il proprio piedistallo, per riporvi la reliquia dall'altro Santo titolare, S.Biagio. Chi eseguì il magnifico lavoro, a martello, con piedistallo a sbalzo e medaglioncini che hanno delle figure a niello, fu Francesco, fratello di Bartolomeo Spani, alias Clementi.

Sul piedistallo si legge la seguente iscrizione:

DIVI BLASII BRACHIU HOC DONATUM FUIT MDXVII 7 APRILIS D. FRANCISCO CAVALLARINO MUITIN.(a)HERBERIAE CAPELLANO PROCURATE M.(agister) FRANCESCO CLEMENTE F.(ecit)

Sull'orlatura della manica si leggono poi queste parole:

ELEMOSINIS HOMINUS HERBERIE FABRICATUM.

Che infatti quel lavoro fosse fatto coll'elemosine del Comune e dei fedeli, risulta ancora dal documento che pubblichiamo, da noi rinvenuto nell'Archivio Notarile di Reggio (Atti del not. Nicola Trignoli) e diretto al Vescovo di Reggio Ugone Rangone;

"Ale pecorelle fa bisogno havere ricorso dal suo pastore quando manchane de aiuto, il che fa bisogno havere auxilio da v.s. sì come pastore nostro: che per honore nostro del luoco havemo facte fare uno brazo de argento a Laude del glorioso ms. sancto Blasio patrono nostro: quale ne risultato sia la spexa e manifactura da circa ducati dexotto, fabricato da uno aurifice liè de Regio, cosa bella de honore perpetuo: et con gran fatica atrovato pur qualche dinari: pur non è in tuto pagato; ma pergamo v.s. quella voglia esser contenta de concedere la Indulgentia episcopale de li giorni quaranta a tutti quelli che porgerano elemossine ad una processione che avemo ordinato Dominica proxima futura in la quale se habia a portare dicto brazo; facendone processionaliter le solemnitate perché siamo certo che facendo così che resulteremo a qualche utilità di poter pagare tal opera, et cusì pregamo V.S. che questa fiata se digni di cumpiacermi di tal indulgentia si come cossa honesta e laudabile de la cui non aspetiamo se non bona resolutione circa ciò. Circa al benefitio dela Comuna di Modena quale è situato in questa nostra ecclesia: pregomo S.V. li voglia dare qualche xpeditione del che aspetiamo da quella bona resolutione si come il dovere e che V.S. non mancherà del debito. Anchora pregamo V.S che quella si degni di concedere la indulgentia si come è ne li altri loci asai che de mezo giorno sonando la Ave Maria che tuti quelli dirano lave Maria haiano indulgentia: Et per tuti effecti mandiamo a V. R.ma S. Francesco Zachete e Gaspare de La Milana ali quali V.S. gi presterà quella fede che essa faria a Nui proprij di quanto loro xponeranno a V.R.S. a la cui di coninuo si rac et quam dwus augeat et conservat,

Hirberiae die quinto Maji 1517

Servitores

Comune et homines Herberiæ".

Quello stesso anno fu dai Rubieresi procurato un magnifico Ostensorio a torretta per la custodia e per portare in processione il SS. Sacramento, e che ora custodisce un osso di S. Concordia Martire, che dal 1621 è Patrona di Rubiera. Ha il piede sessagonale, lavorato a sbalzo con medaglioncini, il resto a sbalzo pure in fogliami.

Nel fregio che circonda in alto la torretta si leggono questa parole: HOC CRISTI TABERNACOLO ORNATUM EST M.D.XVII 5 IND. D. FRANCESCO CAVALLERINI MUTINA CAPELLANO PROCUR. Inferiormente in altro fregio è scolpito : VIR. BOCa. IO. P.NI CREMON. FAB.CE HER. EXACT. Et GAS. MILANA. FRAN. ZACHE(etti)

Ora il D.Francesco Cavallerino è quello medesimo che procurò a Rubiera il Braccio di S.Biagio; due poi degli oblatori che sono qui notati, cioè Gaspare Milana e Francesco Zacchetti, sono gli stessi che furono dal Comune inviati al Vescovo per aver l'indulgenza per la processione di S.Biagio, quando si trattava di pagare quel reliquario o Braccio, cosa bella et de Honore perpetuo. Siccome il presente tabernacolo o torretta non è inferiore per merito artistico a quello, chè anzi lo supera, non esitiamo ad attribuirne la fabbricazione all'uno dei fratelli Clementi, forse allo stesso Bartolomeo.

Ora queste opere fanno bella mostra di se nella nuova chiesa parrocchiale.

 

CONSORZIO DEI PRETI DI RUBIERA.

La più antica delle Corporazioni Religiose era il Consorzio dei preti di S.Donnino e Biagio, associazione resa necessaria a mantenere in luogo un certo numero di preti bastevole all'ufficiatura ed al decoro della Chiesa nonché ai bisogni della popolazione. Fu il Consorzio il primo promotore ad introdurre S.Concordia e, spontaneamente, ne assunse, di conserva col Comune, le spese di traslazione e di celebrazione della festa. In segno di comproprietà teneva una delle tre chiavi dell'arca. Non è possibile accennare ad un atto di erezione del Consorzio stesso perché, per ragione della poca credibilità e dell'incuria avuta nei secoli passati, manca un tal documento al suo archivio il quale è qui fornito di altri documenti che ne provano l'esistenza antichissima come l'originale approvazione della Costituzione fatta l'anno 1623 sotto il Rettore Don Orazio Sabbatini.

In una visita del 1543 si avverte che a Rubiera si era formata una Congregazione di preti sotto la direzione del Parroco Rettore (Ricchetti Battista di Rubiera 1530-1554) e che convenivano nella Chiesa parrocchiale ciascun giorno festivo per la recita del divino uffizio, ciascun lunedì per recitare il mattutino dei morti, ed il sabato per dire l'uffizio della Madonna.

Il visitatore Mons. Antonio da Imola, Vicario generale del Vescovo, lodò ed approvò la pia istituzione, diede alcune regole e fra le altre comandò l'uso della cotta sulla veste talare nell'ufficiatura.

Nel 1623 il Cardinale Alessandro d'Este Vescovo di Reggio ordinò a questi Sacerdoti, che chiamavansi Consorziali, si compilassero le loro regole, che vennero da lui approvate con decreto del 10 maggio 1623 e stampate a Pesaro nel 1715 (capitula facta et observanda imposterum a sacerdotibus consortialibus ecclesiae parochialis ss. blaxii et donini terrae herberiae).

Così afferma al riguardo sul suo manoscritto Mons. SCURANI:

" Il castello fortificato, la maggior popolazione e la posizione più commoda, conferivano naturalmente più importanza al paese e perciò vediamo dalla visita Cervini del 1543 che fino d’allora erasi costituita in Rubiera una Congregazione di Preti, detta dippoi il Consorzio, sotto la direzione del Rettore locale per la migliore ufficiatura della Chiesa parrocchiale. Questi preti intervenivano al coro nei giorni festivi per la recita del divino ufficio, il Lunedì per la recita dell’ufficio dei Morti, ed il Sabbato per quello della Madonna. Il visitatore lodò la pia pratica e stabilì alcune regole. Il Vescovo Card. Alessandro d’Este poi nel 1623 istituì regolarmente il Consorzio e ne approvò le Costituzioni che furono stampate a Pesaro nel 1715. Generalmente tutti i preti del paese appartenevano al Consorzio, ma sul principio del Sec. XVIII erano ridotti al numero di quattro, i quali rimasero ad ufficiare la vecchia chiesa, allorchè l’Arcipretura coi Canonici passò ad ufficiare la nuova chiesa. Sulla fine però del medesimo secolo, dietro le premure dell’Arciprete Chierici, si unirono ai Canonici e furono travolti nella stessa sorte."

ACCENNI SULL'ORGANIZZAZIONE DEL CONSORZIO STESSO

Il Consorzio è organizzato in modo che ogni sacerdote nativo del paese, esperto nel Gregoriano (Canto Fermo), di esemplari costumi e previa una prova trimestrale, ha diritto di esservi ammesso e così il Parroco pro-tempore. Come pure un Giurisdizionario fornito dei requisiti richiesti, qualora il Consorzio fosse ridotto allo scarso numero di soli due soggetti per difetto di altri oriundi del paese. Il Giurisdizionario, però, deve cedere luogo all'oriundo che sopravvenga.

Tale Consorzio oltre i varii particolari suoi obblighi, per soddisfazione di Pii legati, è tenuto a servire in aiuto del Coro della Colleggiata ogni giorno di festa e così prestarsi anche in altre funzioni in aiuto del celebrante. Ogni consorziale percepisce a fine anno una porzione dell'entrata totale del Consorzio depurata da tutte le spese. La porzione spettante è frutto della sua "ferlinatura" (Giudizio basato sulla quantità e qualità del lavoro svolto) corale e dell'elemosina raccolta sia nelle messe cantate che in quelle private da lui celebrate .

Questa del 1623 si può considerare come la fondazione regolare del Consorzio che quindi in carte posteriori è detto fondata sul principio del secolo XVII. Tutti i preti del paese generalmente appartenevano al Consorzio, ma nel 1704 furono ridotti a 4 soli che restarono ad ufficiare la vecchia Chiesa di S. Biagio fin verso la fine del '700, nel quale dall'Arciprete Chierici furono indotti ad unirsi per l'ufficiatura coi Canonici della Chiesa moderna. Col 1804 cessarono pure i Consorziali i quali fungevano in parrocchia la parte di Cappellani del parroco.

Al riguardo, sulle sue 'Memorie " il Dr Rodolfo Romoli così si pronuncia nel capitolo intitolato " CONSORZIO PRESBITERALE DI S.DONNINO E BIAGIO" riportando anche qualche elemento di patrimonio e contabilità:

"In quale epoca avesse origine il Consorzio dei preti di Rubiera non si conosce essendo stati distrutti gli archivi dai Francesi nel 1800. Nel 1623 se ne riformavano gli statuti che furono poi confermati dal Cardinale D'Este. Statuti che servirono fino alla sua abolizione. La sua organizzazione consisteva nel servire al culto della Chiesa Parrocchiale dividendosi il di più delle entrate in elemosine che si distribuivano a quelli che secondo gli ordini assistevano alla funzioni, avevano sede e ufficiatura nella Chiesa Parrocchiale e ivi pure tenevano le loro riunioni Consorziali. Coll'istituzione della Collegiata che prese posto nella Chiesa stessa, cominciò il suo declino, dovendo, i Consorziali, esercitare una parte secondaria dove per tanto tempo avevano il primo seggio. Quivi funzionarono di conserva con i Canonici fino al 1722, epoca in cui col Capitolo passò la Parrocchiale nella nuova Chiesa dedicata a S.Donnino e S.Concordia. Restò la vecchia Chiesa a disposizione dei Consorziali prendendo il nome di S.Giuseppe, ed essi colle proprie entrate sopperirono decorosamente alle spese di culto e a quelle manutenzioni e miglioramenti che seppe alimentare e suggerire la gara della vecchia istituzione messa a fronte dei privilegi della nuova. Con l'invasione delle armate Francesi (1804) fu soppresso il Consorzio e chiusa la Chiesa che aveva servito per non pochi anni da succursale alla nuova. Restò però di pubblico servizio per le sepolture che la faceva chiamare "Il Cimitero", e i propri bassifondi furono incamerati e venduti per bastare ai bisogni del Governo Civile."

Consorziali del 1722:

1)- Don Franco Ferrari

2)- Don Giacomo Barigazzi

3)- Don Franco Lusvarghi

4)- Don Nicola Gavardi

5)- Don Giulio Sacchetti

6)- Don Giuseppe Ferrari

Beni Di Ragione Del Consorzio Di Rubiera

Un piccolo luogo posto in Fontana

Un prato in Rubiera

Un prato in Gazzata

Altri tre pezzi di prato nei paduli di Rubiera,

D. Cristoforo Barbieri anziano del

Consorzio di Rubiera

Del 1798 fu chiusa la Chiesa del Consorzio. Il Consorzio Presbiteriale di Rubiera fu nuovamente ripristinato dal governo Austriaco nel possesso ed amministrazione tanto dei propri beni tanto quelli della cosiddetta Fabbriceria tuttora invenduti.

Resoconto generale dell'entrata del Consorzio di Rubiera nel 1795.

Affitto di due luoghi di una pezza di terra arborata e vitata £. 1683

Altra pezza di terra vicino a Rubiera ". 210

Del luogo in Fontana ". 390

11 undici pezzi di Prato nei Paduli ". 2158

Due piccole case entro Rubiera ". 145

Frutti di vari censi ". 627.17.7

" 6215.17.7

STATO ATTIVO DEL CONSORZIO PRESBITERIALE DI RUBIERA

esistente nella Chiesa Parrocchiale detta del Cimitero ora sotto il titolo

di S.Giuseppe.

  1. Un podere in villa Fontana con casa di B.che 5 Tav.le 47 Pert, 5 affittato £. 390
  2. Un prato nei Paduli di B.che 4. T. 56. P.9 ". 720
  3. Un prato nei Paduli di B. 3. T. 17. P.4 ". 338
  4. Tre campi nei Paduli di B. 7. T. 65. P.4 ". 120
  5. Un podere con casa in Fontana B. 14. T. 3. P.10
  6. Altro podere in Fontana B. 22 in due campi £. 1950
  7. Un pezzo di Prato nei Paduli B. 3 T.28 P.7
  8. Un altro come sopra
  9. Come sopra
  10. Come sopra
  11. Come sopra Affittati per £. 1715
  12. Un pezzo di prato B.1.50.11 ". 210
  13. Una casette in Rubiera nella contrada dell'Annunziata ". 55
  14. Una casetta nella contrada degli Essicatori in Rubiera ". 90

CAPITALI FRUTTIFERI

  1. Un censo di proprietà del frutto------------------------------------------ £. 14.14.3
  2. Altro censo ------------------------------------------------------------------ ". 37.11.6
  3. Altro censo------------------------------------------------------------------- ". 19.0.0
  4. Altro censo------------------------------------------------------------------- ". 91.16.11
  5. Altro censo------------------------------------------------------------------- ". 20.16.6
  6. Altro censo------------------------------------------------------------------- ". 34.0.0
  7. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 27.6.0
  8. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 33.13.8
  9. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 30.10.0
  10. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 33.14.0
  11. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 48.6.0
  12. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 25.0.0
  13. idem---------------------------------------------------------------------------- ". 20.15.0
  14. idem----------------------------------------------------------------------------- ". 21.4.6
  15. idem----------------------------------------------------------------------------- ". 20.19.7
  16. idem----------------------------------------------------------------------------- ". 26.9.5
  17. idem----------------------------------------------------------------------------- ". 23.1.0
  18. idem------------------------------------------------------------------------------ ". 25.4.11

SOMMA TOTALE DELLO STATO ATTIVO £. 6.156.1.3

 

Detratto lo stato passivo da tale somma restava l'entrata netta per ciascun anno

di £. 3321.2.8

Diviso questo in tre porzioni uguali, essendo tre i sacerdoti componenti il Consorzio, toccava a ciascuno in distribuzione corale.

Il Consorzio possedeva altri beni fruttiferi nel territorio di Rubiera.

 

COLLEGIATA DEI PRETI DI RUBIERA

Nei primi secoli dopo la sua fondazione la Pieve di Rubiera ebbe, come tutte le Pievi, i suoi Canonici, ma questi cessarono allorchè il ricco beneficio fu dato in commenda (Assegnazione temporanea di beneficio vacante).

La Comunità di Rubiera fin dal 1623, fece pratiche presso il Duca per ottenere l'istituzione in Rubiera di una Collegiata da fondarsi coi beni dell'Arcipretura di S. Faustino. L'opposizione degli abitanti di S. Faustino, stornò per allora il pericolo. Ma venuto a morte l'arciprete Zanni nel 1701, dopo lunghe pratiche, si ottenne da Papa Clemente XI una Bolla del 6 giugno 1704 che sopprimeva l'Arcipretura di S Faustino, istituiva in Rubiera nella Chiesa parrocchiale una Collegiata composta di una Dignità e sei Canonici, ed assegnava a questa fondazione la rendita dell'antica pieve, detratti un 150 scudi annui per un Vicario perpetuo da mantenersi dalla Collegiata a S. Faustino.

Il Cardinale Ulisse Giuseppe Gozzadini del titolo di S.Croce in Gerusalemme Legato a latere del sommo pontefice, con Bolla in data di Parma, 24 novembre 1714, concesse all'Arciprete di Rubbiera il diritto di portare la Mozzetta (Mantellina con piccolo cappuccio) nella forma e del colore di quella che portava l'Arciprete di S. Martino in Rio, ed ai Canonici l'Almuzia. (Mantellina bordata di pelliccia)

Questi Canonici spesso coadiuvavano il parroco nel governo delle anime, officiavano fino al 1720 l'antica Chiesa di S. Biagio e dal 1720 al 1804 la moderna di S.Donnino, finchè dopo 100 anni di vita furono dalla Repubblica Italiana, succeduta alla Cispadana ed alla Cisalpina, spogliati e dispersi lasciata loro vita durante una pensione di 10 zecchini. I beni devolsero all'Opera Pia di Modena.

Sull’argomento così rievoca il Cav. Malagola nelle sue "Memorie dell'antica Pieve di SS. Faustino e Giovita":

"Fino dal 1623 la Comunità di Rubiera, per mezzo di certi Montanari e Zannini, perorava presso il Duca di Modena, per ottenere che si istituisse in Rubiera una Collegiata di Canonici sottomettendo alla Chiesa di Rubiera la Pieve di S. Faustino, dalla quale, sin dalla fondazione, quella era dipendente. Ma la pratica, com'era naturale, incontrò molta opposizione da parte degli abitanti di S.Faustino, i quali per allora riuscirono a stornare l'imminente pericolo. Sennonché, passato quasi un secolo, e cambiate di molto le cose, essendo rimasta vacante nel settembre del 1701 l'Arcipretura di S.Faustino per la morte dello Zanni, il Comune di Rubiera colse quell'opportunità per rinnovare le pratiche presso il Duca Rinaldo, al fine di far istituire a Rubiera una Collegiata di Canonici, ed.. acciò l'Arciprete da farsi di S.Faustino (come scriveva al 15 di settembre del 1701 al Duca il Governatore di Rubiera Andrea Donelli) passi con il medesimo titolo e pingui rendite di quella parrocchiale, hora vacante, a questa di Rubiera... E le principali ragioni che si allegavano per ciò erano: che in Rubiera meglio che in S.Faustino si sarebbero potute solennizzare le feste, essendo la Chiesa fornita d'organo, e non potersi comportare che un paese dipendesse da una villa. Sia che queste ragioni, per verità di lieve momento, persuadessero il Duca, sia che presso di lui perorassero la causa dei rubieresi persone, come oggidì si direbbe, influenti, sia che egli nei frequenti suoi passaggi pel paese desiderasse, secondo che accennerebbe una tradizione ancor viva, di esser ossequiati da un Capitolo, è di fatto che molto s'adoprò presso la Corte di Roma per la buona riuscita di questa pratica.

Da principio il Vescovo di Reggio avversò siffatto disegno, e sottopose al Duca un memoriale, mostrandogli il pregiudizio ch'egli ne risentirebbe nel diritto di collazione (diritto di concedere l’investitura ai nuovi arcipreti), se la nuova Collegiata si fosse creata. Ma poi si dovette quietare, se, circa tre mesi dopo, gli mandava per mezzo del Donelli i suoi riflessi sulla divisata unione, e la nota dei sacerdoti che supplicavano di essere nominati canonici, affinchè egli stesso ne facesse la scelta. E questa nota di nuovo spedivasi al Duca dal Governatore con lettera del 6 gennaio 1702, dopo aver levato dai concorrenti il nome del figlio del medesimo Governatore; fatto, che ci può forse dimostrare per qual fine sino allora il Donelli avesse tanto caldeggiato la l'istituzione della Collegiata in Rubiera.

Ma ciò che teneva in grande pensiero il Governatore era il termine, prossimo a scadere, del semestre prefisso per provvedere del suo titolare la Chiesa di S. Faustino, e che spirava agli 8 di marzo del 1702; e dopo averne scritto al Duca il 2 di febbraio, poi il dì dopo al Ministro, avvisandolo...non esservi un'oncia di tempo da perdere,...e supplicandolo a ...darne un reccordo a S.A.S.....ebbe ad arrabattarsi, in altra lunghissima dei 13, per provargli che ...la spesa della Colleggiata non è tanta quanto viene decantata...E quasi ciò ancor non bastasse a tener sulle spine il povero Governatore, che aveva preso tanto a cuore l'istituzione della Colleggiata rubierese, si aggiunse che le persone proposte per Canonici dal Vescovo di Reggio, parevano a lui tali da non essere punto applaudite, e già presentiva che questo dovesse fin dal bel principio guastare ogni cosa. Di più sembra che qualche altro ostacolo si fosse interposto per le pretese circa le prebende dei Canonici. Scrivendo poi di nuovo al Ministro ai 14 di febbraio, dopo aver fatte le lamentanze per la lungaggine con cui Roma trattava questo affare, gli proponeva di sollecitare la proroga pel concorso alla Parrocchia di S.Faustino, che pochi dì dopo veniva poi concessa. Ma non pertanto doveva ancora aver pace il Donelli, che nella lettera stessa ove (ai 18 febbraio) annunziava al Duca la concessione della proroga, gli confidava con rammarico di aver saputo che i Principi Giustiniani di Roma si adoperavano per impedire l'istituzione della Colleggiata in Rubiera, favorendo un canonico Condulmieri di San Martino che cercava di esser preposto alla Pieve di S.Faustino, il concorso della quale, pubblicato poi nel settembre di quell'anno, fu revocato, e di nuovo bandito verso il finire di novembre.

Ma le pratiche, chissà con quanto rammarico del nostro Governatore, durarono ancora lungo tempo, e solo nel 1704, con Bolla dei giugno che trovasi in originale nell'Archivio Parrocchiale di S.Faustino, Papa Clemente XI, istituì formalmente il Capitolo di Rubiera, composto da sette Canonici, compreso il Parroco. Degli 800 scudi, che la Pieve di S.Faustino godeva di rendita annua, solo 150 furono lasciati al nuovo Parroco, che assunse il titolo di Vicario Perpetuo del Capitolo di Rubiera, e dei rimanenti se ne assegnano 80 annui a ciascun Canonico della nuova Colleggiata. Però a S. Faustino si lasciarono tutti gli onori e i privilegi già prima goduti per lo spazio di tanti secoli, e, dopo una vacanza di tre anni, ai 18 agosto del 1704 fu eletto nuovo Vicario Lodovico Bisi.

La collegiata di Rubiera durò un secolo, essendo stata soppressa nel 1804."

Una storia sulla creazione della Collegiata, che tiene più dalla parte dei Rubieresi rispetto a quella del Malagola sopra riportata, si legge nelle "Memorie" del Dr. Rodolfo Romoli nelle quali si riferisce:

"Sulla fine del '600 Rubiera era ancora una semplice parrocchia retta da un Rettore e ufficiata da un Consorzio di Preti associati religiosamente al servizio di Dio e a decoro della Chiesa e del paese di Rubiera. Codesta parrocchia, inferiore di grado e di dignità, dipendeva ancora, come in antico, dalla Arcipretura di San Faustino. Malamente sopportava il paese questa inferiorità e dipendenza da una Chiesa forense; e troviamo memoria fin dal 1623, in cui la Comunità di Rubiera, a mediazione del Montanari e del Panini, perorava presso il Duca per l'unione della Pieve di San Faustino alla Chiesa di Rubiera all'oggetto di formare una Colleggiata di Canonici. Ma l'invocata collegiata non potendo erigersi che sulla soppressione della Pieve di S.Faustino risvegliò molta contrarietà da parte di quei parrocchiani i quali facendo capo al Canonico Condulmieri di S. Martino, trovarono appoggio per stornare il disegno.

Il Condulmieri, colla vista di ottenere la Pieve stessa per se, influente e intrigante si avvalse dei Principi Giustiniani e dei Cardinali Paolucci ed Astelli per attraversare la cosa e vi riuscì, mandando a vuoto le istanze, le preci e la fede del povero Paese ma non la speranza che si riportava a più favorevole occasione. Moriva sul cominciare del '700 Matteo GOVI arciprete di S.Faustino per cui restava vacante la ricca Parrocchia. Colse l'opportunità la Comunità di Rubiera per riprendere le cose e ritentare l'animo del Duca Rinaldo che tanto si mostrava propenso per questa sua popolazione. Il tempo aveva mutato gli uomini e le cose. Sentì il Duca la necessità di sovvenire ai bisogni del povero paese popolandolo e condecorandolo di famiglie abbienti ed onorate, e nel 1701 concede la Collegiata a condizione che i canonici avessero residenza e domicilio stabile, colle le loro famiglie, in Paese in vista di raggiungere lo scopo che si era proposto. Con ciò si riabilitava un paese (troppo insufficientemente disconosciuto) con terra murata, posto sulla via Emilia, sede del governo e capo di tutto il territorio, tenendolo nella cosa della Chiesa suddito a una Parrocchia rurale mentre la Parrocchiale di detto, esposta agli oneri dei passaggi e della ospitalità, malamente poteva soddisfare con quel decoro che si conveniva all'importanza del luogo. Promosse quindi e sollecitò da Roma il beneplacito dell'approvazione della nuova Collegiata e vi assegnò fondi sufficienti a decoroso mantenimento.

Il capitolo fu istituito di sette canonici compreso il Parroco, cui si conferì il grado e la dignità di Arciprete e di superiore dei Canonici. Degli 800 scudi che la Pieve di S.Faustino godeva di rendita, 150 furono lasciati al nuovo Parroco che prese il titolo di Rettore; degli altri se ne assegnarono 80 annui a ciascun Canonico; così che il nuovo Arciprete trovò modo di sopperire ai nuovi impegni della sua dignità. E con tale istituzione, coi comodi e vantaggi procurati colla istituzione della Posta, e coll'Arcipretura, ritornava in qualche lustro questa antica Comunità che tanti servizi aveva procurati a suoi progenitori. Con approvazione del Vescovo di Reggio e per autorità di Roma si erigeva quindi la nuova Collegiata colla rendita della Pieve vacante di S.Faustino: e per lo stesso fu fatta pure la Collazione dei 6 canonici metà sacerdoti e metà chierici, e si conferì al vecchio Rettore la dignità di Arciprete e capo del Capitolo. I canonici indossarono "l'Almuzia"; la "Mantelletta" l'Arciprete. In tale occasione la nobile casa dei Conti Sacrati, sempre benevola a questa terra, donava per l'erezione della Collegiata stessa la somma considerevole di modenesi L. 7280 delle quali troviamo ricordo nella costituzione della Collegiata.

S'installo quindi la nuova Collegiata nella vecchia chiesa in allora Parocchiale, detta la "Consorziale", la quale officiò sempre divisa per tutto e per tutti dai detti Consorziali. I Consorziali che pativano di mal animo l'introduzione del Capitolo nella Chiesa dove essi avevano sempre maggioreggiato e più vi pativano prevedendo di dover tenere un posto inferiore e secondario a quello dei canonici, preferivano cederla ai Canonici stessi, ma il Pontefice non lo permise stante i molti obblighi dei Consorziali particolarmente agli altari del SS.mo Sacramento e del Rosario. Nel 1719 i Canonici acquistavano la Chiesa nuova, che i Minori Conventuali avevano quasi ultimata coll'idea di potervi pure unire il Convento. Passava quindi nel 1722 la Parrocchiale dalla vecchia alla Chiesa nuova che nel popolo prese il nome di "Chiesa dei Canonici" (La nuova Chiesa fu dedicata a S.Biagio, S.Donino e S. Concordia). Ed sì vero che nel 1826 si inaugurava l'ancona dell'altare maggiore ai tre santi protettori, riuniti in un quadro dipinto dal Vincenzi di Modena. L'ancona del quadro dei Santi Protettori fu fatta fare dal CHIERICI,(…che spogliò altro altare per decorare il maggiore; e così furono tolti i gessi e gli stucchi dagli altari per sostituirvi pitture qualunque...) e quivi restò fino alla sua soppressione (della Collegiata) che avvenne nel 1801.

All'atto della loro soppressione, quali ne fossero i beni non conosco, ne so come si provvedesse al soddisfacimento degli oneri ad essi inerenti. Ciò forse potrà rilevarsi dagli atti della soppressione che debbono conservarsi nell'archivio Parrocchiale. E anche la perdita di questa istituzione dobbiamo accagionarla alla Francia, che cogli ordini nuovi venne e soppresse il nostro assetto, senza nulla sostituirvi che potesse compensare quella perdita e farcela dimenticare. I benefici della libertà furono più nominali che effettivi forse perchè difficoltati dai tempi e dalle forze politiche. Ma sta di fatto che dopo 10 anni dalla Restaurazione noi trovammo il paese miserabile e povero di famiglie di qualche distinzione."

Note:

(Le sepolture dei Canonici erano nella Chiesa vecchia nello spazio del coro. Il LEVRINI fu sepolto nella Chiesa nuova in "Corno Evangelii"; dalla parte dell'Epistola fu seppellito il CHIERICI e poi il BASSIGNANI)

(Era nel 1722 Arciprete don Francesco LOMBARDINI - Canonici: don Ludovico BIÀ, don Girolamo BERTOLANI, don Giovanni BAROZZI, don Filippo CASTALDI, don Giacomo FARINI, don Francesco BENEDETTI. All'epoca della soppressione della Collegiata (1801) Arciprete era don SILVETTI - Canonici: don CASOLARI, don LEVRINI, don MAZZANTI, don MAGNANI, don PISTELLI)

Da una nota delle entrate della Collegiata di Rubiera del 1795 risulta:

Affitto di beni --------------------------------------------------- £. 13500

Affitto del piccolo orto attiguo alla Chiesa-----------------£. 2

Canoni di livelli -------------------------------------------------- £. 22

£. 13542.4.4

Giuseppe Mazzanti

 

SANTA MARIA NOVA O NOVELLA

Quantunque portasse il titolo di S.Maria Nova questa è la più antica che si trova nei documenti delle numerose Chiese che nel territorio di Rubiera si trovano.

(Molte Chiese erano dedicate a S.Maria nel rubierese: S.Maria del Castello, S.Maria di Cò di Ponte, Madonna dei Frati, S.Maria del Bosco, S.Maria Nova, S.Maria della Neve).

La troviamo infatti nel 1342 quando il suo rettore paga un censo al Vescovo di Reggio:...item die XV dicti mensis (aprilis) a rectore Sanctae Marie nove de hyrberia pro nostro caritativo subsidio etc...È probabilmente di essa quel Rector S.Marie de Yrberia che dal Vescovo Bartolomeo nel 1357, è invitato a pagare le decime alla S.Sede.

Nel manoscritto di Mons. Prospero Scurani, "Le chiese della Diocesi di Reggio Emilia", vol. IV, (AVRE) si cita una data ancora anteriore a quella riportata in precedenza:

"La chiesa di S.Maria Nuova o Novella è una delle più antiche di Rubiera e se ne ha notizia fin dal 1318, insieme al suo Rettore D. Goberto nel rotolo delle decime di quell'anno, anzi vi si fa cenno di un ospedale che vi era annesso.... Dop. Gobertus Rector Hospitalis S. Maria Novella de Hirberia .... (carta dell'Archivio Vescovile in Archivio di Stato in Reggio).

Nel 1333 troviamo nominato un Uberto Rettore della Chiesa di S. Maria Novella.. de castro hirberie… e così pure nel 1342 il Rettore di questa Chiesa paga il censo al Vescovo di Reggio. Anche nel 1459 troviamo un D. Johannes de Braciolis rector beneficii S.e Mariæ Novellæ in burgo de sero terræ hiriberæ Reg. divæ"

Alla fine del secolo seguente conosciamo due belle collazioni l'una del 28 giugno 1491: era vacante il benefizio di S.Maria Novella nei suburbi di Rubiera, per rinuncia di Antonio Brazioli, quando dal Vescovo Arlotti fu conferito a Francesco dè Brugni di Borzano, rettore della Chiesa parrocchiale dei SS. Senesio e Teopompo della Diocesi di Nonantola. Addì poi 11 marzo 1496 questo Francesco dè Bruni o Brugnini permutò la Chiesa di Santa Maria Novella coll'altra parrocchiale di S.Biagio fuori Reggio; rettore di quest'ultima passava a reggere la nostra di Rubiera.

Nel secolo XVI la Chiesa di S.Maria Nuova è governata dall'anno 1543 da Giovanni Trombello di Modena.

Anche Mons. Scurani riporta:

"Il Benefizio sotto questo titolo, del quale nel 1543 era Rettore D. Giovanni Trombelli di Modena fu poscia trasportato nella Chiesa Parrocchiale, come pure vi fu trasportato l’altro, sotto il titolo di S.Maria di Cò Di Ponte, che un Antonio Muzzoni, alias Rossini, aveva fondato fino dal 1526 nella chiesa dell’Ospedale"

Dopo di quest'epoca tu non trovi più nominata la Chiesa di S.Maria Nova, bensì il benefizio di questo titolo, che unita all'altro di S.Giulia dicesi in tutte le carte posteriori fino a noi eretto nella parrocchiale di S.Donnino. che ne fu adunque della Chiesa di S.Maria Nuova o Novella dei suburbi di Rubiera?

Appena nei documenti si smarrisce la traccia di una Chiesa di S. Maria Nuova, si fa incontro il Convento dei frati Conventuali della Madonna fuori Rubiera.

In merito alla suddetta Chiesa così si esprime il Romoli nelle sue "Memorie ":

"Poco al disotto di Rubiera sulla via che conduce a S.Faustino, ove ora trovasi il Palazzo dei Conti Greppi, ivi esisteva il convento dei Frati Minori Conventuali. Anzi il Palazzo stesso non è che la riduzione del convento a più comoda abitazione civile, conservando negli interni scompartimenti molte tracce degli usi cui erano destinate le principali parti o locali del convento medesimo - cioè il chiostro e cortile, la Chiesa e refettorio, e i comodi e le celle dei frati stessi. Per quanto ce ne ricorda la storia era antico almeno di tre secoli, essendo stato eretto nel 1496 col consenso di Monsignor Bonfrancesco Arlotti Vescovo di Reggio come appare da memorie spettanti all'ordine dei Conventuali che si conservano in Roma. (Da uno squarzetto di spese dell'anno 1523 all'anno 1525 ritrassi tale cognizione. Filza nº 235)

A tale convento andava pure unita una Chiesa dedicata alla B.M. Vergine Immacolata che, ricorda la tradizione doveva essere più antica del convento stesso, la quale si mostrò in tanta riconoscenza di devozione da invitarvi i fedeli a fondarvi un convento per maggior culto e devozione della B.V. stessa. Come origine pè il culto di tale beata immagine ci viene raccontato da un certo frate Gio. Battista del Borgo il quale nel 1537 raccoglieva da M. Matteo Maria Amoldoni uomo dei più vecchi di Rubiera e da altri ancora di detta terra, e confidava ad una memoria che si conservava nella tradizione sulla fondazione di quella Chiesetta. Sulle fosse di Rubiera, dalla parte che prospettava l'Ospedale di S.Maria di Cò del Ponte, era stata posta dalla moglie di un fattore dello stesso l'immagine di una di una Beata Vergine in rendimento di grazia dall'essere preservati i Borghi dalla peste che infierì dentro il castello nel 1450. (Vedi il frammento di rogito del Consiglio Comunale ivi tenuto)

Quando furono ruinati i Borghi Padre Francesco da Correggio portò quell'immagine ove poi esistè il convento, e con l'aiuto della Magnifica Comunità di Rubiera il buon frate fabricò colle pietre della primissima celletta una modesta Chiesuola su di un pezzetto di terra di due biolche che furono a tale oggetto comprate dal frate stesso che con certo Balduini Donino da Rubiera si aveva a rogito di M. Bartolomeo Martelli che era in quel tempo il più vecchio notaio di Rubiera.

Fondata per tal modo l'umile Cappelletta all'immagine Santissima montò ben presto in tanto onore di grazia e di miracoli da stimargli il culto e la devozione dei fedeli, così che le oblazioni, e le offerte e le elemosine che il concorso dei devoti tributavano a larga mano al novello santuario offrirono mezzi di allargare la Chiesa a maggior decoro e amore della miracolosa immagine, e ne furono fondatori M. Lorenzo, Gio. Guglielmo e M. Lodovico Fedrazoni tutti da Campogajano, e ciò fu al tempo del Provincialato del M.to Rev. Padre M.Vicario Alberigi da Brisighella - Che fu appunto nel 1496 - Fin dalla prima fondazione del convento stesso, la famiglia dei minori Conventuali dell'ordine di S.Francesco fu di sei, cinque sacerdoti ed un laico".

 

I MINORI CONVENTUALI

Non si conosce l'origine di questo convento ma essa non deve essere anteriore al secolo XVI; la prima memoria che negli archivi abbiamo trovato di esso è del 1579.

Quanto sopra dichiara Mons. Saccani, mentre dalla "Relazione sulla storia e lo stile architettonico del Palazzo Rainusso" di Anonimo si legge:

"Le notizie più antiche che si possono rintracciare, risalgono alla fine del 1400, quando questo edificio comincia ad assumere la fisionomia e la denominazione di Monastero dei Minori Conventuali di S. Francesco.

Di tale ordine si ritrovano le filze nell'Archivio di Stato di Modena alla denominazione: Minori Conventuali di Rubiera.

Nella filza 235 troviamo un documento, a fronte di un libretto di nota delle spese del Convento, che dice qualcosa circa l'origine dell'edificio:

SQUARZETO DI SPESA DELL'ANNO 1523 al 25 Gennaio

"Ad altro non serve che a provare l'Antichità di questo Convento, che sin d'allora susisteva; non essendosi potuto rinvenire miglior documento che giustifichi l'epoca della Fondazione di esso Monastero, che cagionevolmente credesi eretto l'anno 1496 = col consenso di Monsignor Bonfranceso Arlotti Vescovo di Reggio, come appare dalle memorie spettanti all'ordine de M.C. che si conservano in Roma."(ECA 235, ASMO)".

Dal manoscritto di Mons. Scurani vedo confermata questa data, che pare divenire così notizia certa e non più supposta:

"Nel 1496, sotto il Vescovo Bonfrancesco Arlotti poi furono introdotti nella terra di Rubiera i Padri Minori Conventuali, come lo attestano alcune carte dell'Archivio Vescovile e come viene anche confermato dal Fontanesi nella sua Raccolta di iscrizioni lapidarie, il quale cita alcune memorie del Padre Franchini Giovanni che aveva veduto i registri di quel Convento, e pare anche che essi prendessero stanza presso la Chiesa di Santa Maria Nuova".

Ora il 1496 risulta essere una data emblematica, poiché la storia del Monastero appare essere strettamente legata, come si suppone alla fine del capitolo precedente, alla storia di una Chiesa, S.Maria Novella, la quale sarebbe stata l'elemento propulsore per l'erezione del Monastero.

"Ma la Chiesa del Monastero non è la vecchia Chiesa di S.Maria Nova, infatti, come appare su base di testimonianza documentaria, rinvenuta presso l'Archivio privato Canovi e dal Canovi stesso utilizzate per uno studio preparatorio sulla Confraternita della Santissima Annunziata di Rubiera, in data 1496 tale documento riferisce che la Confraternita stessa consegna e dona a Padre Giovenale, Sacro teologo dottore dell'ordine dei frati Minori Conventuali di S.Francesco, la Chiesa di S.Maria, di cui era proprietaria, per costruire un Monastero del detto Ordine ed abitarlo.

Tale Chiesa di S.Maria Nova trovasi al disotto delle fosse del Castello di Rubiera ai confini:

- di sopra (sud) la strada Regale (via Emilia e attuale via Matteotti).

- a sera (ovest) la via Comune.

- a mattino (est) Matteo Gazzata.

- di sotto (nord) per parte detto Matteo, per parte i diritti della detta Confraternita.

In data 1499 la Chiesa porta ancora il nome di S.Maria Nova.

In data 1505 troviamo invece dei lasciti in denaro a favore della Chiesa di S.Francesco situata vicino alle fosse del Castello di Rubiera. Nel 1505 ha già cambiato titolo e si chiama di S.Francesco, come ovvio, dato l'ordine di Frati che vi si instaura; è vero anche che i confini suscritti non sono affatto quelli dell'attuale Palazzo Rainusso (ex Monastero de F.M.) il quale dista mezzo miglio da Rubiera e non tocca affatto via Matteotti (ex via Emilia).

Possiamo anche ammettere che i Francescani avessero già iniziato la costruzione del convento accanto alla Chiesa di S.Maria Nova, ma dobbiamo fare i conti con l'anno 1523, quando il Duca Alfonso I d'Este (detto Duca Terremoto), recuperata Rubiera dalle armi di papa Giulio II, allo scopo di fortificare la piazzaforte e non lasciare ai nemici alcuna possibilità di annidarsi nei fabbricati limitrofi, fa tabula rasa di tutti gli edifici circostanti nella distanza di mezzo miglio tutto intorno al Castello, fatto salvo il solo mulino. Dunque se qualcosa c'era di questo convento e della detta Chiesa di S.Maria Nova, di certo nessuna traccia rimane.

Alla tal data, quindi, i frati si ritrovano senza Casa né Chiesa, pertanto devono cercare un luogo nuovo in cui costruire la loro dimora e da ora in poi essi faranno riferimento al sito in cui ora sorge il Palazzo Rainusso.

Al 1531 il convento non è terminato e i frati ancora non vi abitano, dato che da un documento scritto in tal data leggiamo che il Padre Guardiano, Fra Tommaso Fattori di Correggio, dimora all'interno del Borgo murato di Rubiera. Dalla filza 237 dei Minori Conventuali di Rubiera (ASMO) si rinviene un documento che ricorda le vicende che portarono alla costruzione della Chiesa della Madonna fuori di Rubiera annessa al Convento, Chiesa che sino ad ora era stata citata come quella di S.Maria Nova.

N° VI CAMPIONE DI DIVERSE LOCAZIONI E INVESTITURE DI LIVELLI ALL'ANNO 1586

Lettera addì 20 maggio 1587

Nota che questo luogo della Beata Ver. di Rub.ª posseduto da noi frati di San Francesco conventuali ha questa Chiesa con due biolche di terra arativa, quale furono comperate da padre frà S.Tommaso da Correggio con un poco di casetta che gl'era al'hora, et comperò dette terre da Donino Balduino da Rub.ª et si crede ne fussi rogato messere Bart.° Martelli quale al'hora era el più vecchio notaro che fussi in Rub.ª , et sappi ancora che questa immagine santissima che Hora et altre volte ha fatto grazie, si ritrovava già in una celletta sule fosse di Rub.ª at quando fu rovinato è Borghi fu levata detta immagine dal detto padre frà Thomaso et portata qui dove si ritrova hora, et da lui et dalla Magnifica Comunità con le pietre di quella celletta o chiesuola, fu fatto fare un poco di chiesa, et poi come vedi el concorso de populi che hanno offerto elemosine, fu fatto questa chiesa nel provincialato del molto Reverendo Padre Hier.º Alberighi da Bresighella, et ne fu fondatore, un mro Lorenzo, M.º Gio. Guglielmo et M.º Lod.º Fedrellani tutti da Campo Gaiano, con consenso de frati che in quel tempo stavano in questo luogo, et io frà Gio. Batta del Borgo di San Lorenzo di Toscano ho fatto questa memoria perché così ne sono stato informato da Messere Matt.º Amoldoni homo de più vecchi di Rubiera, et d'altri ancora di detta terra; et per quanto mi hanno ancora referto questa immagine Santissima fu posta in quella celletta che era in su le fosse, da una fattora che al'hora stava all'Hospitale.

Quindi è certo che la Chiesa della Madonna fuori di Rubiera nasce dopo il 1523, cioè dopo l'abbattimento dei Borghi, e così viene chiamata per quell'immagine della Beata Vergine che ne ha costituito il primordiale nucleo di vita e ne ha dato ragione d'esistenza.

Questa Chiesa era molto piccola, non proprio una Chiesa sembrava, quanto un Oratorio.

Ciò non impedì comunque un costante afflusso di visitatori richiamati in tal luogo per la fama che aveva acquisito quella immagine della Beata Vergine, la quale sembrava elargisse miracoli e grazie.

Grande importanza assunse questa piccola Chiesa, tanto che il Dott. Romoli riporta, nel suo manoscritto, notizie da una lettera in data 1595, del Podestà di Rubiera, Costanzo Lanzani (o Zenzani, come detto in Rettori dello Stato Rubiera, b.4), in cui questi rende noto che oltre 4500 persone convenivano in giorno festivo a visitare la Madonna di Rubiera.

Dott. Rodolfo Romoli "Memorie " (1881-1882):

"Contribuì moltissimo il nuovo convento a migliorare il culto e dilatare la venerazione della B.M.V. e tanto ne fu il concorso che vi si contavano perfino in certe giornate 4000 persone. Troviamo di fatto che nel 1695 il Podestà Lanzani, a istanza del Padre Guardiano, fu costretto a pubblicare una grida per allontanare dalla Chiesa i rumori e il mercato delle candele votive ed altri oggetti affinchè non fossero turbati i divini uffici. Ma purtroppo come di tutte le situazioni la troppa floridezza, favore e fortuna porta il rilassamento nella disciplina e qualche scandalosa tresca (1614 libello contro il Priore del Convento. Pag.na 44. A qual punto salisse il discredito sulla condotta dè facili costumi, si rileva dal libello contro il Padre Guardiano, che faceva pure anco opera di maestro di scuola) per cui il Podestà Giardini fu costretto (1614) a provvedervi cacciando a norma degli statuti certa Cesira Amoldoni come donna di cattiva vita."

Dalla filza N° 236.

("......1595.Fas.lo I° Pag.na 5. Atteso il gran concorso a visitare la Chiesa della Madonna fuori di Rubiera, il Podestà Lanzani ad istanza del Padre Guardiano di essa fu costretto pubblicare una grida per allontanare dalla Chiesa i rumori ed il mercato di candele votive ed altri oggetti affinchè non fossero turbati i divini uffici. Si legge in tal lettera" vi si sono ritrovati alle volte più di 4600 persone"

1614. 10 Ottobre . Il Podestà Giardini fa cacciare a norma degli statuti certa donna Amoldoni di cattiva fama che teneva tresche scandalose coi frati del convento, dal quale non era divisa che dalla via.

Si trattava quindi di una meta per pellegrini che qui venivano nella speranza di ricevere una grazia da questa gloriosa e venerabile immagine.

Il convento dei Minori Conventuali non era nato assolutamente come ente assistenziale, comunque, dato l'afflusso di persone in tal luogo, dovette cercare in vario modo di dar anch'esso ospitalità e assistenza alla massa dei credenti che si riversava continuamente a praticare il culto della Beata Vergine.

Inoltre nella filza Nº 237, si rileva che il giorno 2 novembre, festa dei morti, in concomitanza con l'annuale elemosina straordinaria dell'Ospedale a favore dei poveri del paese: "si deve titolo caritatis in tal giorno cuocere uno staro (circa mezzo quintale) di fave e dispensarsi ai poveri".

Ogni anno poi, il convento doveva fare l'elemosina di 3 scudi di pane il giorno 15 gennaio, come da testamento del sig. Ippolito Tedeschi, del 13 luglio 1614.

Egli aveva lasciato al Convento un podere di 36 biolche ed in cambio di ciò i conventuali avevano l'onere di 3 scudi da distribuirsi "...alli poverelli che si fossero trovati ad assistere all'ufficio funebre..." celebrato in sua memoria (filza 237). La fama di questa Chiesa non dovette durare a lungo, come succede sovente in tali casi di episodi miracolosi. Il dott. Romoli, infatti, narra che nel 1618, "...per dichiarazione del Manzuolo (Camillo Manzoli, governatore di Rubiera dal 1604 al 1620, Rettori dello Stato Rubiera, bb. 16-17) comincia a diminuire la devozione e la venerazione per la Madonna fuori di Rubiera e ciò anche per la mancanza di confessori nei frati che vi abitavano...""

Filza 236 - (1618.... per dichiarazione del Manzuolo cominciava a diminuire la devozione e la venerazione per la Madonna fuori di Rubiera, e ciò anche per mancanza di confessori nei frati che vi abitavano...)

Da questo momento in poi la Chiesetta della Madonna fuori di Rubiera conosce un rapido e continuo decadimento, deducibile anche dai continui richiami all'ordine e alla pulizia dettati dai Padri Superiori della provincia di Bologna nei libri delle visite, rinvenuti sempre all'interno delle filze dei conventuali. (nº 237)"

A tal proposito così scrive il Romoli sulle sue "Memorie":

"Tali cose cominciavano ad influire anche sulla devozione e venerazione per la Madonna; così che cominciò a diminuire il concorso dei fedeli e dei devoti stessi di modo che, verso il 1620, s'ebbe a lamentare che la Chiesa e il convento vennero a darsi alla vita ordinaria e comune."

Continua invece "l’Anonimo":

"Una lettera del Card. Alessandrino al Vescovo di Reggio in data 26 giugno 1584 ci da al proposito qualche lume. I frati erano in numero di pochi, la casa aveva ancora il nome di convento quando alcune donne erano entrate negli anni antecedenti nel cortile della casa per trattare coi religiosi. Venuto loro lo scrupolo di aver così violata la clausura, ne fanno scrivere alla S. Congregazione, la quale per mezzo del Cardinale risponde non esser certo l'esser cadute in quella pena e che a tutti i modi con leggere penitenza dovevano essere assolte.

Rintracciato tale documento in Archivio Vescovile di Reggio Emilia, riportiamo qui il testo originale, in quanto può dare qualche spunto sulla costruzione morfologica e strutturale del Convento a quell'epoca."

"Se è vero che il primo cortile del convento o casa dei frati di S.Francesco di Rubiera di codesta diocesi sia circondato con una siepe sola, et che perl'adietro sia star aperto così per li donni comi per gli uomini, sentono questi miei ss.mi che non sia propriamente clausura et che quel luoco non si possi dire claustro, piupritto una casa, ove stanno tre o quattro frati, et però non occorre a fare scrupolo di peccato alle donne che vi sono entrate per l'adietro senza mal fine o, che vi andaranno da qui avanti, pur si alcuni avissi scrupolo, in virtù di questa dia ordine alli medesimi frati et ad altri che le parirà che l'assolvimo tutte con una leggiera penitenza salutari.

Et con questo mi raccomando a Vs buon' cuore.

Di Roma li 26 di giugno 1534.

Mons. Vescovo di Reggio"

Nel 1603 quei PP. Ottennero nella persona del loro Guardiano la facoltà dal vescovo di Reggio di andare alla questua per la Diocesi.

Nel 1611 troviamo ricordato una controversia che non era cessata ancora nel 1620, fra i frati Conventuali di S. Francesco della Madonna e i preti dell'Ospedale (S.Maria Co' di Ponte ) per la precedenza nelle processioni. Pare che questi ultimi riportassero vittoria.

Nell'anno 1623 il P. Guardiano consente che nella Chiesa di S.Maria o Madonna di Rubiera si eriga una Compagnia della Concezione.

(Del 1622 a 18 aprile si fondava in detta Chiesa la Confraternita dell'Immacolata Concezione. Alla quale per Bolla Pontificia si partecipavano tutte le indulgenze proprie della costituzione esistente in Roma - Venne aggregata come figliale all'Arciconfraternita di Roma).

Al principio del '700 domandano ed ottengono i Conventuali di venire a stabilirsi entro il Castello. Tutte queste notizie ci persuadono che i Conventuali non vennero a Rubiera che dopo la metà del '500, che si stabilirono presso la Chiesa di Santa Maria Nuova nei sobborghi del castello. (questo è quanto ha dedotto Mons. Saccani in contrasto con quanto risulta dalla filza 235 (ASMO) riportata in precedenza)

E che la Chiesa o Madonna del Convento è la stessa Chiesa di S.Maria Nuova, quantunque il titolo canonico ne fosse col beneficio trasportato ed eretto di nuovo nella Parrocchiale.

Ottenendo come abbiamo superiormente osservato, i Conventuali di entrare i Rubiera con l'obbligo di costruirsi una Chiesa ed un Convento, i Confratelli della SS. Annunziata concessero a tal fine con atta del 14 aprile 1701 la loro Chiesa con dote di una possessione che misurava 77 tornature, aveva il valore di 3000 scudi romani e dava rendita di un 120 scudi, purchè accettassero gli oneri.

Entrarono infatti i Religiosi nel 1709 e cominciarono intanto a fabbricarsi una Chiesa conveniente coll'atterrare quella loro ceduta della SS. Annunciata.

Terminato quel tempio circa del 1718, il Duca Rinaldo d'Este espresse ai Religiosi il suo desiderio che venisse ceduto all'Arciprete ed alla Collegiata che sotto i suoi auspici erasi da poco fondata in Rubiera. Corsero delle trattative fra i padri ed i Canonici e finalmente addi 6 ottobre 1722 con atto solennissimo la novella Chiesa sotto il titolo di S.Donnino fu ceduta alla Collegiata, ed i Padri ritornarono, a quanto pare, nell'antica residenza presso la Chiesa della Madonna nei sobborghi, in cui ricostruirono Chiesa e Convento.

Nelle sua "Memorie" il Romoli così argomenta a tal proposito:

"...Col diminuire il culto che vi fruttava larghe elemosine, offerte e donazioni vollero (i frati) rifarsi coll'anelare ad eredità e lasciti pii, così che avevano determinato certo Marcello Spinelli a voler lasciare al convento stesso; ma quale ne fosse la ragione (che non si conosce) il fatto è che istituì erede la Confraternita della SS. Annunziata: dopo un tal colpo nacque una gelosia, una ostilità fra i Frati e i Confratelli; così che quelli non cessavano mai di osteggiare la Confraternita e segretamente sfruttavano tutte le opportunità per riaversi della sconfitta ricevuta.

Del 1700 coll'erezione delle nuova collegiata fu argomento ed occasione a rivendicare, offrendosi di portare il convento e la chiesa dentro di Rubiera purchè fossero usati (?) i beni della Confraternita.

Il Duca assentì e per quante pratiche facesse per indurre (?) la Confraternita ad accedere spontaneamente a tal cessione, non potè mai riuscirvi ne vi sarebbe riuscito, se colla violenza non avesse posto termine alla cosa costringendo la Confraternita a cedervi i beni.

Per tal modo rimpinguarono il loro capitale coi beni della Confraternita obbligandosi però ad erigere una nuova Chiesa e convento.

Fabricarono di fatto la Chiesa nuova, ma visto che malamente sarebbero riusciti ad erigere il convento come si erano obbligati senza compromettere non solo i beni carpiti alla Confraternita, ma ben anche quelli propri del convento, fecero pratiche per cedere la Chiesa stessa al Capitolo e Collegiata dei Canonici restituendo piccola somma alla Confraternita per essere esonerati dall'obbligo di costruire un Oratorio per uso e servizio della Confraternita stessa.

Per tal nuova convenzione nulla fu rimesso dal convento stesso, che solo vi guadagnavano una possessione detta di Casale.

Con decreto del 21 luglio 1768 fu finalmente soppresso da Francesco III e ne furono aggregati i beni all'Opera Pia generale di Modena.

Ciò che restò di quel convento fu venduto ad eccezione dei quadri in tela carta e gesso che in grosso numero furono mandati all'Opera Pia stessa (di Modena) dei quali non si conosce ne il merito, ne qual fine facessero.

Tali furono gli inizi le vicende e la fine di quel convento che elevò per quattro secoli a decoro, lustro e benefizio di questo Paese.

Fatta avean quivi una Chiesetta nuova certi frati di quei dal piè di legno.

-Tassoni "Secchia Rapita" Canto IV Ottava 48-

Era anche in Rubiera un convento con una Chiesa col titolo di S.Maria dè Minori Conventuali di cui è incerta l'origine, e che fu poi soppressa nel 1768.

-Tiraboschi "Dizionario" Fasc. T-Z pag. 372/73-"

Soppressi i Conventuali nel 1768, i beni con quelli del vicino Ospedale passarono all'Opera Pia di Modena ed al Conte Greppi di Milano. Ora il Palazzo già convento è di proprietà Rannuzzo (opera Pia Rainusso).

N.d.T.-(Attualmente 1999 è di proprietà del Comune di Rubiera.)

Allora i conventuali tornarono alla loro antica sede fuori di Rubiera.

Il loro Convento era assai piccolo e nel 1768, allorchè fu soppresso non contava che 5 religiosi con una rendita di modenesi L.7219, che venne applicata all'Opera Pia, e poi all'Albergo dei Poveri di Modena.

Il 22 luglio 1768 si diede principio all'inventario a rogito di Tommaso Ferrari, per ordine trasmesso all'Abate Antonio Felici Bianchi. In tale occasione la chiesa restò chiusa, i locali ed i beni furono poi venduti e acquistati dal Conte Antonio Greppi di Milano, ed ora sono di proprietà della casa Rainuzzo di Genova. Questo Convento possedeva una possessione in Villa Casale, 3 poderi a S.Faustino ed un’altro a Fontana, due prati nei Borghi di Rubiera e diversi livelli e censi. All'epoca della soppressione era guardiano Padre Giovanni Ferraresi fra le carte di questo Convento esistenti nell’Archivio Vescovile trovasi il "Libro grande degli Istromenti per la Madonna di Rubiera" cominciato il 23 Maggio 1586 sotto il regime del Guardiano P. Giovanni Battista da Borgo S.Lorenzo.".

Nell'Archivio di Stato di Modena si ritrovano gli atti di soppressione del Convento (ECA 1193) iniziati sì nel 1768, terminati però con atto definitivo del 26 giugno 1783.

Come si rileva dalle "Memorie" del Romoli lo stato dei beni del Convento nell'anno 1718 è il seguente:

STATO DEI BENI DEL CONVENTO DEI RR. PP. MINORI CONVENTUALI DI S.FRANCESCO PRESSO RUBIERA

1)- Un luogo detto il Serraglio contiguo al Convento di B.che 16

2)- Altro detto il Cannaro nè Borghi di B.che 6

3)- Altro in S.Donnino di Liguria di B.che 7

4)- Altro in S.Faustino detto La Colombarola di B.che 18

5)- Altro detto dè Martelli in detto luogo di B.che 30

6)- Altro in S.Faustino detto il Carobio di B.che 36

B.che113

Le quali Biolche in ragione di L. 350 la Biolca sono di valore £.38550

Che in ragione del cinque percento danno di rendita £.1947,10

Possiede una parte di casa in Modena assegnatali nel Campo

Casanovi per £. 1056

detta casa di presente da affitto £. 80

Possiede pure varii censi cioè con l'

1)- Comunità di Modena una proprietà fruttifera di £ 7735 £.463,10

2)- Altra col Capitano Manzotti di " 2266 ".165,19

3)- Altra col Sig. Giacomo Castri di ".1545 ".123,12

4)- Altra con Cristoforo Ruggeri di ".1030 ". 72,02

5)- Altra col Sig. Dallo (?) Besini di ".1030 ". 72,02

6)- Altra col M.o Cesare Franzoni di ". 588 ". 42.02

7)- Altra col medesimo di ". 515 ". 36,1

8)- Altra con Pietra Zanasi di ". 515 ". 41,4

9)- Altra colli eredi Salami di ". 257,10 ". 20,12

10)- Altra col Canonico Bertolani ". 257,10 ". 20,12

11)- Altra con Torresani ". 206 ". 12

12)- Altra con Franco Fuglia (?) ". 128,15 ". 10,6

Somma £.55680:3 £.3109:12

Delle quali rendite di £. 3109:12 si devono levare per gli annui aggravi infraseriti, cioè

1)- Da quella somma alla Com.tà di Rubiera staia n. 14.7.10 a £.6 la staia £. 58

2)- Per il legato del Gen. Sig. Ippolito Federici per elemosine ". 15,9

3)- Per il medesimo S. Messe N.130 ". 264,6,8

4)- Per altre Messe N. 38 di altri benefattori ". 77,5,4

5)- Per livello alla Chiesa di Rubiera ". 8,8.8

£. 445,9,8

Restano il valore come sopra e la rendita libera cioè L. 55680:3

- Rendita netta £.2664:2:4

Seguono li beni cedutili dalla Congregazione della SS. Annunziata cioè:

1)- Una possessione in Casale di Rubiera di B.che 90 e T.le 96

estimate coma da relazione de Periti £.30900 £. 1545

2)- una casetta e Faggia in Rubiera ". 300 ". 15

3)- Un annuo livello contro il Benefizio di S.Bartolomeo

di Ligonchio ". ------ ". 6

Sommano le proprietà e le rendite £. 31200 ". 1566

1)- Si devono levare per una messa quotidiana all'alba

accordata in L. 1:2 £. 375.12

2)- Per la festa di S.Marcello ". 100.00

3)- Per spettanza alla Comunità di Rubiera ". 7.10

£. 483:2:0

Restano le proprietà e rendite libere £.31200 ".1062.18

Proprietà e rendita del Convento ".55680 ".2664:2:

In Totale £.86880 £.3747:04

Ha pure ceduto la detta Congregazione al detto Convento un credito di L.3000 di Modena, le quali furono retrodate alla medesima per la Fabrica del suo Oratorio.

Cedè pure:

1)- Un credito con Antonio Montanari 257.10

2)- Altro col Sig. Andrea Martelli ". 515

3)- Altro col Sig. Bernardo Gallinari di ". 380

4)- Altro col Sig. Capitano Cortesi di ". 104

5)- Altro con Antonio Gambarelli ". 72

Le quali entrate in tutto di £. 1328:10 sono tutti esatti dal convento e spesi nelle ricorrenze.

Si aggiunge che il detto Convento mantiene cinque religiosi annualmente senza il continuo passaggio.

Dal Convento di Rubiera a 22 ottobre 1718

Sottoscritti Fra Bonaventura Capezzi

Fra Valerio Conti

Fra Leonardo Antonio Marsigli

Fra Tomaso Siligardi

Fra Franco Bendolli

 

LA MODERNA CHIESA

Fu fabbricata dai PP. Conventuali di Rubiera dal 1704 al 1720 e ceduta definitivamente all'Arciprete e alla Colleggiata, per desiderio del Duca Rinaldo II, il 4 ottobre del 1722; il tutto appare anche dalla seguente epigrafe fino d'allora collocata nell'interno della Chiesa:

 

 

 

 

D. O. M.

HOC TEMPLUM

LAMPRIDEM FONDITUS AC PROPRIIS SUMPTIBUS

ERECTUM

SERENISSIMO DUCE RAINALDO ESTENSE AUSPICANTE

A PP. CONVENTUALIBUS HIC PROPRE SANCTI FRANCISCI

TANDEM

SUB CLEMENTISSIMO IPSIUS PRINCIPIS REGNANTIS

PATROCINIO

PARI ANIMO ET CONSENSU

COLLEGIATAE HERBERIAE IN POTESTAM TRANSIIT

UT VERO HUJUS CELEBRIS CESSIONIS

MEMORIA PERENNITER CONSISTERET AE POSTERIS

MANDARETUR

HOC MONUMENTUM

JIDEM PATRES CONVENTUALES

AETERNITATI POSUERE

ANNO SALUTIS

M D C C X X I I I

La Chiesa misura in lunghezza braccia 33 (braccia = 0,93 mt.) once 3; in larghezza Br. 14 once 4. Il presbitero ha l'estensione di br. 14 per 21; il Coro poi semicircolare è lungo Br. 10 once 8, largo Br. 15. È di una sol nave con coro posto a mezzogiorno e la porta maggiore sulla via Emilia preceduta da pubblico portico, in stile composto con volte e due cappelle per ogni lato internate nel muro rispettivo.

Gli altari in numero di cinque erano dedicati: il Maggiore fatto in scagliola nel 1857 ai SS. Titolari Donino e Biagio, gli altri al SS. Crocefisso, alla B.V. del Rosario, a S. Marcello, a SS. Carlo e Filippo poi S. Luigi. È costituita da un'unica navata con volte a catino ed abbozzo di cupola sull'altare maggiore il suo stile è tipico dell'architettura del primo settecento; ornamenti presenti con stucchi di bella fattura, con mezze colonne terminanti con capitelli di ordine corinzio. L'altare maggiore è in scagliola colorata che è tipica della nostra zona e fu costruito da Lazzaro Tondelli nel 1840 come si legge dall'iscrizione posta dietro l'altare medesimo. Gli altri minori sono quattro.

Entrando da destra il primo è dedicato alla madonna di Lourdes, ma anticamente era dedicato ai Santi Carlo e Filippo dei quali esiste ancora il quadro tra i due altari.

Il secondo altare conserva il titolo antico della Madonna del Rosario ed una volta al posto della statua vi era un immagine dipinta con interno raffigurati i quindici misteri del Rosario.

Il primo altare a sinistra è dedicato a S. Antonio da Padova, ma in origine portava il titolo di S. Marcello in quanto il donatore del lascito aveva lasciato alla confraternita dell'Annunziata l'onere di dipingere un quadro del Santo Protettore con l'obbligo di celebrarne anche la festa. I minori conventuali furono obbligati dalle disposizioni testamentarie ad esaudire la volontà del defunto. Sotto questo altare si trova l'urna cinquecentesca di Sant'Oliviero Martire. L'urna ed paliotto retrostante vengono dalla chiesa dell'Ospitale dei pellegrini e furono trasportati nella parrocchiale nel 1789 dall'arciprete Silvetti.

Ne quarto altare vi è l'immagine del Crocifisso che à di proprietà della confraternita del Santissimo Sacramento. Questo crocifisso fu comperato dall'Arciprete Chierici per conto della suddetta confraternita verso il 1830. Viene dal collegio di Spagna di Bologna (collegio universitario per studenti spagnoli) e fu regalato a questi dall'ultimo Papa della famiglia Colonna di Roma. È opera bella di un certo Bacchelli, plastico romano (stucco).

Il Sig. Mirko Jori, a proposito dell'altare della "Nostra Signora di Lourdes", così illustra la sua costruzione sul Bollettino parrocchiale "Comunità in Cammino" ":

"Anche nella nostra Chiesa è rappresentata plasticamente la grotta della "Nostra Signora di Lourdes", con Bernardette ai piedi della Madonna. La fece costruire alla fine del 1933 don Celso Bazzani probabilmente in occasione della santificazione avvenuta il 18 febbraio dello stesso anno, di Bernardette SOUBIROUS, la pastorella dei Pirenei a cui era apparsa la Madonna.

La cappella, un tempo dedicata a S. Carlo e a San Filippo, era stata patronato della Famiglia Sacchetti, ultimi discendenti in linea femminile di Urceo CODRO da Rubiera, uno dei maggiori umanisti del XV secolo. L'opera fu eseguita dal capomastro Dionigio IORI, lo stesso abilissimo muratore che nel 1912 aveva allungato sul porticato pubblico, la facciata della Chiesa coordinando, con vera perizia, l'aggiunta con l'interno del sacro edificio".

Ogni altare aveva i suoi paliotti, veri capolavori di scagliola della scuola Carpigiana, uno dei quali è ancora al suo posto (altare del Crocifisso). Quello della Madonna del Rosario è posto dietro l'altare Maggiore; e quello dei SS. Filippo e Carlo, recante l'immagine di S.Giovanni Battista, si trova in un corridoio dell'Annunziata in cattive condizioni. In antico questo paliotto ornava, nella vecchia Parrocchiale di S.Biagio, l'altare di S.Giovanni che era di proprietà della Comune dei preti della Cattedrale di Modena. Fu recuperato al tempo della trasformazione della vecchia chiesa in Cimitero (1822-1848) e fu portato nella Chiesa nuova. L'altare di SS. Filippo e Carlo era l'unico ad essere ornato completamente, ma le colonne di marmo furono tolte, nel 1825, per ornare l'ancona dell'Altare Maggiore col quadro dei Santi protettori, Donnino, Biagio e Concordia.

(Si narra che un cappellano dell'epoca Don Giacomo Torreggiani che vide spogliare l'altare suo prediletto dal principale suo ornamento, che erano le colonne di marmo, ebbe grave alterco coll'Arciprete dell'epoca, Don Chierici, abbandonò l'ufficiatura nella parrocchiale ne più celebrò la messa che nell'Annunziata).

Il quadro è opera del Geminiano Vincenzi, (amico del Parroco pro Tempore don Filippo Chierici al quale lo donò gratis per una promessa infantile) pittore Modenese che lasciò un buon nome nell'arte del colore. Il basamento del suddetto altare, recante il nome e la stemma dell'antica famiglia Sacchetti, fu smembrato e portato all'altare del Crocifisso al tempo dei lavori fatti dall'Arciprete Bazzani.

Vi è pure un ex Pala d'altare, ora posta nella navata a sinistra tra i due altari di S. Antonio da Padova e del Crocifisso, che è la copia di un dipinto del Guercino. Essa è stata riconosciuta dal Prof. Mazza Angelo dell'università di Parma e storico d’arte presso la soprintendenza per il Patrimonio Storico di Modena e Reggio, come l'unica copia nota del dipinto eseguito verso il 1655 da Giovanni Francesco Barbieri detto "il Guercino". Di tale dipinto si aveva notizia storica attraverso le dettagliate note di cassa che il Guercino teneva, e nelle quali esso veniva descritto con dovizia di particolari, assieme all’acconto ricevuto e alla rateizzazione del compenso. Esso fu commissionata per il Convento delle suore Domenicane di Modena, dedicato a San Marco e raffigura la Madonna col Bambino nell'atto di donare il Rosario a S. Domenico, mentre in basso sulla sinistra l'evangelista S. Marco osserva la scena. Forse fu dipinta dallo Stringa (allievo del Guercino) nel tardo '600, mantenendo gli stilemi ed i caratteri morelliani del Maestro, ed ha quindi uno straordinario valore documentario relativo all'originale andato perduto.(Il suo restauro è stato commissionato dal Rotary Club Val di Secchia nel 2003)

Di notevole nella nuova chiesa vi sono il Coro, il pulpito ed il mobile di sacrestia, belle opere lignee fatte nei primi '800 ma con caratteri settecenteschi; alcuni pezzi d'argenteria, qualche paramento antico e legni intagliati (Candelieri e tronetti).

Un grande camerone a forma di tribuna, posto sulla vecchia sacrestia, fu fabbricato nel 1859 per comodità del popolo cui era insufficiente il corpo della Chiesa.

Nonostante le quali riforme la Chiesa, ormai vecchia alla sua volta di quasi 200 anni, lasciava a desiderare sia per la salubrità e sicurezza sia per la decorazione e gli interni abbellimenti. A ciò provvide la cura dell'Arciprete (don Celso BAZZANI) venuto ad occupare detta sede nel 1904.

Col concorso della famiglia Giacobazzi riformò ed abbellì prima gli Altari del Crocefisso e di S. Antonio; poi a tutte sue spese rinnovò e portò a perfezione gli Altari di S.Luigi e della Madonna.

Rinnovò poi il piano del presbitero e delle adiacenze, facendo l'espurgo delle tombe, poi con eleganti decorazioni del prof. Ernesto Manzini, dell'Istituto di Belle Arti di Modena, rese riccamente adorno l'abside e tutto il volto della Chiesa. A queste decorazioni il prof. Goldoni della stessa Accademia di Modena, aggiunse le figure che ammiriamo sul presbitero e nel catino che sovrasta al Coro. Le figure del Crocefisso e della Natività, poste sul volto della Chiesa, sono opera pregiata del prof. Gaetano Bellei, ascritto allo stesso Istituto.

Un'altro lavoro che meritava l'interessamento dell'Arciprete era il pavimento della Chiesa. Il vecchio umido e consunto non era degno di un Tempio che per i nuovi abbellimenti poteva stare in città. Ed ecco che l'Amministrazione Comunale, corrispondendo al voto di tutti, si incaricò di rinnovare l'intero piano della Chiesa con assai rilevante spesa.

Finalmente al bel edifizio mancava la facciata, che non si poteva dir tale quella fronte disadorna e greggia, dalla quale sporgeva sconciamente il porticato pubblico. Come fare per portare rimedio a simile stonatura? L'unico rimedio era portare avanti la facciata quanto il portico, utilizzare lo spazio soprastante a questo e dare all'uno a l'altra quella forma artistica per cui la Chiesa dasse bella mostra di sé all'esterno. E l'aggiunta si coordinasse all'interno.

A ciò riesci egregiamente con una ingente spesa il Sig. Arciprete (don Bazzani), giovandosi dell'assistenza e seguendo il disegno del predetto Sig. Professor Manzini.

L'opera di pavimentazione e la riforma della facciata vennero inaugurate in occasione di Messa novella (15 agosto 1912).

Mons. Scurani a tal proposito scrive nelle sue "Memorie":

"Questa chiesa di ottima architettura ha davanti alla facciata un porticato che prospetta sulla via Emilia. È adorna di buone decorazioni e di qualche bel quadro. Si compone di una sola navata, con ampio presbitero, lungo metri undici, mentre tutta la chiesa misura metri 32,72 di lunghezza. Aderente alla chiesa avvi la torre con tre campane fatte fondere nel 1811…"

La costruzione di questa Chiesa ebbe origine da una ripicca tra i frati Minori Conventuali e i Confratelli dell'Annunziata per una eredità (eredità Marcello Spinelli) contesa tra di loro, ed il Romoli ne scrive estesamente la storia che vale la pena riportare a dimostrazione che anche allora, per il denaro, non esistevano ne religione, e ne patria, e per esso si lottava con tutti i mezzi a disposizione, anche i più subdoli:

"Dalla Filza 234 recapito N. 134 Segnati II -

...La nuova fondazione della Collegiata in detta terra, promosse da parte della Sacra Congregazione di Roma la pretesa che ivi pure secondo le Costituzioni Ecclesiastiche dovesse esservi un Monastero di Religiosi regolari. A tale oggetto fu proposto di introdursi i PP. Minori Conventuali di S. Francesco detti della Madonna, che da tempo immemorabile tengono il loro Convento poco al di sotto di Rubiera. D'ordine del Duca Serenissimo, il Governatore Donelli nel 1702 iniziò e condusse le pratiche e le trattative coi PP. Conventuali stessi a fare il trasporto del loro Convento in Rubiera.

Si pensò quindi alla fabbrica della nuova Chiesa per perseguire poi col tempo la costruzione del nuovo Convento a scanso di pregiudizi e di aggravi fu destramente maneggiato dai PP. un trattato o piuttosto una proposta che la Confraternita della SS. Annunziata rinunziasse la Chiesa di sua ragione e siti adiacenti ai detti PP. i quali in ricambio si obbligherebbero a indennizarla con l'equivalente a giudizio di Periti.

Ne fu informato il Duca per l'approvazione , e per l'interposizione del suo comando.

Dietro ordine del Duca, il Gov.re Donelli condotta la Confraternita della SS. Annunziata nel 1702 a cedere non tanto la loro Chiesa o Oratorio ma di più una casa, denari, possessioni, stabili, fondi, censi, azioni e ragioni posseduti dalla confraternita, a riserva di un prato posto nei Paduli di Rubiera e certe terre acquistate da Cleopatra Bonezzi Grillenzoni.

Indispettiti i Confratelli delle brighe e maneggi segreti dei PP. Conventuali per spogliarli del patrimonio della Confraternita si opposero energicamente alle pratiche e trattative con che il Gov.re Donelli voleva indurli alla rinunzia.

Solo la forza e la prepotenza potè indurli come consta dalla minuzia dei Fascicoli.

Condizioni di tal cessione furono:

1)- Che i PP. si accollassero gli obblighi, consuetudini e aggravi della Confraternita.

2)- Che venissero ad abitare entro Rubiera fabricandovi una Chiesa decorosa e con annesso convento.

3)- Che fabricassero pure un Oratorio unito alla Chiesa per servizio della Confraternita.

4)- Che la possessione e stabili ceduti restassero laicali e soggetti ai soliti aggravi.

5)- Che uno dei PP. servisse gratis per Cappellano tanto nelle processioni quanto nelle altre funzioni della Confraternita

Tali condizioni furono accettate dai PP. nel 1701

Non ostante tale cessione e accettazione la Confraternita continuò nel possesso dei beni ceduti fino al 1707, in cui per comando superiore consegnò con resoconto retrospettivo il possesso libero ai PP. i quali promisero, oltre le obbligazioni espresse nel primo rogito, di rilasciare ai Confratelli della SS. Annunziata tutto l'ammovibile della loro Chiesa e sagrestia e che li medesimi Confratelli potessero servirsi della detta Chiesa finchè fosse loro provveduto il nuovo Oratorio. In questo frattempo si rinnovò la famiglia dei Minori Conventuali di Rubiera e in posto del Padre Ricchi subentrò il Padre Bonaventura Capezzi.

Lasciati in possesso dei beni della Confraternita insorsero differenze e controversie sull'adempimento degli obblighi cui era vincolata la detta cessione. A ovviare e togliere le quali i PP. retrodavano ai Confratelli un credito di L. di Modena 3600, che questi avevano già loro ceduto, gli lasciavano tutto l'ammovibile della Chiesa e sagrestia cedute a riserva della Campana grossa, della croce e due candelieri d'ottone serventi all'altare di S. Marcello e dell'ancona di detto Santo; e li Confratelli liberavano i PP. dall'obbligo di fare a loro spese l'Oratorio, fermo restando quello di fabricare la nuova Chiesa e convento, di celebrare la messa quotidiana in perpetuo all'alba, e di solennizzare la festa di S.Marcello alla forma prescritta dal testamento Marcello Spinelli, che lasciò già alla detta Confraternita con detti obblighi la possessione di Casale. Codesta transazione fu fatta a rogito Bernardino Gallinari, mediante il S. Dr. Camillo Zanni medico condotto in allora 1709.

Composte per tal modo le divergenze fra li PP. e i Confratelli dell'Annunziata, nel 1709 stesso il P. Bonaventura Capezzi si accinse alla fabricazione della nuova Chiesa nel sito dove era l'Oratorio della Confraternita che fu demolito, e in pochi anni condusse a termine la nuova Chiesa ragguardevole e nobile in tutte le sue parti nonchè la sagrestia adiacente, e fu ornata di stucchi.

Dovendosi intanto proseguire alla costruzione del convento il Padre Capezzi visto dai calcoli dei Periti che la spesa sarebbe montata a scudi Romani 9000, a sostenere la quale non bastavano le entrate del Convento, le quali si riducevano detratti li oneri fissi, a scudi Romani 281 e baiocchi 7.

Che dovendo il Convento stesso sopperire al mantenimento di sei Religiosi; al passaggio continuo di PP. forestieri ed alle spese straordinarie che occorrono e che possono occorrere, credette il Padre Capezzi nel 1718 di dare afflato ad un pospatto fatto dai Canonici cedendo ai Canonici stessi la nuova Chiesa, e dopo molte conferenze con l'intervento del Ministro Santagata fra i PP. e i Canonici si concluse:

1)- che li PP. lasciano ai Canonici della Collegiata di Rubiera la loro Chiesa nuova con la sagrestia adiacente fatta con la spesa di scudi Romani Nº 2192 e baiocchi Nº 21

2)- che li PP. somministrino alli Canonici i legnami necessari alla fabricazione del Coro, Pulpito Predella e sedili.

3)- che li PP. paghino ai Canonici in effettivi scudi di Modena Nº 700.

A tali condizioni resti al Convento dei Minori in perpetuo la possessione di Casale con l'obbligo di solennizzare ogni anno la festa di S.Marcello li 16 di Gennaio; e ad sborsare ogni anno alli Canonici L. 410 di Modena per la celebrazione in perpetuo di una Messa quotidiana in sodisfazione del lascito di Marcello Spinelli.

Dietro visita del Vescovo di Reggio ai 17 luglio 1719 fu ultimata la pendenza fra i PP. e i Canonici. Insorsero frattanto altre diferenze fra li Canonici e li Consorziali, per le pretensioni di mobigli e arredi cerimoniali, rendite che i Canonici intendevano di asportare dalla Chiesa vecchia dei Consorziali.

Cotali diferenze furono derimate e composte nel 1719 e nell'anno 1722 a rogito Lupari (o Lupani) Cancelliere Episcopale fu definita e conclusa ogni pendenza.

1701 - 14 Aprile Rogito di Marcello Casari sulla cessione della Confraternita ai frati.

1702 - 10 Marzo Rogito di Marcello Casari (o Capardi) sull'accettazione della sopra cessione

1707 - 5 Novembre Rogito Bernardino Gallinari sulla consegna fatta dai fratelli dell'Annunziata ai PP. della possessione, Oratorio, Casetta e lasciti.

1709 - 4 Giugno Rogito di Bernardino Gallinari sulla transazione per la quale i Padri retrodavano ai Confratelli un lascito fruttifero e li ammovibili della Chiesa e sagrestia riservata la campana maggiore, la croce, due candelieri di S.Marcello che servivano all'altare dello steso Santo, di rimpetto i Confratelli esentavano i PP. dal fabricare il nuovo Oratorio, secondo il testamento del fu D. Marcello Spinelli Rogato da Antonio Barozzi notaio di Rubiera alli 11 Dicembre dell'anno 1659.

1718 - Aprile. I Consorziali rappresentano come anni orsono fu eretta nella loro Chiesa una Collegiata colla soppressione dell'Arcipretura rurale dè SS. Faustino e Giovita le cui rendite furono assegnate per entrata di un Arciprete e dei Canonici che compongono la Collegiata, la quale benchè uffici nella Chiesa dei Consorziali è sempre stata ed è ancora divisa in tutto e per tutto da Sacro Consorzio. Volendo ora la Collegiata lasciare la detta Chiesa per andare a quella cedutale dai PP. Conventuali intenderebbero trasportarvi gli ornamenti ed altro della Cappella del SS. Sacramento e del Rosario ed ornamenti fatti da donatori: il Consorzio ebbe sempre l'uso delle dette Cappelle ed organo da che fu avviato il Consorzio stesso e fu sempre padrone della Chiesa a segno che nell'erezione della Collegiata, volendo il Consorzio cederla ai Canonici il Pontefice non lo permise stanti i molti obblighi dei Consorziali stessi particolarmente agli altari del SS. Sacramento e del Rosario. Si chiedeva quindi che nulla fosse arrecato in pregiudizio del Consorzio.

CHIESA ED OSPEDALE DEL PONTE DI RUBBIERA

OPPURE: OSPEDALE DEI PELLEGRINI, OSPEDALE DI S. ANTONIO, PRIORATO DI S.MARIA DI CÒ DI PONTE.

Esistente sin dal secolo XII ed anche prima.

"Correvano a quei tempi le strade de peregrini e viandanti a guisa di torrenti, perché amici di Dio, e Lui nelle fatiche della peregrinazione cercando avidamente, avevano il cuore ardente e bisognoso però di quei sollievi, che la fievolezza individua compagna de viaggi e la penuria figlia ben degna della guerra, che tutto consuma ed arde…"

I nostri padri da carità animati erano soliti fondare Ospedali ed alberghi gratuiti nei luoghi più lontani dall'abitato, lungo le strade o presso i ponti od i passaggi dei fiumi, per peregrini o passeggeri e per l'assistenza loro nei pericoli. Solo lungo la Secchia dalla sua origine fino alla via Emilia vi erano gli Ospedali di Campo Camelasio di Gatta, Cavola, Guiliga, Rubbiera e forse altri. Questo di Rubbiera era uno dei principali e per antichità e per redditi: ad fluvium Gabellum nuno Secchia, in agro Regiensi constitutum antiquitus fuit Xenodochium Herberiae perquam opulentum, quod adhuc viget (MURATORI, Antiq Ital.).

Diversi testimoni, cioè nel 1179 Ugolino da Rubbiano, nel 1183 Ugo da Budrione, nel 1192 Jacopino di Scavo, nel 1212 Guido di Ubaldo Giudice, nel 1220 Romano da Sinesio, nel 1229 Pietro Bastardo, nel 1238 Filippo Bonezzo e Scurtamano dei Patarini, nel 1240 Guidottina degli Albriconi fecero legato di qualche soldo imperiale al Ponte di Secchia (Ponti Sicle, ponti Situle, ponti de Sicula). Non è però certo che il Ponte di Secchia contemplato in questi testamenti sia sempre quello di Rubbiera, potendosi intendere in esso uno degli altri numerosi ponti di quel fiume, e d'altra parte non essendo certa l'esistenza di un ponte a Rubbiera sulla Secchia prima del secolo XIII. (ora esiste la sicurezza essendo stato scoperto un pilone romano in occasione della costruzione del nuovo ponte della ferrovia negli anni 1980). Per alcuni, per altro, come quelli di Ugolino di Rubbiano, luogo vicino a S. Martino in Rio, di Filippo Bonezzo, Scurtamato dè Patarini, di Guido di Ubaldo Giudice, è probabile trattarsi di quello di Rubbiera.

Il Tiraboschi, compilatore del DIZIONARIO TOPOGRAFICO, opina che sul principio del secolo XIII si stesse a Rubiera costruendo un ponte, dal vedere che un Malastonda nel 1208 lasciò cento soldi imperiali espressamente laborerio Pontis de Erberia, ciò può essere ma può anche darsi che per laborerio s'intende, come spesso nei documenti, l'amministrazione di una fabbrica, e nel caso del ponte. A questo ponte di Rubbiera lasciarono legati, oltre il Malastonda, Giovanni Fulcone nel 1209, Martino da Breda nel 1248 e Gandolfino da Sorbara nel 1261.

L'Ospitale poi che tutelava il ponte, o meglio assisteva il passaggio dei viaggiatori, è nominato da prima del testamento di Bernardo Calzolaio nel 1202 e dappoi in una moltitudine di documenti dai quali spigoliamo le seguenti notizie.

In un breve di Innocenzo IV che si conserva nel segreto Archivio Estense è nominato all'anno 1249 un Gironus conversus domus Pontis de Herberia. In una carta dell'Archivio Capitolare di Modena dell'anno 1253 si legge: coram D. Petro Priore Pontis de Situla, et D. Ugone Sacerdote praedicti 'Pontis ed mansionis, e in un altra del 1254 dell'Archivio di s. Michele in Bosco presso Bologna: Fr. Petrus Prior Pontis de Erberia; Fr. Ugo de dicta domo Pontis de Erberia: e in un altra dell'Archivio Vescovile di Reggio dell'anno 1256, in cui al 15 di maggio: D. Ugo de Irberia (che era probabilmente della famiglia dei Bojardi) et Fr. Guido Frater Pontis de Erberia nominano Guglielmo Vescovo di Reggio arbitro della controversia, che tra essi era sulla validità dell'elezione a Priore della Casa del Ponte, fatta nel Capitolo della medesima, e in un'altra del 1296 indicata nell'Antico registro dell'archivio Rangone: Aimericus Prior domus Hospitalis 'Pontis Sitale de Irberia.

Finalmente il libro dei fochi (1315) ci avverte che l'ospedale possedeva beni in Casale Rubbiera ed in Bagno: Rolandinus Petri Notarii, Mezadrus Prioris de Hyrberia, Zirbinnus de Zirbinis de bagno, Mezadrus D. prioris de Hyrberia; ed una carta del 1337 che pagava al Vescovo di Reggio un censo per la Chiesa di S. Marco di quella città. Da altre carte risulta pure che il priore di Rubbiera nel 1342 ed il Rettore del Ponte nel 1357 pagavano altri censi al Vescovo: ..primo: die V dicti mensis (aprilis) a domo priore dicti pontis hyrberie pro nostro caritativo subsidio lib. XI sol. V bon.; rector pontis yrberia, ecc... Nelle abbreviature di Bertolino notaio, all'anno 1348 circa, leggesi: ...qualiter episcopus recepit priratus renuntiaitionem seu hospitalis pontis de heriberia - qualiter episcopus contulit dictum hospitalem seu prioratum...

Presso il ponte fu fabbricata una Chiesa, (…quivi presso aveva la divina Provvidenza mossa la pietà cristiana a dar a poveri passagieri quel ricovero, che un stretto abituro permetteva; era questo congiunto a picciola cappelletta dedicata alla Beata Vergine Regina dè cieli; posta a capo il ponte, quale traversando Secchia, dalle voragini delle sue acque assicurava in quei tempi il passo(…)erano allora i suoi confini: il mollino del Conte Antonio Sacrati. Era l'altro la fossa sotto il borgo di Rubbiera, che conduceva alla porta…) la quale insieme collo Spedale annesso aveva il titolo di S. Maria, come ci mostra una carta del Monastero di Marola nel segreto Archivio Estense del 1259 : D. Gherardum Sacerdotem Ecclesie S. Maria Pontis de Herberia. La Chiesa e lo spedale si mantennero lungamente e ne abbiamo memoria nel testamento di Altemanno dè Barigazzi nell'anno 1300, in cui lascia dodici soldi presbitero Ecclesie Ospitalis de ponte de hyriberia, e nel giuramento di fedeltà dato nel 1374 dà Rubieresi al Marchese Nicolò II d'Este: actum in dicto Castro presente D. Iohanne de Blancardis priore Ospitalis et Ecclesie S. Marie de ponte terre praedicte.

Su questo atto così scrive il Venturelli nel suo libro "La Corte - Ospitale e Chiesa di S.Maria di Cò di Ponte":

"…un tal Giovanni è nominato col vecchio cognome De Bianchi, dalla terra di origine dei Boiardi, nella Lunigiana."

Nel 1312 era Priore Tommaso Boiardi, nel 1318 Gualtiero, nel 1331 Facio e nel 1362-75 Giovanni Biancardi. (Schede dell’Archivio di Stato in Reggio)

Fu poscia quel Priorato cambiato in Beneficio semplice, e nell'archivio Capitolare di Modena conservasi una Bolla di Bonifacio IX dell'anno 1400, in cui insieme con altri benefizi conferisce a Nicolò Bojardi (nonno del Poeta Matteo Maria) Ecclesiam sinc hospitale sine cura S. Marie de Ponte de Riberia Regine Diocesis, il quale benefizio insieme cogli altri era stato prima posseduto da Pietro Bojardi allora eletto Vescovo di Modena. Anche nel 1312 un Tomaso Bojardi era Priore del ponte di Rubbiera.

Nella prima metà del '400 si hanno notizie certe dell'oratorio di Santa Maria, annesso alla casa ospitale, dove "Messer don Zohane de Pegorari capellano de la cha del ponte" è uno stipendiato dell'Ospitale con salario annuo di "L.20 che ha servito ala cha ad officiare la giexia".

Il cappellano in questione e quelli che vengono dopo di lui, hanno doveri spirituali che esulano anche dalle mansioni ordinarie e quotidiane dell'Ospitale; i borghigiani quelli dentro e quelli fuori dalle mura di Rubiera, e i contadini della campagna sono devoti della Madonna e la festeggiano in varie occasioni con l'ausilio del cappellano dell'Ospitale.

Si da molto rilievo alla "Madona Sancta Maria dali candeli"- purificazione di Maria Vergine, detta volgarmente Candelora - festeggiata il giorno 2 di febbraio....

C'è poi la festa di "Madona Sancta Maria de mezo agosto"- Assunzione di Maria Vergine - e anche la "Madona dela Neve" festeggiata il 5 agosto con particolare devozione.

Si sa che da un inventario dell'arredo superstite (dopo la sua distruzione ordinata nel 1523 dal duca Alfonso I per motivi di difesa militare del Borgo fortificato) stilato nel 1535, che la Chiesa annessa all'Ospitale vecchio aveva tre altari, cioè l'altare maggiore e i due laterali dedicati uno a Sant'Antonio e l'altro a San Pietro Martire.

Nel 1433 agli 8 dicembre il Vescovo di Reggio Tebaldo Sessi investì in perpetuo dell'Ospedale del ponte, quanto alle cose sacre, la nobil famiglia Sacrati, nella persona del Conte Francesco.

"Tebaldo Sessi, Vescovo e Principe di Reggio per Grazia di Dio e degli Apostoli, al Nobiluomo e nostro diletto in Cristo Francesco SACRATI cittadino di Ferrara, salute e pace in Dio. Tra le varie cure a cui assiduamente siamo sollecitati dal nostro dovere d'ufficio apostolico, quella che prima eccita la nostra mente e ci spinge a vigilare è la necessità di provvedere opportunamente, per quanto è nelle nostre possibilità, alle Chiese e agli altri luoghi pii della nostra diocesi, in ogni loro interesse attuale e futuro; così giuriamo di raccomandare e affidare a persone idonee i luoghi stessi perché ci si aspetta da loro cura, diligenza e sperata fede nel miglioramento dei luoghi loro affidati…per nostro pieno potere ordinario, secondo il metodo odierno e secondo ogni altro metodo, diritto e forma che sono nei nostri poteri e doveri, te, considerato presente, e i tuoi posteri maschi discendenti legittimamente da te, dichiariamo, istituiamo. costituiamo e deputiamo come Patroni di detto Ospitale e dei suoi beni presenti e futuri, tu Rettore, Governatore, legittimo amministratore e sicuro difensore…e inoltre dispensatore degli utili di detto Ospitale ai poveri di Cristo e alle altre miserabili persone che li giungono, da distribuirsi sotto forma di cibo, alloggio e altre opere pie che vi si fanno…Dato in Reggio dal nostro palazzo Vescovile nell'anno di Dio 1433, nel giorno 8 dicembre. indizione undecima. Presenti come testimoni il venerabile Signor Giovanni da Parma, gli illustri Francesco Zoboli, Giroldo Fiordibelli e Bartolomeo da Cuneo".

a cui fu confermata da Eugenio IV con Bolla del 17 giugno del 1437,

"Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, al fratello Vescovo di Reggio, salute e apostolica benedizione…Ci è stata esibita la petizione del dilettissimo nostro figlio Francesco Sacrati ferrarese, in cui si dice che un tempo, essendo vacante l'Ospitale della Beata Maria del Ponte di Rubiera, diocesi di Reggio, il venerabile nostro fratello Tebaldo Vescovo di Reggio, con autorità ordinaria, deputò detto Francesco come Rettore e Governatore dello stesso Ospitale permettendo a lui e ai suoi posteri maschi… di tenere, governare e reggere in perpetuo detto Ospitale….E quindi, per Nostra autorità e seguendo le direttive della felice memoria di Papa Clemente V nostro predecessore…disponiamo che tu dia diritto a Francesco e ai suoi posteri maschi da lui discendenti di tenere, reggere e governare in perpetuo detto Ospitale… e dovrai favorire lo stesso Francesco…affinchè possa accumulare frutti, redditi, proventi, diritti ed evenienze di qualunque tipo in soccorso dei poveri e degli infermi.." e circa il tempo medesimo essa ne ebbe l'investitura per temporali diritti dal Marchese Nicolò III d'Este, infatti l'Azzari nel Compendio dell' historie della città di Reggio edito nel 1623 sotto la Pieve di S.Faustino nota: Hospitale di S. Antonio di Rubbiera Iuspatronato dè Sacrati.

(Il sapere che il 19 agosto 1516 un Antonio di Paolo Mazzoni alias Rossini fondò un beneficio semplice sotto il titolo di S.Maria nella Chiesa fuori di S.Maria di Codiponte chiamata Ospedale di S. Antonio di Rubbiera ci aveva fatto supporre da principio che questo fosse stato il motivo del trovare l'Ospedale e la Chiesa sotto il doppio titolo di S. Antonio e di S.Maria. Ma ora, anche per le carte qui citate, conveniamo che il titolo di S.Maria nella Chiesa è anteriore a questa fondazione di un benefizio. Il titolo poi di S. Antonio nell'Ospedale proverrà ad uno dei due Santi Antonii già venerati nell'antica Chiesa, oppure dall'unione di questo Ospedale a quello di S. Antonio di Reggio o di Parma, o di Vienna. Vedi Mem. Modenesi. del Tiraboschi capo X pag. 39).

Il Sacrati, infatti, nell'anno 1438 prese possesso formale a norma della suddetta investitura, pur trovando diversi ostacoli per le pretese avanzate da diversi beneficiari, e specialmente da un certo Bugiacco.

(..Commosse dunque Giovanni D'Andrea Bugiacco chierico di Reggio beneficiato dell'Oratorio sotto nome di S.Maria di Cò di ponte a prettendere anco l'Ospitale Alle pretensioni aggiunse questi il giudizio, e lo movè in rota Romana, e poi in grado d'apellazione avanti il Cardinale Teodoro del titolo di S.Teodoro Nondimeno sbendati gli occhi, dalla passione ottenebrati rinunciò il Bugiacco al littigio, e ricevè per vero che l'Oratorio fosse a commodo dell'Ospitale, e non questo per quello Tale fu il motivo espresso che movè Paolo II sommo Pontefice a sopprimerne il patto, dichiarare l'Oratorio membro dell'Ospitale, ne appariscono le Bolle, le quali confirmando quelle di Eugenio e sanando ogni loro difetto negl'idi di Febraro dell'anno 1469..).

Papa Paolo II, nell'anno 1469, confermò il Sacrati nel Juspatronato tanto dell'Ospitale che nella Chiesa. In conseguenza di ciò, Francesco Sacrati volle migliorare e restaurare il tempio e l'Ospizio, affidando l'incarico a Mastro Antonio della famiglia Pelli, che per più generazioni aveva esercitato l'arte muraria distinguendosi per abilità non comune, anche in opere di grande rilievo, non solo in Rubiera, ma in Modena, nei lavori della Cattedrale e nel palazzo della Canonica del Duomo, come può attestare la cronaca di Jacopino de Bianchi del 1494. I Sacrati amanti delle arti e mecenati degli artisti, arredarono con munificenza tanto la Chiesa che l'Ospizio, dotandoli di molti beni immobiliari.

Il Venturelli a proposito dell'Ospitale nel suo libro "La Corte", narra:

"...esso era collocato nell'abbassamento di quel ridosso di terreno posto a levante del centro di Rubiera, "fra la vecchia circonvallazione ed il mulino", come dice il Romoli nel suo manoscritto su Rubiera, alla filza numero 121 riguardante l'Ospitale, conservata nell'Archivio di Stato di Modena. Circa un secolo fa e anche pochi anni orsono, in occasione della costruzione di due nuovi fabbricati (1950 stabilimento industriale ex Cingi e 1974: nuova casa Bellei, nell'attuale via Rustichelli) furono scoperti avanzi di una chiesa con arche mortuarie e fondamenti di altri fabbricati. Queste preziose reliquie attestano la località ove sorgeva l'antico Ospitale e Chiesa di S.Maria Cò di Ponte. Abbiamo conferma di ciò anche da una nota dell'anno 1473, relativa ai beni posseduti dall'Ospitale in cui si legge: (vedi seguente scritta latina riportata da Mons. Giovanni Saccani

Dall'analisi delle strutture, dalla conformazione dei mattoni, dagli avanzi delle decorazioni dei capitelli, si deve ritenere che il Tempio e l'Ospizio fossero di origine romanica. Non si hanno documenti che accertino il periodo della costruzione, ma si può ritenere, con molta probabilità, anteriore al secolo XIII e forse eretta dai benedettini."

Il Romoli nelle sue "Memorie" così afferma a proposito del vecchio Ospitale poi abbattuto per ragioni militari:

"Nell'abbassamento di quel ridosso di terreno (la campagna ridotta a sodaglie e sterilumi - Terreni acquitrinosi e aliginosi. Impaludati dal soverchiare delle acque per mancanza di scoli) che esisteva e di cui restano tuttora degli avanzi nel fondo Naseria (?), interposto fra la strada di circonvallazione ed il Molino, si scopersero gli avanzi di una Chiesa con avelie mortuarie e fondamenti di annesso fabricato .

Qualche reliquia o vestigia o traccia di muri testimoniavano il luogo dell'antico Ospedale e Chiesa di S.Maria di Cò di Ponte.

In qual epoca fosse fondato quell'ospedale non abbiamo documenti che lo accertino; possiamo però con molta probabilità ritenerla anteriore al secolo XII sulla fine del quale cominciamo a trovare memorie - de Ospitali de Yrberia - dalle quali rilevasi stavano a custodia alcuni frati con a capo un Priore per aiuto e benefizio del Pellegrini.

Per aiuto de Pellegrini fu fabbricato a testa di quel ponte un Ospizio di cui stavano a custodia alcuni frati. L'ospizio preesisteva al Ponte; e la Chiesa fu servita dapprima da un Priore, cui spettava l'ufficiatura della Chiesa, mentre i frati conservavano la custodia e servizio dell'Ospedale.

L'oggetto cui fin da quei tempi era destinato cioè in servizio dei Pellegrini fa preconoscere che la sua fondazione rimonti all'epoca in cui maggiore ferveva l'entusiasmo di pellegrinare ai luoghi santi e ai santuari che le paure del mille avevano moltiplicato senza nemmeno sovvenire ai bisogni di questi che per spirito di penitenza e in nome di Dio si commettevano a strade lunghe disastrose incognite, senza altro mezzo che un capello a larghe tese il fanvoubretto o sanvoubretto (?) e il bordone per appoggiarvi il passo affaticato, mossero ben presto la pietà dei fedeli a sovvenire di alloggio, di vitto, di cura e di guida nei difficili transiti di fiume impervi e di monti pericolosi.

A sviare e attutire le ire del sangue la Chiesa sempre vigile approfittò delle peregrinazioni a suggerire delle paure della fine del mondo. I pellegrini si immettevano a miriadi sulle vie, di null'altro forniti che di fede. All'imprevidenza sopperiva l'ardore col quale sapevano superare i disagi, i patimenti e i pericoli di continue peregrinazioni attraverso lande e contrade sconosciute: a favorire tali peregrinazioni la Chiesa soccorse coi mezzi tutti che aveva in suo potere, erigendo Spedali e Conventi.

E forse in quel tempo sulla strada Emilia che attraversa il fiume secchia, e che congiunge (come principale) l'alta colla media Italia, dovè mostrarsi la necessità di stabilire una casa o mansione ove il povero pellegrino potesse alloggiare quando il fiume non permetteva il passaggio, o sostarvi nel guado a sicurezza di passaggio.

(Poste ai valichi aspri di pericoli, o a guadi di fiumi amplievoli e pericolosi)

A ciò dovevano essere in vita gli avvanzi del Ponte Romano, che trovammo esistere ancora ai tempi nostri. Ne molto dopo fu annessa una Chiesetta col titolo di S.Maria della quale troviamo memoria del 1259. "

Come si legge nei documenti riportati in seguito è accertato, come scrive Mons. Saccani, che l'Ospizio e la Chiesa fossero poi tenuti dai Templari.

Documento del 1523 sulla locazione dell'Ospitale prima della sua demolizione:

Locus situationis dicti Hospitalis et eius ecclesie est positus in burgo a mane dicte terre herberie, et ante partam ipsius terre, cui confinat de suptus fovea dicti burgi. A mane molendinum prefati Comitis Jacobi (Sacrati), desuper via, qua itur a porta dicte terre ad dictum molendium et a sero Matheus Rabitus.

Nella visita invece del 1575 l'ospedale aveva il titolo S. Marie Capitis a Ponte extra Erberiam, rectore Alexandro Sacrati Ordinis Hierosolymitani.

Infatti in base ai detti documenti Mons. Saccani nota:

"Crediamo di essere i primi ad osservare che dunque i frati dell'Ospedale di Rubbiera erano i Cavalieri Gerosolimitani succeduti ai Templari. Ciò risulta da questa visita del 1575, e dal citato documento del 1523 in cui la loro Casa è detta Mansione (maison)".

Questa Chiesa e quest'Ospedale stettero nel luogo descritto fino al 1523 in cui avendo Alfonso I° (soprannominato il Duca Terremoto) ricuperata Rubbiera, e volendola fortificare nuovamente, distrusse tutti gli edifici che le erano intorno, compreso lo Spedale; nella stessa guisa che più tardi fece suo figlio Ercole II° per Reggio.

(Nel tempo de quali essendosi da Giulio sommo Pontefice Secondo, combattuta Modena ,e la Mirandola, restò di lui preda anco Rubiera, levata dal dominio del duca Ercole I (...) fu poi da Alfonso I recuperato con il resto anco Rubiera. Quindi avvenne, quasi per certa fatal disgrazia, che gli effetti della guerra i quali avevano miseramente percossi gli uomini, facessero infelice strage anco degli interessi matteriali poiché. volendosi ridurre la terra di Rubiera in fortezza inespugnabile furono ruinati tutti gli edifici, che signoreggianti il piano della campagna potessero oppugnarla, onde l'Ospitale di S.Maria Cò di Ponte, che in fabrica maestosa ridotta, sorgeva con molti altri edifficij minori per servizio de fattori e ministri, benchè appoggiato alla benemerenza de poveri per sostenere appresso Iddio la commun causa, ad ogni modo con ciascun altro cadde; e nell'anno 1523 fu adeguato al suolo, riddotto in una confusa macerie.)

Ma lo Spedale fu riedificato l'anno 1531 dal Conte Aldovrandino o Aldobrando Sacrati nel luogo ove è situato ultimamente. (...egli dato di mano all'esecuzione chiamò Mastro Bernardino del quondam Alberto Marchesani, della cui opera, et arte facevano fede le volte, camere, e case mercede del già Conte Francesco, fatte nel primo edifizio Chiamò insieme Gioanni, e Gasparo figli del quondam Antonio de Pellis di Rubbiera, come esecutori del dissegno di Giovanni Battista Carretti di Modena...).

Affidò l'incarico al maestro in Architettura Gian Battista Carretti, di Modena, ed ai maestri Muratori Gaspare e Giovanni, del fu Antonio Pelli.

In tale occasione, col rogito del 12 giugno 1531 di Giovanni della Chiesa, notaio in Ferrara, si dichiarò "…che il detto Ospitale e i di lui edifici in perpetuo si dovesse conservare, nominare e chiamare Ospitale profano e laicale di Santa Maria della Casa del Ponte, degli eredi del fu Cavaliere Francesco Sacrati, e che tutti gli edifici si fatti che da farsi, e che le ragioni e i beni di detto Ospitale dovessero essere riservati in perpetuo per ogni ragione e causa sotto il dominio e podestà, amministrazione e iurisdizione de successori ed eredi del citato fondatore e ciò in suffragio delle anime e remissione de loro peccati…", e dalla famiglia Sacrati stessa nel 1535 fu rifabbricata la Chiesa sotto il Titolo di S.Maria o S. Antonio.

Infatti, compiuto l'Ospizio, Aldobrando Sacrati anelava alla costruzione della Chiesa ed il 30 giugno 1535 il Vicario di Reggio fece mandato all'Arciprete di S. Faustino (Ippolito da Bagno 1520-1543) di porne la prima pietra: il tempio venne elevato sul lato di settentrione dell'Ospizio, sempre per opera dei maestri Gaspare e Giovanni Pelli. I lavori cominciarono felicemente e proseguirono con celerità, e venne "voltato", cioè completato con volte in muratura da "Maestro Giovanni Dominico" soltanto nel 1541.

L'estate del 1542 vede già attivo il Garofalo: "Adi 14 agosto L.0,4 spese in tempre più volte per maestro Benvegnu". Poichè per lavorare a tempera o ad affresco occorre la stagione propizia, il completamento delle pitture della Chiesa avviene soltanto nel 1543 e il Garofalo vene pagato in settembre di questo anno: "E dè haver adi dicto (7 settembre 1543) L. 152,2 furno scudi 30 novi che se detino a Maestro Benvegnu depintor ferrareso da Garofalo per sua mercede per haver depincto la gieisia e incirca l'ancona. E di haver due scudi, uno di loro fu dato al garzon de maestro benvegnu per la benediga (Mancia)". Mentre il Garofalo affresca le quattro cappelle, è attivo presso l'Ospitale anche "Maestro Rainaldo Mazolo depentore", il quale riceve "...L.10 per sua mercede per aver dorato lancona...e adi primo setembre L.7,16 ave maestro Rainaldo per sua mercede per aver anetà (pulito) loro (l'oro) vechio de lancona et aver facto li frisi, de (dato) la biaca bornita alancona a per aver rifacto il crucifixo.." É evidente che anche l'ancona è antica e abbisogna di pulitura per cui si compera una "spongia"(spugna); poi c'è una spesa successiva di "L. 19,17 per 450 peci de oro e laca, smalto e azuro compra a Bologna per conzar lancona".L'anno 1543 vede nella Chiesa dell'Ospitale presenze qualificanti in campo artistico. Infatti nel settembre dello stesso anno si nota un pagamento allo scalpelllino, anzi a uno scalpellino nuovo che risponde al nome di "Maestro Prospero Scripelino...per aver facto dui capitelli di marmoro che vano suso le colone in giesia" Tale lavoro di scultura di marmo, certamente più prestigioso dei precedenti su "masegna", era iniziato già nel 1542 e ora, a lavoro ultimato si ha il saldo. E per questo si è azzardata l'ipotesi che lo scalpellino Prospero fosse il Clementi reggiano: infatti capitelli di marmo da sistemare su due colonne nella chiesa richiedevano senz'altro un artefice importante al pari dell'affrescatore della Chiesa.

Così viene descritta la Chiesa nella seicentesca "Relazione dell'Ospitale presso Rubiera Jus Patronato de' signori Marchesi Sacrati - Catalogo de' Governatori e de' fattori in detto Ospitale":

(..con breve spacio di loggie unita all'Ospitale fabricorno tutta in volta una ben intesa e proporzionata Chiesa sotto la medesma invocazione di S.Maria Cò di Ponte...ornata di quattro cappelle oltre l'altare maggiore con suo coro, accompagnato con sacristia, e piccolo Oratorio per sacerdoti; distinti questi dal corpo della Chiesa con bellissimi cancelli di ferro, furono le quattro cappelle dipinte dal famoso pittore Benvenuto da Garofalo ferrarese...Fu si bell'opra e devoto pensiero commandato da Ottaviano figliulo di Uberto Sacrati l'anno 1543 alli 6 di maggio.)

Per avere, però, una descrizione realistica dell'architettura della Chiesa e del suo arredo, conviene riproporre la descrizione redatta durante la visita pastorale del 1706, tardiva rispetto alla costruzione dell'edificio, ma l'unica specifica in merito.

"21 giugno 1706...questo oratorio, di struttura elegante e di ordine dorico ha cinque altari compreso il maggiore a oriente ( la Chiesa è infatti orientata liturgicamente, cioè con la facciata verso il tramonto e l'altare maggiore nell'abside rivolta verso il sorgere del sole): consta di un unica nave con copertura a volta imbiancata, con piccolo coro dietro l'altare maggiore ornato con sedili e inginocchiatoi. Il coro è diviso dalla rimanente parte della Chiesa con cancelli di ferro. Il pavimento è di pietre cotte; gli altari (cappelle) sono scavati nel muro e dipinti anche negli strombi dal celebre pennello di Benvenuto Garofalo ferrarese centocinquanta anni fa....la Chiesa è illuminata da una finestra rotonda, situata sopra la porta maggiore, munita di vetri e ferri lavorati; ha quattro finestrelle nel coro pure completate allo stesso modo. L'altare maggiore è sistemato di fronte alla porta ad arco. Si sale all'altare con tre gradini di pietre cotte e sul piano è sistemata una predella di legno. L'altare è interamente vuoto e isolato ( alla romana) con paliotto fisso e contiene un urna eseguita con mischia di marmo, nella si dice siano il corpo e le ossa di S.Oliviero Martire: presenta una grata di ferro che chiude una piccola finestrella aperta nel paliotto di scagliola. L'altare è ben arredato secondo le regole, soltanto ha una tela cerata sopra la pietra sacra che non è conforme alla norma. Dietro questo altare, infissa nel muro del coro, c'è l'immagine di S. Anna con altri Santi dipinti su tela. Presso l'oratorio ( nello spazio divisorio tra questo e l'Ospitale), in posizione elevata rispetto al tetto, pendono due campane con le funi e relative strutture portanti che si usano per invitare alla Messa e alle altre funzioni della Chiesa...."

La Chiesetta dell'Ospedale, scrive il Malagola,"… era composta di quattro cappelle. Oltre l'altare maggiore col suo coro, dipinte dal Garofalo, che aveva effigiato in una S. Provino Martire, fra S. Donnino e S. Francesco con S. Antonio da Padova e S. Lorenzo ai lati: nell'altra S.Antonio, coi simboli delle sue virtù e dei suoi miracoli: nella terza S. Giorgio in atto di uccidere il dragoe, con S.Agata e S.Lucia; e nell'ultima la Pietà con molte figure, tra cui S. Rocco e S. Provino…".

A conferma di ciò, Mons. Scurani, così descrive la Chiesetta suddetta nelle sua "Storia" desumendola, a mio avviso, dal Manoscritto ROMOLI:

"La chiesetta era composta, oltre l’altare maggiore col suo coro, di quattro cappelle minori dipinte dal Garofalo (Benvenuto Tisi 1481-1559), che aveva effigiato in una S.Provino Martire, su S.Donnino, e S.Francesco con S.Antonio da Padova e S.Lorenzo ai lati, nell’altra S.Antonio, coi simboli delle sue virtù e dè suoi miracoli: nella terza S.Giorgio in atto di uccidere il dragone, con S.Agata e S.Lucia, e nell’ultima la Pietà con molte figure, fra cui S.Rocco e S.Provino. in questa chiesa era anche un quadro dello stesso Garofalo, rappresentante i SS. Faustino e Giovita, che fu acquistato nel 1699 dall’Arciprete Zanni per la sua chiesa di S.Faustino, della quale forma uno dei principali ornamenti."

In questo modo l'immagina la Dottoressa Orianna Baracchi, con un bel paragrafo scritto seguendo la descrizione della Chiesa fatta nella relazione relativa alla visita pastorale del 1706 e sopra riportata:

"Quindi un'architettura armoniosa nella sua semplicità, impreziosita dagli affreschi che costituiscono un arredo murario non ingombrante e altamente qualificante. Oggi, dopo tutte le violenze subite, rimane ben poco dell'antico splendore. È scomparsa l'originaria porta ad arco, sono stati strappati dal muro gli affreschi più preziosi, è inesistente l'arredo artistico mobile: bisogna chiudere gli occhi e vedere con la mente - e con l'aiuto dei documenti - la policromia delle cappelle, incavate nello spessore del muro, esaltata da spalliere di "corame" stampato a disegni in oro e argento; e il trionfo di immagini focalizzate sull'altar maggiore: alti, sulle colonne esili sormontate da capitelli di marmo scolpito, due angeli d'oro -in legno scolpito e dorato- inginocchiati e con alti candelieri in mano vegliano sull'altare e sull'immagine sacra che guarda i fedeli dal fondo del coro."

Dalla Storia di Mons. SCURANI:

"Poco dopo la metà dello stesso secolo, mentre era Commendatario dell’Ospedale il Vescovo di Comacchio, Alfonso Sacrati, sorsero discordie per ragione di giurisdizione fra il Rettore dell’Ospedale e l’Arciprete di S.Faustino che pretendeva ingerirsi nella Chiesa (Arch.Vesc.), e nel 1591 vi morì il Conte Ercole Sacrati, Vescovo egli pure di Comacchio, alla memoria del quale venne apposta la seguente epigrafe in marmo collo stemma Sacrati e gli emblemi vescovili:

D. O. M.

CO: HERCULIS SACRATI EPI COMACHI

HUJUS XENODOCHII RECTORIS

PIETATE IN PAUPERES

MULTISQ. VIRTUTIBUS CONSPICUI

OSSA IN HUJUS TEMPLI SACRARIO

AN.SAL. MDXCI

QUO INVISENDI LOCI GRATIA

HUA ACCESSERAT RECONDITA

CAMILLUS SCALPHUS LAUDENSIS CUSTOS

IN HUNC LOCUM TRANSFERRI CURAVIT

AN. SAL. MDCXXIII

Il ristretto della visita Picenardi del 1706 ci dice semplicemente che l’Ospedale dei pellegrini di giuspatronato dei Signori Sacrati, veniva da essi amministrato, mediante un Rettore ed Economo."

L'Ospitale si mantenne e la Chiesa fu officiata fino al 1765, anno in cui furono soppressi, da Francesco III d'Este con chirografo del 25 maggio 1765 datato in Milano, ove si trovava al governo della Lombardia (nel periodo della minore età di Ferdinando d'Austria, promesso sposo della nipote Maria Beatrice, ultima discendente della casa d'Este) unendosene le rendite all'opera pia di Modena, nel cui archivio il Tiraboschi trovò molte delle notizie che con altre qui pubblichiamo.

L'ospitale divenne infermeria militare per le truppe Estensi nel 1648 e dovette subire l'acquartieramento delle truppe Imperiali nel 1691, delle truppe Sarde nel 1741 e degli Austriaci nel 1746.

La causa principale della sua soppressione furono le spese ingentissime che apportarono all'erario sovrano le grandiose fabbriche dell'ospedale (L'attuale ospedale Sant'Agostino di Modena) e dell'Albergo delle Arti (Palazzo dei Musei) sempre in Modena che indussero il Duca Francesco III a riversarle sulle corporazioni d'arte e religiose. Molte vennero obbligate a un contributo annuo e altre, fra cui l'Ospitale di Rubiera, soppresse ed i loro beni incamerati dall'erigenda Opera Pia Generale.

Così descrive il triste avvenimento il VENTURELLI:

"… Francesco III...con una fantasia che rasenta l’ingenuità, in un lungo arzigogolo, decanta lo sviscerato amore verso la classe dei meno abbienti e dei diseredati. Afferma l'incapacità amministrativa dei Sacrati, che per oltre tre secoli e mezzo avevano governato l'Ospizio, e sostiene che l'istituzione è ormai superata dal tempo, con esagerata previsione di pericoli sull'alloggiamento dei pellegrini, che egli definisce birbanti, vietandone il ricovero, e dopo aver messo in dubbio la legalità dell'aiuto ai poveri di Rubiera, decreta e comanda la soppressione dell'Ospizio e l'incameramento dei suoi beni, all'erigenda Opera Pia Generale di Modena. Così per istituire una nuova opera di assistenza, se ne soppresse una quasi millenaria …"

E Mons. Scurani in questo modo ne riassume la fine sulla sua "Storia":

"Sul finire del Medio Evo, resosi meno sentito il bisogno di queste benefiche istituzioni, e forse anche per bramosia di chi anelava godere per se i beni accumulati lungo i secoli dalla carità cristiana, si cominciò a tramutare gli ospedali in semplici benefici ed a formarne altrettante commende, che venivano poi conferite a chi aveva maggiori protezioni. Tale è la storia dell’Ospedale del Ponte o di Cò di ponte, per essere fabbricato in vicinanza del fiume Secchia, sui detentori del quale fece poi giustizia sommaria nel 1768 il famigerato Abate Antonio Felice Bianchi Segretario del Duca Francesco III, sopprimendolo ed aggregandone i beni all’Opera Pia Generale di Modena."

In ambito ducale, tra il 1762 e il 1764, maturano tristi rivolgimenti in campo assistenziale la cui eco rimbalza, ovviamente anche a Ferrara e se ne ha la conferma quando, alla morte di Giulio Sacrati avvenuta nel 1764, il nuovo Patrono dell'Ospitale Francesco Marchese Sacrati Giraldi, ossequiando il duca scrisse "..vorrà usar meco i tratti della sua clemenza...per la continuazione dei feudi e per la conservazione dell'Ospitale di Rubiera...". A prescindere dal fatto che il Duca ha già un programma definitivo e che non sopporta varianti riguardo all'accentramento di amministrazioni e capitali di opere pie, chiese ed enti ecclesiastici in unico grande calderone come l'Opera Pia Generale dei Poveri di Modena, il nuovo Patrono non sa di essere stato scambiato, a causa dell'identico nome di battesimo, con quel Francesco Sacrati interdetto dall'amministrazione dell'Ospitale nel 1748 a causa di ripetuti brogli ai danni dell'istituzione che doveva soltanto governare, e morto poi nel 1756. Ma questo equivoco venne comodo al ministro del Duca Don Felice Antonio Bianchi i quale brigò e riuscì nell'intento di togliere l'Ospitale all'amministrazione dei Sacrati. Infatti nel 1765 egli scrisse al Procuratore ducale, certo dottor Tonani: "...Sua Altezza si è provvidamente proposta di convertire l'erogazione delle rendite del mentovato luogo pio a beneficio dei veri poveri contemplati dalla Pia mente e disposizioni dei fondatori. Su questa massima intende Sua Altezza che dalla famiglia Sagrati di Ferrara...sia rilasciata e ceduta l'amministrazione dei beni e rendite dello stesso Ospitale all'Opera Pia Generale de' Poveri di questa sua capitale...Sua Altezza sarà graziosamente disposta a riservare a favore e libera disposizione del Cavaliere Seniore, cui spetta....ducento scudi romani da pagarseli annualmente....perchè di questi possa disporre in elemosine a suo piacere...Su questo piano si attendono le risposte della famiglia Sagrati, la quale non si dubita, che non sia per prestarsivi...". Nel frattempo viene sostituito il Presidente economo dell'epoca con uno più fidato. La prima naturale reazione di Francesco Sacrati non si fa attendere: "...era mente di Sua Altezza che le elemosine si erogassero al vantaggio di quei poveri che egli sapeva essere più bisognosi e non per sollevare l'ozioso popolo di Rubiera, che punto non era stato prediletto da nostri Testatori. Questo discorso che esce da ogni mezzo termine di ragione, e che tutto si fonda nell'autorità non ammettendo veruna replica legale chiude la bocca al Curiale e a me..."

Francesco Sacrati che fu l'ultimo addetto al governo dell'Ospizio dovette subire la prepotenza del Duca che prelevò e portò a Modena gli arredi della Chiesa e ben 94 quadri di celebri pittori ?!?.

Così recita la notificazione del 1765 con la quale si decreta la chiusura dell'Ospitale, premessa al suo incameramento nell'Opera Pia di Modena:

NOTIFICAZIONE

a moltiplicità degli oziosi, e vagabondi, che vanno girando da un luogo all'altro in figura di questanti, e la maggior parte ancora sotto il manto di un falso, ed affettato spirito di penitenza, e di divozione in abito da Pellegrino abbandonandosi poi ad ogni disordine, e ad ogni sorta di licenza con disturbo, e pregiudizio della privata, e pubblica quiete, ha mosso più volte il provvido, e paterno animo di S..A. Serenissima a determinare, che né suoi Dominii non si permetta il passaggio, e molto meno il soggiorno di tal sorta di persone, se non colle molte salutevoli cautele prescritte né diversi proclami emanati a tale proposito con altre particolari ordinazioni aggiuntevi di tempo in tempo anche per il generale loro Bando a misura delle circostanze, che potevano far temere di maggiori inconvenienti.

Ciò però nonostante, il comodo, che hanno si fatti Birbanti dei diversi Ospizi, semprecchè sin presentano colla suddetta divisa di Pellegrini, presta loro una franchigia, per cui facilmente viene a rimanere deluso l'oggetto delle pubbliche provvidenze. Quindi a rendere almeno non tanto frequente, e meno famigliare il disordine, ed ik pericolo massimamente né Luoghi aperti, meno costuditi, e in conseguenza più esposti agli attentati della loro insolenza, è venuta l'A.S. Serenissima in determinazione d'interdire, come in virtù della presente notificazione per espresso suo Sovrano Comando s'interdice , e si vieta espressamente, e in ogni più assoluta maniera, che si ricevano, e si dia loro alloggio, e ricovero nell'Ospitale di Rubbiera intermedio alle due città di Modena, e di Reggio, attesa la particolare sua situazione nell'aperta campagna, ove tanto più francamente e impunemente resta loro libero l'adito a qualunque irregolarità, ed eccesso. Sotto pena adunque di Carcere, della privazione dell'Uffizio, e d'altra afflittiva anche più grave a misura dè casi s'intima ai Soprintendenti, Agenti, e Custodi dell'Ospitale suddetto di non dovere d'ora innanzi dar ricetto, né prestare qualunque siasi altra maniera d'asilo, e di sussistenza a qualunque Forestiere, questuante, Pellegrino, e Viandante, che si presenti sia di giorno, che di notte, e di dover d'incontro allontanare, e cacciare somiglianti Persone prontamente, anche con implorare, occorrendo, il braccio del Giusdicente Locale, degli Esecutori, e delle Milizie, per obbligarle a proseguire il loro cammino, e perché sieno anche arrestate in caso di indiscreta insistenza, non consentendo assolutamente i giusti riguardi della pubblica sicurezza, che nel mentovato luogo, e nel contorno si proseguisca a permettere a Costoro per l'avvenire di trattenervisi sotto alcun pretesto.

Avverta pertanto chiunque, cui spetta, di ubbidire, e d'invigilare con attenzione alla piena esecuzione della presente provvida Ordinazione, per non incontrare la giusta indignazione di S. A. Serenissima, e le pene esemplari, alle quali si procederà in ogni evento di contravvenzione.

Data in Modena li 29 Maggio 1765

CAMILLO POGGI

Pubblicata li 31 Maggio 1765

Giovanni Giacinto Maestri Not. Duc., e Cancell. Crim.

Il Conte Commendatore Antonio Greppi di Milano, avendo acquistato nel 1771, dall'Opera Pia Generale di Modena, tutti i beni, esenti da tasse, dei soppressi Ospedale e Convento dei Frati di Rubbiera, per la misera somma di L.92.000, chiese licenza al Vescovo di Reggio "di ridurre ad uso profano la Chiesa posta presso il soppresso ospedale". La richiesta non venne esaudita.

All'interno dell'oratorio rimanevano ancora, a quell'epoca, sei banchi per i fedeli, il coro ligneo dietro l'altare maggiore, i paliotti di scagliola dei cinque altari e un quadro raffigurante s. Anna e s. Antonio con relativa cornice rifinita con cimasa. Anche se non officiato ed eternamente chiuso, l'Oratorio rimane in essere almeno sino al 1792, come conferma la visita pastorale del Vescovo di Reggio Francesco Maria d'Este "...È da riflettere che l'oratorio pubblico di ragione del signor Conte Greppi se si trova in stato indecente non serve da molto tempo alla celebrazione della messa e intanto è durata la sua sussistenza non avendo accordato Monsignor Castelvetri la di lui soppressione in quanto che per il cambiamento delle vicende ecclesiastiche si è sperata qualche tempo fa la di lui riedificazione o ristoramento". Si può quindi supporre che la profanazione dell'Oratorio cinquecentesco si attui durante il periodo napoleonico. L'Ospitale fu ridotto in fattoria: i saloni, suddivisi con pareti, furono le irrazionali stalle per animali e le malsane abitazioni dei coloni. La Chiesa dopo essere stata malamente imbiancata, fu trasformata in magazzino per gli attrezzi agricoli e per legname e successivamente in fienile.

Il Venturelli descrive la nefasta opera nei capitoli "LA TRASFORMAZIONE IN FATTORIA AGRICOLA" e "LE CARATTERISTICHE ARCHITETTONICHE" della sua opera "LA CORTE":

"…L'Ospizio fu ridotto a fattoria: i saloni, suddivisi con pareti, furono le irrazionali stalle per gli animali e le malsane abitazioni dei coloni.

La chiesa, dopo essere stata malamente imbiancata nelle pareti e nelle paraste, fu trasformata in magazzeno per gli attrezzi agricoli e per il legname e successivamente in fienile.

Durante la prima guerra mondiale del 1915-18, fu adibita a stalla per i muli dei soldati della sussistenza, addetti al campo d'aviazione che in quel periodo sorse a Rubiera, nella località Paduli, a sud del centro abitato…. Per far si che il tempio non venisse più usato per scopi profani, fu negli anni seguenti arredato col minimo di suppellettili necessarie al rito religioso. Infatti in questi ultimi anni (1970 in poi) è stato ribenedetto e talvolta aperto al pubblico dei fedeli."

" Del vecchio pavimento, che era certamente in quadrettoni di cotto, non rimase nessuna traccia, perché forse erano stati consumati per l'uso del tempio come rimessa e fienile. Infatti ultimamente era di mattoni comuni, sconnessi e malamente rabberciati. Dopo aver rimosso tali mattoni e fatta la nuova pavimentazione con quadrettoni di cotto, vennero alla luce quattro tombe, ricordate nella domanda rivolta alla Curia Vescovile di Reggio da parte dell'economo dell'Ospizio, don Ippolito Manicardi, in data 13 gennaio 1682. L'economo chiedeva, ed ottenne il placet, di fare due tombe: una per la famiglia dell'Ospitale, l'altra per i pellegrini che accidentalmente fossero morti nell'Ospizio, accanto alle tombe preesistenti del Vescovo di Comacchio(Ercole Sacrati - 1591) ed a quella gentilizia dei Marchesi Sacrati (" …non trovandosi nella chiesa di sant'Antonio dell'ospedale di Rubiera che due sepolture, una per l'Ill.mo Pronotario e l'altra per gli Ecc.mi, e desiderando don Ippolito Manicardi, hora economo, di poterne fare anche per la famiglia di detto ospitale ed un'altra per li pellegrini, che per accidente potessero morire in detto ospitale, supplica pertanto V.S. Ill.ma et R.ma degnarsi graciarlo del Suo Placet") …."

Profanato e ridotto a legnaia lo trova Antonio Maria Boccolari nel 1804 quando cercando affreschi da poter "Strappare dal muro" capita a Rubiera.

Il Boccolari è un personaggio discutibile che diventa famoso durante l'occupazione napoleonica come critico d'arte addetto alla scelta dei quadri da inviare a Napoleone: il suo raggio d'azione è vastissimo ed esula dalle zone dell'antico ducato estense. Prima però di diventare importante, è un semplice restauratore.

Nel luglio del 1804, dopo aver staccato dal muro alcuni affreschi del palazzo di Scandiano, il Boccolari passa per Rubiera e visitando "una piccola Chiesa chiamata l'Ospitaletto...vi ritrova alcune pitture in cattivo stato e prossime a cadere in rovina…" e chiede il permesso alla proprietaria la contessa Margherita Opizzoni vedova Greppi di poterle staccare

Ottenuto il permesso inizia l'operazione il 4 ottobre 1804, come si ricava da una minuta di lettera inviata al Commendatore d'Este, datata 11 ottobre, in cui scrive "...in data dei 4 corrente mi portai alla chiesa dell'Ospitaletto. Arrivato a mezzogiorno, posi mano il giorno dopo all'opera che grazie a Dio fin ora è riuscita bene, mentre ne ho trasportati tra grandi e piccoli sedici; ora sto rivolendoli e desidero che le mie premure e fatiche vengano secondate dall'Eccellenza Vostra....lavorai per lo spazio di cinque giorni giacchè sono ritornato a Modena la mattina delli 11 non avendo lavorato la domenica..." gli stacchi fatti furono due ancone una rappresentante la deposizione di Nostro Signore e l'altra S.Antonio con varie figure, più vari (sedici) pezzi e teste di Santi. Le due ancone furono inviate a Milano alla contessa Greppi assieme ad una testa di Mercurio, gli altri quindici strappi furono dati, secondo il Boccolari, all'Accademia di Modena "per i primi saggi"

. Le suppellettili di quella Chiesa dell'Ospedale furono donate, dal Conte Greppi. in parte alla Chiesa Parrocchiale, ed in parte alla Confraternita dell'Annunciata, come due anni prima aveva donato il Corpo di S. Oliviero M., che riposava sotto l'altare maggiore, alla Collegiata.

Voglio finire il capitolo con le parole di Mons. Saccani che rendono bene l'idea della rovina dovuta alla negligenza, e alla avidità degli uomini:

"Chi andando a Rubbiera si porta alla distanza di mezzo chilometro dal Castello, fino al vasto caseggiato, che ancora serba il nome e la forma di Ospitale, e soprattutto entra nell'attigua e profanata Chiesa in cui sono ancora tracce molte di pitture riputate del secolo in cui quella Chiesa venne fabbricata, prova un senso di disgusto a vedere quanto possano gli uomini e più degli uomini i tempi anche sopra le più sante e le più importanti delle umane istituzioni."

 

CHIESA DELL'ANNUNCIATA

Almeno fin dalla metà del secolo XVI esisteva entro Rubiera una Chiesa (Così la definisce il Romoli nelle sue "Memore " : "...Umile e modesto Oratorietto con Cappella dedicata alla SS.ma Assunta..." della SS. Annunciata che vi manteneva un Rettore.

Ecco infatti la visita Cervini nel 1543 che ricorda: Ecclesiam S.Mariæ in Castro Herberiae in qua fit Societas S.Mariæ.

Allora ne era Rettore un don Geremia Valli. Dal 1545 invece fino al 1775, nel qual ultimo anno è registrata sotto il nome di Chiesa rurale dell'Annunciata della B.V. d'Erberia il Rettore ne è un Prospero Quintavalle di Reggio.

Proseguirono i Confratelli ad amministrare la loro Chiesa ed eseguire i vari Legati che la pietà dei fedeli aveva lasciati alla loro società, quando sul principio del 1700 ultimarono le trattative tenute coi PP. Conventuali della Madonna fuori di Rubbiera e loro cedettero con rogito del 14 aprile 1701 la Chiesa ed una possessione incaricandoli di tutti gli oneri e legati relativi. Entrarono infatti quei PP. In Rubiera (1709) e presero ad officiare la Chiesa che aveva tre altari ed era situata poco lontano dalla vecchia parrocchiale, probabilmente dove ora sorge la moderna Chiesa di S.Donnino, fondata dagli stessi Conventuali prima del 1718, coll'atterrare quella della S. Annunciata che da loro erasi cominciata a chiamare S. Francesco.

Pare che la Chiesa in discorso fosse di patronato dei Marchesi Sacrati, poiché veggiamo poco dopo che i PP ne hanno preso possesso, il Marchese Scipione donare le sue scuderie ai Confratelli perché vi costruissero un'altra Chiesa alla SS. Annunciata.

Tanto risulta dall'iscrizione che fu posta per gratitudine all'insigne benefattore, e che ancor si legge nella superstite Chiesa in allora costruita:

ALMAE DEIPARAE VIRGINI

SCIPIO DE SACRATIS

MARCHIO FERRARIENSIS

GENER AC PIETATE CLARIS. mus

AD HUJUSCE TEMPLI CONSTRUCTIO. Nem

HIC

DOMUM FUNDATAM DICANS

A.R.S.

A CONFRATRIBUS EJUSDEM

H.M.

AETERNITATI COMMENDATUR

MDCCXIII

La facciata della Chiesa fu poi costruita più tardi per munificenza di un Alessandro Berti come dall'epigrafe si ricava:

D.O.M.

PROSPECTUS HUIUSCE

OPUS

ALEXANDRI BERTI

PIETAS ORNAVIT

A.D. 1751

Su questo episodio, della cessione della Chiesa dell’Annunziata ai Minori Conventuali, Graziano Riccardo Canovi fa inserire sul Bollettino Parrocchiale "Comunità in Cammino", del Maggio 1997, il seguente articolo:

"Il 14 aprile del 1701 la Confraternita dell'Annunziata che era stata fondata nel 1465 procedette alla forzata rinunzia di tutti i beni a favore dei Minori Conventuali, che risiedevano dall'inizio del 1500 nel luogo ora chiamato Palazzo Rainusso. L'ordine venne dal Serenissimo Padrone Duca di Modena, per interposizione del Governatore Donelli che tramò e brigò pur di raggiungere il suo scopo. Potenziare il paese con istituzioni che dessero lustro a Rubiera. Il valore dei beni estorti provenienti dall'eredità Spinelli era superiore al miliardo attuale.

La Confraternita non era soppressa restava però in "bolletta dura". La Confraternita rimase in tal modo senza un luogo proprio dove celebrare le sue devozioni ed adempiere agli oneri derivanti dai legati fatti anche in tempi antichissimi.

Nessuno si perse d'animo e dopo estenuanti trattative riuscirono a farsi restituire una somma di denaro che era stata accantonata per procedere a lavori di restauro dell'antico Oratorio quattrocentesco che si trovava nel luogo ora occupato dall'attuale Chiesa Parrocchiale. Fu deciso di costruire un nuovo Oratorio sempre sulla strada detta Regia o Imperiale ed in tempi più antichi "strada Claudia". La costruzione ebbe inizio l'anno 1710 - la Confraternita si riunì il 24 agosto festività di S. Bartolomeo - data non certo casuale in quanto il titolo dell'Oratorio era in origine dedicato al detto Santo. Ancor oggi vi si conserva l'immagine presso l'altare di S.Rocco a mano sinistra entrando. L'atto notarile recita testualmente: "Esposero in oltre a loro Signori che si è dato principio a detta fabbrica, per la quale se le piacesse (ai Confratelli) sarebbe bene domattina implorare l'aiuto Divino e della Beata Vergine Maria nostra protettrice col fare cantare una Messa almen prima che si gieti la prima pietra". Le fondamenta erano già state scavate. Il Duca concorse con 1000 scudi a titolo si suppone di risarcimento per il sopruso imposto, la somma retrocessa dai frati era di lire 3000, fu venduta a Bartolomeo Venturelli un prato posto nei Paduli che non era stato requisito perché gravato del patto detto della "recupera", si procedette alla vendita di quattro biolche di terra in Bagno, sempre gravate del suddetto onere, un prete della famiglia Sacchetti cedette la sua pensione e tutti concorsero secondo le loro possibilità. Fu quella che comunemente si definisce la volontà del popolo.

In tre anni l'Oratorio fu innalzato, voltato e coppato. In un secondo tempo si fecero gli ornamenti, vale a dire gli stucchi e nella metà del '700 si innalzarono gli Altari. Uno a carico della Comunità dedicato a S. Rocco, l'altro dedicato a Sant'Alessandro e Santa Maria Maddalena, nomi dei coniugi Berti che lo fabbricarono, chiedendo in cambio la possibilità di accedere alla loro casa in due coretti posti a lato della cappella della quale erano Patroni. La facciata fu completata nel 1751 in quanto la confraternita l'aveva iniziata e aveva sospeso i lavori per mancanza di fondi.

Il 5 marzo del 1750 il Berti stende un rogito col quale si impegna ad acquistare dalla Confraternita "...le pietre e i materiali da forno esistenti in diversi luoghi (del paese)..." La Confraternita le aveva divise per non gravare eccessivamente il cortile di una sola persona. Il capitano Berti "...si obbliga di fare e construere...la facciata della...SS.ma Annunziata...". Solo in un secondo tempo verranno innalzare le cuspidi. Nel primo quarto dell'ottocento una fortissima scossa di terremoto danneggiò gravemente la cuspide centrale che reggeva e regge ancora oggi la croce di facciata. Ci si rivolse al Duca e si richiese un intervento che al giorno d'oggi sarebbe di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, la risposta fu affermativa ma solo per una volta. Se veniva un'altra scossa il problema sarebbe a carico della Confraternita. Nel 1943 furono demolite le quattro cuspidi laterali in quanto eventuali bombardamenti potevano causare crolli improvvisi con gravi danni alle persone. Il terremoto attuale e quello che lo ha preceduto hanno minato la stabilità dei volti. Le cuspidi sormontate dalle bocce in marmo non hanno risentito alcun danno. Fra le numerose iscrizioni scolpite sugli ornamenti che ornano il prospetto vi è la parte iniziale della bellissima preghiera che si cantava al Vespro per tutto il tempo Pasquale.

REGINA COELI LAETARE, ALLELUJA

(puoi gioire - o se preferiamo - rallegrarti Regina del Cielo. L’alleluia è una esclamazione gioiosa con la quale si loda la volontà di Dio).

A ricordo della costruzione ormai ultimata era visibile, dipinto su una colonna, un'iscrizione, che portava la data 1713, con la quale si ringraziava il Marchese Scipione Dei Sacrati per quanto aveva dato e donato. In origine la Chiesa era priva di cantoria ed aveva solo due altari laterali, era dotata di pulpito e di quattro confessionali a muro. Quasi subito dopo essere stata ultimata si sentì l'esigenza di dotarla di un organo ed allo scopo furono innestate le due cantorie sui pilastri che fiancheggiano il presbiterio.

Forse nello stesso periodo furono abbattuti due confessionali ed aperte due nicchie per collocarvi, in una la statua del Cristo morto e nell'altra l'immagine della Beata Vergine delle Grazie.

L'altare maggiore è di scagliola sulla parete dell'abside vi è l'immagine dell'Annunziata circondata da una fettuccia dorata tipicamente settecentesca di elegante disegno.

È questa un immagine di discreta fattura anche se poco visibile perché annerita dal tempo.

L'altare laterale di sinistra reca un quadro rappresentante S. Rocco (che è di proprietà municipale), quadro di buona fattura (Copia della scheda della "Soprintendenza arte medioevale e moderna" del 1.2.1939 è conservata presso l'archivio parrocchiale. Circa il quadro di S.Rocco vi si dice: "San Rocco, dipinto su tela del secolo XVII. Il Santo seminudo nel manto blu con in mano il bastone siede sul lettuccio ed alza al cielo gli occhi lucenti (...). nell'espressione intensa e nel caldo cromatismo venezieggiante è prossimo al Cavedoni. Valore: buono) per il quale esisteva un altro altare nell'antica Annunziata. Vi era stato posto anche quello, a ricordo di una delle tante pestilenze che in tempi lontani, erano frequenti. Il quadro attuale risale ai primi del '700 ed è un tipico esempio di pittura religiosa Emiliana.

In alcuni pieghevole, messi a disposizione della cittadinanza dai Confratelli dell’Annunziata, si ricavano ulteriori notizie sulle opere artistiche che in essa si conservano:

" L’Oratorio si caratterizza per l’equilibrio complessivo del suo interno e per il senso di sacro che vi si coglie. I tre altari principali sono ornati di pale su tela; nelle cappelle laterali, ai fianchi delle ancone, si trovano dipinti di minori dimensioni: l’Immacolata Concezione (prima metà del sec. XVIII, di scuola emiliana), San Gaetano da Thiene e la B.V.M. che contempla Gesù Bambino (A.Consetti 1684-1766), l’Assunta (sec. XVIII di autore ignoto), S.Bartolomeo Apostolo (scorticato) (a.1775, di scuola emiliana, di recente restaurato (anno 2000).(Il quadro raffigurante il Santo che viene riportato a nuova leggibilità e offerto alla devozione dei fedeli è di particolare importanza locale in quanto il Santo era titolare dell’Oratorio che divenne in un secondo tempo dell’Annunziata. Si è certi dell’epoca in cui fu dipinto in quanto presso l’Archivio di Stato di Modena si conserva un nutrito carteggio relativo alla sua collocazione all’interno dell’Oratorio a cura del sacerdote che godeva il beneficio sotto lo stesso titolo; il quadro è sempre stato nella SS.ma Annunziata ad adornare il lato destro della cappella di S.Rocco. Pur non essendo noto l’autore è possibile ipotizzare un deciso influsso del GUERCINO – Giovanni Francesco Barbieri, nato a Cento (FE) nel 1591 e morto nel 1666- in chi elaborò la vigorosa figura centrale del Santo. Meno convincenti, sotto il profilo figurativo, appaiono i lati del dipinto ove, a destra, emerge la figura di un angioletto che mostra la lama dello scorticamento, e a sinistra, la mano del Santo che regge la palma, simbolo del martirio). Esistono poi due cappelle minori dette della Madonna delle Grazie (olio su tavola del sec. XIX, di autore ignoto) e del Cristo morto, ove è alloggiata una scultura lignea di rozza fattura ma risalente a prima del 1620. Ivi è conservata anche una oleografia dell’Addolorata con cornice in stucco (se. XIX) ivi è ora custodita anche l'Addolorata, statua realizzata nel 1921 da F.C. Graziani di Faenza, restaurata recentemente (anno 2001). Delle pale poste sugli altari laterali non conosciamo gli autori. Esse raffigurano S.Rocco (sec. XVIII? - (Già nel precedente Oratorio dell’Annunziata vi era una tavola lignea dedicata a S.Rocco e a S.Sebastiano. Dell’attuale quadro, invece, non conosciamo né l’autore né il periodo di esecuzione; sappiamo però che, dopo la costruzione dell’Annunziata (1710-17139) la Comunità, nel 1730, mantenne continuità al voto per la scampata peste, facendo realizzare e collocare una nuova immagine. Il quadro, ora restaurato dall’attuale Amministrazione nell’ambito delle manifestazioni giubilari dell’anno 2000, presenta una notevole forza espressiva che l’autore ignoto ha saputo conferire al Santo che, pur in una situazione di prigionia e di abbandono, sembra prendere forza dall’illuminazione divina; un messaggio di speranza che il pittore, e i rubieresi, hanno voluto perpetuare nei secoli per evocare la grazia ottenuta in un momento di grave difficoltà.) e la B.V. e S. Caterina d’Alessandria (sec. XVIII, di autore ignoto) l’abside ospita una tela, di non grandi dimensioni, ove è dipinta una raffinata Annunciazione (sec. XVIII). …; nelle nicchie le quattro statue delle virtù realizzate da M.Borelli a fine ottocento. Un piccolo olio (30x40 ca)raffigurante S.Francesco da Paola del quale non è noto l'autore, pur potendo essere collocato nel pieno del settecento, così come l'elegante cornice coeva; si caratterizza per l'ottima realizzazione tecnica e la scelta iconografica, evidentemente legata ad una devozione introdotta in paese. Infatti San Francesco, prima come eremita e poi con i confratelli della compagnia da lui fondata ( i Minimi o Paolani), seppe diffondere, nel pieno del quattrocento e oltre, il motto mutuato dal Vangelo: "tutto con amore". Tale espressione si trova di frequente nei quadri che lo raffigurano sotto forma latina di "Charitas", come nel caso del quadro suddetto, ove il sole dell'amore irradia il Santo e la natura; tale ideale di vita è rafforzato dall'agnello, simbolo di mansuetudine. Una croce lignea, con applicazioni argentee, fu realizzata per ospitare la reliquia della S.Croce che è posta al centro dei due bracci. Il bene risale alla metà del secolo XVIII e venne donato dal capitano Alessandro Berti, grande benefattore dell'Oratorio; è sempre grazie a lui che fu possibile completare la facciata della chiesa, intorno al 1750. L'opera si caratterizza, sotto il profilo compositivo e della realizzazione, per l'equilibrio, la finezza dell'intaglio e le accurate applicazioni argentee; sotto quello teologico ha aspetti di particolarità. Infatti, mentre la sensibilità artistica e religiosa del tempo era ormai consolidata nella raffigurazione del Cristo sofferente, si da evocare l'immedesimazione nei patimenti del Salvatore, qui si privilegia, come già nell'interpretazione delle origini (es. le croci gemmate bizantine), la Croce come strumento di dolore ma anche luogo della Redenzione, dunque da onorare e venerare"

All'atto dell'inventariazione dei beni mobili, voluto dall'Ufficio Diocesano Beni Culturali, è stata scoperta una tela rappresentante la Madonna di Loreto. Essa era posta in una delle sacrestie della chiesa lacerata ed impolverata, dopo tanti anni di abbandono, che in occasione della Fiera di Settembre 2001 è stata restaurata a cura della Confraternita del SS.mo Sacramento. In una pubblicazione fatta per l'occasione a firma (R.G. Canovi - G. Notari) si legge, in merito, quanto segue:

"Una prima indagine storica ci permette di affermare che a Rubiera nell'antica Parrocchiale ora ridotta ad abitazione civile, esisteva un quadro della "B.V. di Loreto patronato Martelli" (Saccani 1912), secondo la visita pastorale del card. D'Este del 1652 … al centro dominano le figure ieratiche della B.V. e del Bambino, entrambe fasciate in trine preziose e adorne d'oro e di gemme, riproposte sul modello lauretano. Ovvero le statue in cedro del Libano della Madre e del Figlio venerate fin dal quattrocento. A movimentare la composizione, una numerosa schiera d'angeli in preghiera, sulla destra, un Santo con giglio (S.Antonio Abate o S.Francesco da Paola). È individuabile anche un borgo montano, sotto l'effigie della Madonna, forse raffigurazione di Loreto. .. Dell'autore non abbiamo notizie, ne comprendiamo però l'alto livello qualitativo e la dimestichezza con i grandi del cinquecento e del seicento emiliano: gli angeli, in particolare, risentono della lezione del Correggio nel Duomo di, Parma."

Da uno studio effettuato sul dipinto dallo storico d'arte della "Soprintendenza patrimonio storico - artistico di Modena e Reggio Emilia" Prof. Angelo Mazza in occasione della sua esposizione definitiva entro la Chiesa avvenuta il 27 Settembre 2003, risulta che l'autore è un "Pittore degli inizi del sec. XVIIsi tratti di un pittore reggiano che da un lato riflette sulla situazione bolognese e dall'altro partecipa degli esiti del tardo manierismo parmense. … di questo artista non è possibile fornire il nome: e tuttavia possiamo dire che il dipinto di Rubiera non è isolato: a questo possono essere associate altre tele in edifici di culto dell'area reggiana, anch'esse purtroppo prive di documentazione antiche sul loro autore."

Al momento della costruzione della Chiesa si pensò di ornarla con quattro statue, ma per motivi diversi non se ne fece nulla. Nel 1888 con la vendita dei gioielli offerti alla Beata Vergine delle Grazie furono commissionate allo scultore Medardo Borellli di Montecchio quattro statue rappresentanti le quattro virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza). La confraternita riuscì, anche se privata dei beni materiali, a dotare la Chiesa di tutto il necessario ed a curarne il decoro in ogni suo aspetto. Ma con la Rivoluzione Francese e la soppressione delle associazioni religiose ne fu decretata la chiusura (1798) e qui ricordiamo quanto scrisse il Romoli nelle sue memorie che "il popolo riunitosi per pregarvi si ritirò all'interno recitando ad alta voce il rosario".

Nel 1808 l'Arciprete Chierici (1791-1836) costituì a Rubiera la confraternita del Santissimo Sacramento la quale sostituì, nella cura della Chiesa, quella dell'Annunziata e questo fino al 1915, quando trasformata in deposito di foraggio e quartiere di soldati non fu più officiata.

La chiesa restò così chiusa e solo nel 1946, essendo Arciprete don Bazzani (1904-1951), ma per interessamento del curato don Antonio Guidetti, in ringraziamento per essere stato il paese preservato da gravi danni durante la seconda guerra mondiale, vi furono compiuti alcuni lavori di restauro sia esterni che interni. Ne fu ripresa in forma ridotta anche l'officiatura come lo è attualmente.

La chiesa è stata dotata di recente, dalla Congregazione del Sacro Cuore, di un buon organo antico (circa della fine del '600) con integrazioni ottocentesche, ed è stato restaurato dal maestro organaro Pier Paolo BIGI; inoltre vi sono stati compiuti lavori di restauro per quel che riguarda l'arredo del quale è abbondantemente provvista.

Pure Mons. Scurani nella sua Storia ricorda in questo modo la Chiesa della SS. ANNUNCIATA:

"È questa l’unica Chiesa esistente anche al presente. Essa è sita entro il borgo, a poca distanza dalla parrocchiale e prospetta essa pure sulla via Emilia. Almeno fino dalla prima metà del secolo XVI esisteva entro il Castello di Rubiera una Chiesa intitolata a S.Maria, ufficiata dalla Confraternita dell’Annunziata, che vi manteneva un Rettore. Infatti la visita Corvini del 1543 fa menzione di una … Ecclesia di S.Maria in Castro Herberia in qua fit societas S.e Mariæ … Trovavasi questa circa nel sito occupato presentemente dalla parrocchiale, ed aveva tre altari, una dei quali dedicato a S.Bartolomeo, del quale nel 1543 era rettore un D. Quintavalla di Reggio. La chiesa era di antica struttura e soffittata, anzi in istato cattivo , allorchè il 4 aprile 1701 con rogito di Marcello Giuseppe Cappardi i Confratelli la cedettero ai Minori Conventuali, che avevano stanza fuori di Rubiera e che avevano cercato di entrare in paese. I Confratelli, oltre la chiesa, cedettero ai Frati tutti i loro beni, eccetto un prato detto Il Pavullo ed altre terre acquistate già da certa Cleopatra Barozzi Grillenzoni, a condizioni che ricostruiscano la chiesa ed un Convento per abitare entro Rubiera ed insegnare la grammatica ai fanciulli del paese, di fronte a un certo emolumento da prestarsi dalla Comunità, che fabbricavasi ancora una camera ed un altare ad uso dei Confratelli, e che uno dei Padri si prestasse gratuitamente a fungere da cappellano della Confraternita, adempiendone i legati. I Frati, venuti in possesso della Chiesa la fecero tosto atterrare e fabbricarono l’attuale Chiesa Parrocchiale che, come abbiamo visto, cedettero nel 1723 alla Colleggiata. I Confratelli poi, forse vedendosi negletti dai Religiosi, edificarono un’altra chiesa per loro uso, che è poi l’attuale chiesa Dell’Annunciata, concorrendovi anche il Marchese Scipione Sacrati che donò a tal uopo le sue scuderie, ed i Confratelli riconoscenti fecero apporre nella nuova chiesa la iscrizione che ancora vi si legge: vedi sopra. La facciata fu poi compita nel 1751 per beneficenza di Alessandro Berti. Questo insigne benefattore morì nel 1759, ed è pure ricordato con questa epigrafe:

  1. O. M.

ALEXANDRO BERTI

CONIUGI DILECTISS

E VIVIS EREPTO

MAGDALENA CHECHERI BERTI

MOERENS UXOR

ANNO R.S. MDCCLIX

Questa chiesa di buona architettura è ad una sola navata con tre altari, come

l’antica."

Nella circostanza dell’anno giubilare 2000 i confratelli del SS.mo Sacramento della Parrocchia di Rubiera eretta nell’Oratorio della SS.ma Annunziata così riassumono, in un pieghevole scritto per l'occasione intitolato "L'Oratorio della SS.ma Annunziata di Rubiera - Un edificio nel cuore del paese", la storia della loro Chiesa:

" L'Oratorio della SS. Annunziata sorge di fronte alla sede municipale di palazzo Sacrati; la costruzione dell'edificio ha inizio il 24 Agosto del 1710 a cura e spese della Confraternita che ne porta il nome. Il marchese Scipione Sacrati aveva in precedenza ceduto alla Confraternita l'area, acquistata dai suoi avi nel 1480, ricevendone in cambio 425 scudi ed imponendo ai Confratelli alcuni oneri; i lavori procedono rapidamente ed il tutto viene innalzato, voltato e coppato nell'arco di tre anni. La facciata è realizzata, secondo l'attuale configurazione, nel 1751 con denaro elargito dal Capitano Alessandro Berti; nello stesso anno viene completato, a spese della Comunità di Rubiera, l'altare dedicato a San Rocco. Alla fine del sec. XVIII va fatta risalire la costruzione delle due piccole cappelle dette del Cristo Morto e delle Grazie, inserite nei corpi di fabbrica che si appoggiano alla struttura centrale.

Nell'Informazione stesa nel 1791, per la visita pastorale del vescovo Francesco Maria d'Este, l'arciprete don Filippo Giacomo Chierici riferisce di aver fatto "errigere una specie di torre e fatto fondere una campana nuova...".

Nel 1983, ad iniziativa della Confraternita da poco tempo ricostituita, viene sistemato il sagrato. Nel giugno del 1987 si dà inizio al restauro della risanamento della copertura e delle due navatelle laterali. Nel 1992 si pone mano alla facciata, fortemente degradata nelle parti aggettanti. Il terremoto dell'ottobre del 1996 rende di nuovo inagibile il tempio; dopo una chiusura di due anni e solo nell'agosto del 1998 si dà corso alla radicale "messa in sicurezza" dell'Oratorio, ora del tutto fruibile.

La SS.ma Annunziata è pervenuta in formale proprietà della parrocchia di Rubiera solo nel 1988, a seguito delle leggi conseguenti agli accordi di revisione del Concordato; l'Oratorio è concesso in uso alla Confraternita del SS.mo Sacramento ed è sede del medesimo sodalizio.

Va ricordato come nel 1701 l'allora confraternita dell'Annunziata avesse dovuto abbandonare, per le superiori pressioni, la propria sede quattrocentesca, quella chiesa cioè che sarebbe poi diventata l'attuale parrocchiale. Ecco perchè, dopo pochi anni da quel forzato abbandono, i confratelli si misurano nella costruzione di un nuovo edificio. Alla fine del secolo l'Annunziata viene forzatamente chiusa dal governo napoleonico. "Privata dei suoi beni e dei sacri arredi fu ordinata la chiusura nel 1798 la quale si effettuò in mezzo al compianto generale del popolo che si ritirava piangendo ed ad alta voce dicendo il Rosario", così scrive lo storico locale Romoli nel suo manoscritto del XIX secolo, recuperando dalla tradizione orale quel doloroso momento. La situazione non è accettata dalla popolazione che ne chiede la riapertura; nel 1800 l'edificio sarà riaperto al culto, diventando subsidium cure della Parrocchiale. Nel 1808 l'arciprete don Filippo Giacomo Chierici rifonda la Confraternita sotto l'unica forma possibile per il governo d'allora, cioè il SS.mo Sacramento con sede nell'Oratorio dell'Annunziata.

Tale situazione, di fatto e di diritto, si è mantenuta nel tempo; l'odierna Confraternita del SS.mo Sacramento ha, ancora oggi, la custodia dell'Oratorio e si prodiga, a proprie cure a spese, nell'effettuare i lavori necessari per la conservazione e il restauro dell'edificio la cui destinazione al pubblico culto è in tal modo preservata.

Particolare e sentito è il legame che i rubieresi hanno con questo edificio sacro, la cui frequentazione, anche al fuori delle solennità liturgiche in cui è officiato, è costante e generosa."

 

CONFRATERNITA DELLA SS.ma ANNUNZIATA

Dalle "Memorie Storiche" del Romoli si estrae la storia di questa Confraternita che ha ricoperto un ruolo importante nella storia Ecclesiastica di Rubiera e che tuttora esiste nel paese col nome di "Confraternita del SS.mo Sacramento":

"Fra le corporazioni religiose che a decoro e utilità del nostro paese, esistevano ancora sulla fine del secolo scorso, primeggiava per antichità e per censi la Confraternita della SS.ma Assunta. Benchè non si conosca esattamente a quale epoca rimonti la sua fondazione pare che, da una lettera del Rinaldi don Giuseppe che era Cappellano nel 1701, abbiamo ragione di farla risalire al secolo XIV. La troviamo di fatto sulla metà del '500 fiorente di credito e di dotazioni, con Oratorio proprio per le adunanze della Compagnia e con ufficiature e solennità sostenute coi redditi della Confraternita stessa. E tanta ne era la pubblica estimazione che dopo la peste del 1630 la Comunità erigeva, nel suo Oratorio e a spese proprie, una Cappella dedicata a S. Rocco con voto solenne di celebrare in perpetuo la Festa del Santo in commemorazione della superata calamità. Più tardi il Marcello Spinelli lasciava, per volontà testamentaria, l'intero suo patrimonio alla Confraternita con l'obbligo di erigere, nell'Oratorio, un altare dedicato a S.Marcello e di celebrare in perpetuo una messa quotidiana all'alba del giorno...per comodo degli artieri e del popolo che guadagnava giornalmente il vitto lavorando...Ma la conseguita eredità doveva costare cara alla Confraternita. Infatti i Minori Conventuali che avevano anelato alla stessa eredità e che, per disposizione fatta in precedenza avevano ragione di esserne sicuri, vedendosi diseredati se ne offesero vivamente e rivolsero ogni arte sottile, contro gli eredi, per rivendicarne il possesso. Non vi fu insidia che non fosse tentata e fieramente condotta a pregiudizio e danno della Confraternita e gliene offriva appiglio una clausola del testamento la quale citava che, in mancanza dell'osservanza degli obblighi contratti coll'accettazione del testamento, imponeva alla Confraternita di versare 100 ducatoni a favore dei PP. Conventuali fuori di Rubiera, per assolvere gli obblighi inosservati. Arrivò l'occasione propizia quando per intercessione del Duca Rinaldo I° venne concessa la formazione di una Colleggiata di Canonici da istituirsi in Rubiera (1704). Tale fondazione dava diritto alla Sacra Congregazione di introdurre, secondo la Costituzione Ecclesiastica, un Monastero di religiosi regolari nel paese, e i PP. Conventuali ne colsero il destro per introdurre il loro Convento a scapito e pregiudizio della Confraternita. Furono così iniziate con abilità trattative e furono fatte proposte per indurre la Confraternita a far loro cessione dell'Oratorio e sue adiacenze, offrendosi di indennizzarla con l'equivalente a giudizio di periti. Questo per edificarvi la nuova Chiesa ed in seguito il nuovo Convento. Di tutto ciò ne informarono il Duca per l'approvazione invocando l'interposizione del suo comando, giacchè i fratelli, che avevano troppe ragioni per diffidare della proposte dei Padri, resistevano inesorabili a qualunque trattativa. Ma il Donelli, allora governatore di Rubiera e propenso ai frati, sollecitò il Duca ad emettere un ordine deciso in cui si comandava ai Confratelli un atto di "rinunzione" il che valeva ad una intimata soppressione. Chiamò infatti il Donelli i Confratelli in Comunità e perché non fuggissero all'imposizione mise i birri alla porta ed ivi diede lettura dell'intimata rinunzia. Fu forza subire dai Confratelli la legge della prepotenza che imponeva alla Confraternita della SS.ma Assunta di rinunciare a favore dei Minori Conventuali, non solo il proprio Oratorio, ma di più una casa, denari, possessione di beni, fondi, censi e azioni, fatto salvo di un prato nei Paduli di Rubiera e di terre acquistate, per conto della Confraternita, da Cleopatra Barozzi Grillenzoni tutto ciò a condizione che:

- i PP. Conventuali si assumessero gli obblighi, le consuetudini e gli aggravi della Confraternita;

- che venissero ad abitare dentro Rubiera fabbricandovi una Chiesa decorosa e annesso Convento;

- che fabbricassero una camera vasta con altare sedie e banchi e che abbia la porta verso la strada maestra della quale possa la Confraternita, a suo piacere, servirsene per fare la Congregazione e recitare i divini uffici in tutta libertà;

- che possano i Confratelli suonare le campane per la loro Congregazione e funzioni ed uno dei padri li serva gratis per cappellano;

- che le possessioni e beni rimanessero soggetti ai soliti aggravi

- che fossero tenuti, i Padri, a fare la solita scuola della Comunità a fronte del solito emolumento.

I Padri Conventuali accettavano il 16 marzo 1702 la rinunzia della Confraternita. I beni della Confraternita che passavano per tale atto in proprietà dei Minori Conventuali erano:

    1. - l'Oratorio con le sue adiacenze ed immobili;
    2. - una possessione in Casale S.Agata di hh 90 e tavole56 estimata come da relazione dei periti L. 30.900;
    3. - una casetta in Rubiera;
    4. - una annuo livello contro il beneficio di S.Bartolomeo in Ligonchio;
    5. - un eredità di Lire modenesi 3000
    6. - varie eredità per un totale di lire modenesi 1931,10.

La confraternita continuò nel possesso dei beni ceduti fino al 1707 dove per comando superiore consegnò con resoconto retroprospettivo il "posto" libero ai PP. I quali promisero...oltre le obbligazioni espresse nel primo rogito di rilasciare ai Confratelli tutto l'ammovibile della loro Chiesa e sagrestia e che li medesimi potessero servirsi della loro Chiesa finchè fosse proveduto il nuovo Oratorio...Frattanto rinnovandosi la famiglia dei frati (al guardiano Padre Ricchi subentrava il Padre Capezzi) nacquero nuove differenze di valutazione e nuove controversie sugli adempimenti cui era vincolata la cessione. Si passò quindi ad una nuova transazione (atto del 4 giugno 1709) con la quale i frati vennero esonerati dall'obbligo di edificare il nuovo Oratorio per la Confraternita. Composte in tal modo le convergenze, mentre i PP Conventuali si accingevano alla fondazione della nuova Chiesa (l'attuale Parrocchiale), con la cessione dei beni della Confraternita, questa fatta più forte dalla sopraffazione subita, coi pochi beni rimasti dalla transazione, colle oblazioni dei fratelli, dei fedeli devoti e colla protezione e favore della casa Sacrati (la quale donava l'area su cui fu fabbricata la nuova chiesa e buona parte dei materiali), ricostruiva in nome di Dio e della Beata Vergine un nuovo Oratorio di maggiori dimensioni del precedente e di lodevole architettura. E nel 1710 in luogo di rovine di fabbricati civili, sorgeva, come per miracolo la nuova Chiesa che tuttora si venera sotto il titolo dell'Annunziata. Condotta a lodevole compimento la nuova Chiesa con tanti sacrifici e ricominciata la nuova vita, quando la Confraternita aveva tutte le ragioni di rifarsi dei torti subiti e di ripromettersi un migliore e più stabile avvenire, l'imperversare della Rivoluzione Francese divorò e sovvertì usi, costumi, consuetudini, tradizioni, credenze e quanto di meglio aveva l'Italia in campo religioso. E nello scombussolamento delle innovazioni tumultuose e precipitose, soppresse anche questa istituzione incamerandone i beni per far fronte a quell'abisso di spese che portavano seco le armate Francesi.

(Furono sciolti, il 20 giugno 1798, i Capitoli, le Collegiate, le Confraternite, soppressi gli Agostiniani venne pure la volta dei Conventuali di S.Francesco, delle Bianche, delle Cappuccine e delle Canonichesse Lateranensi)

L'avvento delle repubbliche napoleoniche (1796-1802) crea scossoni anche a Rubiera: i paesani si mostrano però restii ad accettare il nuovo assetto politico e da una relazione dell'epoca apprendiamo ce i "rubieresi non aderiscono a costo di rimetterci il sangue". Gli stessi sacerdoti della parrocchia esprimono segni di aperta insofferenza. Rubiera subisce un duro contraccolpo nella stessa organizzazione parrocchiale in quanto, dopo la soppressione della Confraternita dell'Annunciata, anche il Consorzio dei Preti e la Collegiata sono eliminate a seguito del Concordato del 1804.

Di seguito riporto l’atto di scioglimento della Confraternita voluto dalla Repubblica Cisalpina il 20 giugno 1798 (10 Messidoro anno VI)

 

 

IN NOME DELLA REPUBBLICA CISALPINA

Confraternita dell’Annunziata 34

di

Rubiera

Libertà Uguaglianza

Nel Nome del Signore Iddio, e della Repubblica Cisalpina una, ed indivisibile nel giorno 10 Termidoro anno VI Repubblicano Indizione prima giorno 28 giugno 1798 V.S.

Essendo stato il Direttorio Esecutivo autorizzato dalla Legge 19 Fiorile a procurare dei mezzi onde soccorrere ai bisogni dello Stato col sopprimere, e concentrare le Corporazioni Religiose, richiamandone li beni alla Nazione, e considerando egli che le attuali urgenze della Repubblica gli impongono di porre immediatamente mano a tali misure, ha determinato che fossero richiamati alla Nazione i beni, ed Effetti fra le altre della Confraternita dell’Annunziata di Rubiera come da estratto dei registri dello stesso Direttorio Esecutivo che si unirà in fine del presente.

Ed avendo in esecuzione del surriferito Direttoriale Estratto il Ministra degli affari interni con di lui lettera invitato l’infrascritto Commissario del Potere Esecutivo a dare le più preste disposizioni perché le superiori determinazioni sortissero il pieno loro effetto nel modo più regolare, e cauti, coll’intervento anche dell’Agente dè beni Nazionali

Il cittadino Bartolomeo Marchini Commissario del Potere Esecutivo presso il Dipartimento del Crostolo, coll'intervento, come sopra, del Cittadino Antonio Chierici odierno Agente dei Beni Nazionali ed alla presenza degli infrascritti testimoni si è trasferito in Rubiera ed ivi ha fatto unire gli individui di detta Confraternita nel luogo di ordinaria loro unione , dove sono intervenuti in quel numero che si vedrà nell’unito elenco.

Quindi il prefato Commissario ha invitato il Cittadino il Dr. Corvini già Segretario a notificare le succennate superiori determinazioni, lo che fu da lui eseguito, leggendo le medesime a chiara voce per comune intelligenza delle singole persone astanti.

Ed in esecuzione di quanto sopra lo stesso Cittadino Commissario ha notificato, e notifica a tutti e singoli gli individui suddetti che rimane, e resta perpetuamente soppressa, ed abolita la loro Corporazione, e che d’ora in avanti cessa la sua legale esistenza, e che perciò ciascuno di essi deporrà ogni distintivo di detta Confraternita.

Attesi li quali ordini di soppressione essendosi reso vacante tutto il Patrimonio di detta Confraternita, lo stesso Commissario ha dichiarato, e dichiara che il suddetto Agente debba prendere, come egli prende in virtù del presente pubblico atto, ed in nome della Repubblica Cisalpina il civile, e naturale possesso di tutto il Patrimonio di detta Confraternita e sue pertinenze.

E perché constar possa delle sostanze appartenenti alla detta Confraternita soppressa, si faranno coll’opera delle persone necessarie gli inventari di tutte le sostanze si attive, che passive, e si restringerà il conto di Cassa, si rileveranno gli crediti, e debiti, e tutt’altro di pertinenza della Medesima.

A quest’effetto si è dal prefato Commissario ingiunto, e si ingiunge sotto la rispettiva responsabilità a chiunque della detta Confraternita che aveva ingerenza nell’Economico, di manifestare col giuramento tutto quello, che in qualsivoglia forma è di pertinenza della detta Confraternita affinchè tutto passi in possesso della Nazione.

Frattanto resta incaricato il predetto Cittadino Agente di far seguire, ed assistere all’Inventario, e di assicurarne il deposito, mediante la deputazione d’un probo depositario dei Mobili della detta Compagnia, e degli Arredi della Chiesa, e Segrestia, e dei luoghi annessi a quella, dei quali se ne farà in seguito la stima da chi, e come verrà disposto dallo stesso Agente.

Gli ordini suddetti sono stati ricevuti dagli individui suddetti stati presenti colla dovuta subordinazione, e coll’obbligo di eseguirli.

Fatto, letto, e pubblicato in Rubbiera nel luogo della unione di detta Confraternita presenti continuamente li Cittadini Pier Giacinto del Citt. Francesco Terrachini, e Sacerdote Raimondo del Citt. Giuseppe Mozali, Reggiani Testimoni noti.

Pellegrino Dr. Beggi Notaio Delegato Nazionale delle predette cose fui rogatore.

Elenco degli individui componenti la Confraternita dell’Annunziata di Rubiera.

Ferdinando Mari Vice Priore della Confraternita

Luigi Bertuzzi Sagristano

Giuseppe Mari fratello in detta Confraternita e Municipale

Bartolomeo Venturelli Municipale.

Quali tutti trasferitisi nel luogo di solita loro unione fu sigillato alla loro presenza e dagli infrascritti testimoni l’Archivio ove esistono le scritture appartenenti a detta Confraternita con strettino tela rossa e con sigillo rappresentante una pianta con due leoni in piedi appresso ad una palla sopra con quattro bolli cera spagna rossa: e trattenuto presso di me il detto sigillo.

Fatto in Rubbiera nel luogo anzidetto il giorno 11 Messidoro anno VI Repubblicano presenti li Cittadini:

Pier Giacinto figlio del Citt.no Francesco Terrachini e Sacerdote Raimondo figlio del Citt.no Giuseppe Mozali Reggiani testimoni

Pellegrino Dr. Beggi Notaio Delegato Nazionale delle predette cose fui rogatore.

Privata delle sue dotazioni restò la Chiesa disadorna e abbandonata e non fu più che sussidiaria della Parrocchiale. Antica di più secoli finiva così la Confraternita dell'Assunta che tanto lustro e tanto decoro aveva donato al paese.

1701- La confraternita cede ai Minori Conventuali la Chiesa con annessa casa.

1722- I Confratelli liberano i Minori Conventuali dall'obbligo di fondare il convento purchè cedano la nuova Chiesa alla Collegiata dei Canonici.

1759- Alessandro Berti lascia un censo per decorare l'altare dedicato a S. Alessandro.

1798 -L. Annunziata fu chiusa per ordine della Repubblica Cisalpina.

1800 - L'Annunziata fu saccheggiata dalle truppe Francesi reduci da Napoli e trasformata in quartiere di truppe.

Fra le reliquie di proprietà dell'antica Congregazione primeggiava quella del Salvator Morto, alla quale era consuetudine una devota visitazione ogni venerdì e per la quale visitazione veniva concessa, nel 1688, una indulgenza di quaranta giorni.

Possedeva pure una reliquia del Legno della Santa Croce che si esponeva alla venerazione dei fedeli il Venerdì Santo e con la quale si dava la benedizione ai fedeli.

Possedeva inoltre una reliquia di S.Biagio Vescovo e Martire in teca d'argento di ...buon lavoro...Codeste reliquie furono sempre custodite dal Vescovo di Reggio.

Gli obblighi della Confraternita per constatare di quanto decoro essa fosse per il paese e tutti ufficiati a sue spese erano, nel nuovo Oratorio della Annunziata:

Prima del 1700, nel vecchio Oratorio erano:

Nel voto fatto a S.Rocco, nel 1632 in occasione dell'epidemia di peste, la Comunità si obbligava a mantenere accesa tutto l'anno la lampada della B.V. posta nella Chiesa dell'Assunta, come pure pagare L.5 al sagrestano per accudirne l'altare.

CHIESA DI S. MARIA DEL BOSCO

La chiesa fu fondata dai frati gaudenti nel 1275 nelle campagne al di sopra di Rubiera.

La prima memoria della chiesa di Santa Maria del Bosco l'abbiamo nelle abbreviature di Simone degli Allegrini notaio episcopale della fine del secolo XIV così espressa: qualiter illi de Bojardis de heriberia sunt patroni Sancte Marie de bosco in terra ruberie. Nel libro dei censi dell'Episcopato reggiano dell'anno 1523 al 40 è registrato il "Beneficium S. Mariæ de Boscho aliter fratrum Gaudentium in territorio Herberiæ", che per essere in territorio di Rubbiera deve essere differente da quella Chiesa o Bennefizio per cui il censo pagarono al Vescovo nel 1537 i Fratres S.Mariæ de S.Donino Fratrum Gaudentium, come ricorda il Tiraboschi, poiché quest'ultimi sono i frati Gaudenti della Congregazione di S.Maria che pagano il beneficio di San Donnino, probabilmente quello ora detto di Liguria.

Ai tempi del Card. Cervini (1543) non vi potevano più essere i frati Gaudenti ed allora la Ecclesia S.Mariæ de bosco in campanæ Herberiæ sine cura, non visitata, era retta da un don Domenico de Sormi. Dopo di questa data tu non trovi più la Chiesa di S.Maria del Bosco, bensì un benefizio di questo titolo, che ha durato fino a noi, eretto nella Parrocchiale di S.Donnino del Castello di Rubbiera.

 

CHIESA DI SANTA GIULIA

Quando Monsignor Lorencino di Monte Pulciano visitò nel 1543 il plebanato di S.Faustino a nome del Card. Amministratore della Diocesi trovò nel territorio di Rubiera una Chiesa dedicata a S.Giulia: visitavit ecclesiam Stae Juliæ in dicto districtu cuius est rector dictus dominus Camillus (Campana de Mutina), et invenit eam clausam....et sibi domino comissario relatum fuit solumodo in die festi dictæ S.tæ Juliæ Missam celebrari.

L'abbandono ed in conseguenza il deperimento crebbero in guisa che Mons. Antonio Marchesani, Vescovo di Città di Castello, Visitatore apostolico delle Diocesi di Modena e Reggio, in sostituzione di Mons. Vescovo di Utica, nel 1575 comandò che la Chiesuola di S.Giulia fuori di Rubiera, di cui allora rettore un don Francesco di Modena, venisse demolita: mandavit solo aequari. Fu demolita nel 1875.

Quegli ordini vennero certamente eseguiti perché tu non trovi più in carte posteriori la Chiesa di S.Giulia, ma solo un Beneficio di questo titolo, unito ad altro di S.Maria Novella ed eretto nella Chiesa di San Donnino. Anche al dì d'oggi il Parroco di Rubbiera ha per dote del suo Benefizio alcune terre nel territorio di Rubbiera dalla parte di mezzodì col nome di Santa Giulia; il che ci fa pensare o che quelle erano le terre dell'antica Chiesa, o che questa in quelle vicinanze fosse situata. (Alcuni resti di fondamenta trovati nel 1962, durante lavori fatti nell’Oratorio di S.Nicola, fanno presumere che essa fosse situata proprio al posto dell’Oratorio suddetto)

Trovo notizie su questa chiesa anche dalla Storia di Mons. SCURANI:

"Di questa Chiesa abbiamo notizie fin dal 1385 in un atto di affitto fatto l’11 novembre dai Frati del Parolo di un pezzo di terra in confine Ecclesie Sancte Iuliæ de heriberia (mem. Del Comune di Reggio ad annum p. 167). Nella visita Cervini poi del 1543 abbiamo che… Monsignor Lorencino di Montepulciano visitavit ecclesiam S.tæ Iuliæ in dicto districtu (herberiæ) cujus est rector dictuo D. Camillus (Campana) et inverit eam clausam, et sibi d.° commiss.° relatum fuit sallumodo in die festi dictæ Sanctæ Iuliæ missam celebrari (val. D. 15) L’abbandono di questa Chiesa crebbe in guisa che il Visitatore apostolico, mons. Marchesani, Vescovo di Città di Castello, nel 1575 ordinò che la chiesuola di S.Giulia, fuori di Rubiera, di cui era Rettore un D.Francesco di Modena venisse demolita. Il benefizio poi, unito all’altro di S.Maria Novella, venne trasportato nella Chiesa dei SS. Donnino e Biagio. Anche presentemente evvi una località nella campagna di Rubiera, verso mezzodì, che si denomina di S.Giulia. il benefizio di S.Giulia si componeva di due piccoli poderi (Arch. Vesc.)"

PUBBLICO ORATORIO DI S.NICOLA DA TOLENTINO

Nel 1687 il Dott. Nicola Soleri, originario di Carpi, essendo in quel tempo Podestà di Rubiera ed avendo prima abitato e poi acquistato in quel luogo una casa ed il terreno circostante, costruì un oratorio di piccole dimensioni dedicandolo al suo protettore (S.Nicola da Tolentino).

Lavori compiuti in quel luogo nel 1962 hanno messo in evidenza tracce di fondamenta preesistenti l'oratorio stesso, cosa questa che fa ritenere che l'oratorio di San Nicola sia stato costruito nel luogo stesso dove sorgeva l'antica Chiesa di Santa Giulia.

In origine esso consisteva del solo corpo centrale e solo verso la fine del '700 a cura di Giuseppe Medici, cittadino modenese, ma dimorante a Rubiera, furono aggiunte le parti laterali, allungata la facciata e sistemate le finestre dando ad esse forma quadrilobata.

In quel tempo l'oratorio era tenuto con molta cura anche perché il Giuseppe Medici, alla sua morte, avvenuta nel 1814, lasciava una somma di denaro affinchè vi fosse celebrata una messa tutte le domeniche (vedi seconda parte iscrizione posta sulla parete sinistra dell'oratorio).

Il Medici ribadiva inoltre quanto era già stato disposto nel 1704 da Nicolò Soleri circa l'obbligo lasciato ai suoi eredi e successori di celebrare ogni anno la festa di San Nicola e di distribuire il pane benedetto.

L'oratorio passò, col tempo, ad altre persone per diritto di successione e nel 1868 ne erano proprietari i fratelli Giuseppe e Clodoveo Torreggiani i quali chiesero una riduzione del numero delle Messe alle quali erano obbligati, cosa questa che non fu concessa.

Sempre nello stesso anno, il Vescovo Carolo Macchi obbligò i fratelli Torreggiani a restaurare l'oratorio in tutte le sue parti ed a rifornirlo di ciò che mancava e comandò inoltre di trasferire la Messa che vi si celebrava nella Chiesa Parrocchiale di Rubiera.

La vita dell'oratorio, aperto solo durante il mese di maggio e la festa del titolare, 10 settembre, continuò senza interruzione fino al 1949 quando durante la visita pastorale ne fu decretata la sospensione (non vi si poteva più celebrare nessuna cerimonia) in quanto ormai diroccato.

Il deterioramento continuò fino al 1963 quando essendone stata decisa unicamente la demolizione per la comprensione mostrata dal Signor Angelo Cocchi fu acquistato e restaurato in ogni parte a cura di privati.

Fu dotato di un piccolo campanile recante la campana originaria ed un'altra donata dal Signor Luigi Romoli.

L'arredo fu completamente restaurato e tutto ciò che era mancante fu acquistato col contributo di offerenti volontari.

Al 1973 risale la sistemazione del piazzaletto antistante con antichi mattoni in cotto sotto i quali esiste ancora l'antico pavimento di ciottoli di fiume.

L'interno contiene un quadro di modesta fattura rappresentante il Santo nel momento in cui riceve il pane benedetto dalla Madonna.

Il paliotto in legno, lacca e oro sostituisce quello in scagliola andato disperso e che al centro aveva raffigurato il Santo.

Tre iscrizioni, risalenti a varie epoche del secolo scorso, testimoniano che sotto il pavimento esistono tre sepolture.

La grande lapide, che sta al centro del pavimento, era situata in antico nella vecchia Chiesa parrocchiale e serviva a chiudere la tomba dei preti.

In un secondo tempo servì per chiudere l'ossario del vecchio cimitero posto subito fuori le mura.

Distrutto il cimitero servì a pavimentare un cortile privato e da li fu tolta per essere messa in luogo più adatto.

L'oratorio di san Nicola è il solo, di altri esistenti nella parrocchia di Rubiera, ad essersi conservato e ora è stato aperto al pubblico grazie l'interessamento di alcuni privati.

Il nome, Montecatini, luogo dove si trova l'oratorio, ha la sua origine dal fatto che i Sacrati, feudatari di Rubiera ed originari di Ferrara, chiamarono il Conte Battista Montecatini a coprire la carica di podestà dal 1553 al 1554 ed il Conte Alberto Montecatini come governatore dal 1593 al 1598.

Furono comprate delle terre che da loro presero il nome e l'antica casa di linea cinquecentesca che si trova dietro l'oratorio fu certamente la loro residenza estiva.

Alla morte del confratello del SS.mo Sacramento Sig. Canovi Riccardo (2001) il suddetto Oratorio di sua proprietà è passato, per volontà testamentaria, di proprietà della parrocchia di Rubiera.

 

I SANTI VENERATI IN RUBIERA

Oltre i Santi protettori di sempre della nostra parrocchia (SS. Donnino e Biagio) ve ne sono altri tre che vengono venerati, per motivi affettivi e storici, dai cittadini di Rubiera di cui una, Santa Concordia, venne eletta Protettrice per voto popolare.

 

SANTA CONCORDIA MARTIRE

Uno dei Protettori del Castello di Rubiera dopo i SS. Donnino e Biagio VV e MM. Titolari della Chiesa parrocchiale, è Santa Concordia Martire, le Reliquie del cui sacro Corpo riposano sotto l'Altare maggiore della principale Chiesa, e la cui immagine si trova collocata coi detti Santi nell'ancona del coro.

Fu un don Sabbatini (1621-1632) rettore della Parrocchia che nel 1621 ottenne da Roma queste S. Reliquie, estratte dalle Catacombe, e le collocò con molto rispetto e coll'autentica ricognizione di Monsignor Vicario del Vescovo sotto l'Altare Maggiore della sua Chiesa.

Non appena si conobbe dai Rubieresi il prezioso tesoro, di cui veniva arricchito il loro Castello, ricorsero fiduciosi all'urna della Santa, e furono felici di esperimentarne frutti di protezione e concordia, tanto che col fatto almeno ed unanimemente la scelsero per loro Protettrice.(Non essendo in allora anche uscito il decreto che stabilisce il modo dell'elezione dei Patroni, non ci consta se Santa Concordia venisse scelta tacitamente o con voto espresso dal popolo. È certo però che la Comunità di Rubbiera esercitò sempre una specie di ufficiale tutela sul Santo Deposito). Mosso dalla singolare protezione che la Santa accorda ai suoi devoti il Duca di Modena, Cesare d'Este, fece nel 1625 le pratiche opportune perché una reliquia di S. Concordia fosse a lui concessa da donarsi a suo genero il Duca della Mirandola, e da collocarsi nella Pieve di S. Paolo di Concordia; il che venne dal Parroco e dalla Comunità di Rubbiera volentieri eseguito, come da rogito 2 Aprile 1625 e dall'autenticazione che d'una reliquia di una gamba di S. Concordia fece il Vicario di Reggio sotto il 13 giugno successivo. In quell'occasione un'altra reliquia fu collocata in teca d'argento per la Chiesa di Rubiera.

Passarono cento e più anni allorchè in occasione del passaggio della Collegiata dalla vecchia alla nuova Chiesa parrocchiale anche il corpo della Santa colla sua urna fu, in forza dell'atto 6 ottobre 1722, trasferito solennemente nella nuova Chiesa e collocato nell'Altare Maggiore, sotto la triplice custodia dell'Arciprete, Consorziali, Comunità dapprima, poi dell'Arciprete, Canonici e Comune.

Non essendosi in quella contingenza fatta parola della reliquia che si custodiva nell'Ostensorio d'argento, con atto posteriore del 2 giugno 1723, fu convenuto, di consenso Mons. Vicario Generale, di dividerla in due parti, restandone una nell'Ostensorio di S. Biagio o Chiesa vecchia, l'altra da collocarsi in conveniente teca nella Chiesa nuova o di S. Donnino, sempre sotto la proprietà od il patronato della Comunità che faceva tutte le riserve del caso.

Alla fine del '700 delle truppe francesi di passaggio da Rubbiera imitarono i sacrileghi attentati d'oltremonte, aprendo, frugando, profanando Reliquie, e preziose cose asportando a Rubbiera ed altrove; l'arca di S. Concordia fu così violata. Partiti quegli empi, il venerando Chierici (1791-1836) Arciprete della parrocchia raccolse colle lacrime agli occhi il residuo delle Sante Reliquie, le ripose riverentemente in cassetta di legno appositamente preparata, e per autenticarle nel miglior modo che per lui si potesse, ripose entro quell'urna l'atto primitivo di ricognizione delle reliquie quando arrivarono da Roma, e del tutto stipulò atto solenne alli 8 ottobre 1799.

Ma tutto questo si era fatto senza l'intervento dell'ecclesiastica Autorità Superiore sola competente in questi casi. Piacque al Signore chiamare alla Sede di Reggio Monsignore Vincenzo Manicardi zelantissimo dell'onore delle S. Reliquie in genere e di quelle di Santa Concordia in ispecie, cui aveva appreso a venerare fin dalla sua infanzia in Rubbiera, da cui trasse l'origine e di cui è incontrastata gloria.

Desideroso questo prelato di accrescere il culto della Santa e dissipare tutti i dubbi che nella mente di alcuno potessero insorgere rispetto a quelle sacre Spoglie, fece aprire nel 1889 l'urna riposta sotto l'Altare Maggiore commendata alla custodia dell'Arciprete.

Esaminate quelle Sante Ossa ed accuratamente descritte, sentito il parere di due Canonici della sua Cattedrale Convisitatori della Diocesi, prese cognizione dell'atto puramente civile del 1799, e tenuto conto soprattutto dell'antica carta ritrovata nell'urna, che attestava l'identità delle S. Reliquie, nonché della tradizione e del non interrotto culto, pubblicò sotto il 30 dicembre 1889 nelle solite forme un decreto di ricognizione ed autenticazione del Corpo e delle Reliquie di S. Concordia Martire.

Quel giorno di nuova gloria brillò l'augusta Protettrice in cielo, ed i buoni gioirono come di fausto avvenimento.

Prima dell'infausta data del 1799 la festa di S. Concordia si celebrava solenne anche civilmente e con fiera nel mese di ottobre, dopo la ricorrenza di S. Donnino Titolare, dopo dal benemerito arciprete Chierici venne assegnata la festa al 13 agosto, nel quale il Martirologio Romano registra appunto così la memoria della compagna del martirio di S. Ippolito: "Passi sunt etiam eadem die beata Concordia ejus nutrix, quae ante ipsum plumbatis caesa, migravit ad Dominum; et alii decem et novem de domo sua qui extra portam Tiburtinam decollati sunt, et una cum ea in agro Verano sepulti". Supposto che la nostra Santa sia Vera Nominis, come tutto induce a credere e tenendo conto che in tutto il mondo nessun altra S. Concordia è venerata (Per persuadercene abbiamo consultato il generale "Repertorio delle sorgenti istoriche del Medio Evo" di U. Chevalier in cui trovasi il nome di tutti i Santi, Beati e Venerabili della storia cristiana) all'infuori della nutrice di S. Ippolito, è assai probabile che le preziose spoglie di questa illustre siano quelle venerate in Rubiera.

Sulle "Memorie" del ROMOLI troviamo una lunga descrizione della devozione a questa nostra Santa protettrice da parte dei nostri padri, che viene narrata con passione e con una vena pittoresca e popolare che sprona la fantasia a rivedere, come in un lungometraggio, le grandiose feste che i nostri padri facevano in onore di S.Concordia:

"I padri nostri venerarono con singolare devozione S.Concordia come patrona e tutrice del paese. A lei consacrarono la Chiesa ove si conservarono le sue ossa. A lei specialmente si dedicò l'ancona e il quadro dell'altare maggiore. A lei si dedicava il giorno della sua traslazione come sagra solenne del paese con fiera (Procedeva la reliquia in ricco trono in mezzo alle armonie musicali della banda, al devoto salmeggiare dei frati, all'inneggiare maestoso delle confraternite, al mormorio delle bisbigliate litanie, allo scampanio grosso e festivo dei sacri bronzi, agli scoppi delle artiglierie che dai baluardi tiravano a festa, preceduta in lunga fila devotamente inneggiante dalla confraternita della Nunziata, dal Consorzio dei Preti di Rubiera e dai membri della Corte Ospitale). A lei si ricorreva nelle pubbliche e private calamità come sicuro rifugio. A noi i padri nostri tramandavano come eredità la testimonianza di quel culto e di quella devozione. Come rispondemmo noi a quel legato morale? Da qualche anno vedo andare in declino quella devozione, trascurata la sua festa, scompagnata la Santa dal compatrono S.Donnino, scomparsa la fiera che si faceva nella sua festa, messa, ormai la Santa, al rango dei Santi comuni....Riassumerò, pertanto, quanto di meglio ci conservò la tradizione e quanto, ancor bambino raccolsi dalle labbra dei miei padri che pur furono testimoni dei pericoli corsi dalla Sacra reliquia. Si raccontava e si credeva dai padri nostri che il Sacro corpo di S.Concordia fosse acquistato da un Cappellano di Rubiera andato a Roma in pellegrinaggio. Primo miracolo della Santa vuolsi al suo arrivo in paese. Giunto sul fiume (Secchia?) il buon prete che a spalla di sommiera portava la Sacra reliquia dicesi che le campane annunciarono l'arrivo suonando a festa per opera di miracolo e non mosse da uomo per cui, il popolo, mosso dal meraviglioso portento, corse ad incontrarle. Altro miracolo della Santa l'aver salvato il paese da una minacciata inondazione. Sulla metà del'600 era minacciato il paese dal Secchia il quale, per frequenti e paurose piene, aveva disalveato fino a portarsi sotto al mulino. La piena grossa, impetuosa e crescente minacciava il paese. Si espose la Sacra reliquia e processionalmente si procedé contro le acque che recedettero man mano che la processione avanzava e parve, a quel tempo, che detta reliquia avesse virtù speciale di scongiurare i pericoli portati dalle acque. La data di sua traslazione (confermata dalla tradizione che viene osservata) ci viene assicurata dalla seguente lettera, nella quale la Comunità scriveva a S.A.Serenissima il Duca di Modena, il 2 ottobre 1621:

"Il nostro Rettore ha impetrato da Roma il Corpo di S.ta Concordia Martire Romana, quale dono a questa Terra e viene anco presa in protezione e per avvocata di Noi; e abbiamo determinato fare la traslazione domenica prossima, giorno settimo del presente, che sarà della fiera di S.Donnino; e sebbene il peso di celebrare tale solennità con quel culto che si deve, alle nostre forze è ineguale, nulla di meno vogliamo ciò fare con quel maggior spirito che abbiamo e di perciò desiderosi che anche Lei sia parte di questa solennità mandiamo il presente a posta per darne parte a Vostra Altezza Serenissima e supplicare a farci grazia del suo aiuto in tale occasione e concorrere per onore di detta Santa a parte della sua intercessione, comandando al Signor Governatore che faccia tirare nell'ingresso che farà la processione dentro la terra tutta l'artiglieria e farle dare la polvere necessaria per tal bisogno. Che, oltre l'A. V. S. farà opera gratissima a Sua Divina Maestà e a S.Concordia, noi le resteremo obbligatissimi".

Che avvenisse di fatto la traslazione in tal anno e giornata lo attesta il resoconto dell'anno stesso ove la comunità dice aver sopperito a tale spesa senza far debiti. In ricambio del concorso di S.A.S. a decorare la Santa Funzione ed in segno di gratitudine, il 21 marzo 1625, il Governatore Cimicelli a nome del Rettore, dei sacerdoti e della Comunità di Rubiera, mandava l'osso della gamba di S.Concordia, legato in argento, ,in dono a S.A.S. Resta quindi provato, in tali documenti, l'epoca in cui Rubiera fece l'acquisto delle Sacre Reliquie e come il paese la riconobbe avvocata e patrona, associandone la festa a quella di S.Donnino, protettore principale ed antichissimo e titolare dell'antica Chiesa di Rubiera. Si conservò nella vecchia Chiesa finchè rimase parrocchiale, dentro un'arca, onestamente decorata, sotto l'altare maggiore e chiusa a tre chiavi delle quali una teneva il Rettore pro-tempore, la seconda il Consorzio dei Preti e la terza la Comunità che aveva ragione di condominio per concorso alle spese di prima traslazione, della sua festa e di solennità che per causa pubblica s'avesse da esporre la S. Reliquia. Nel 1722 in occasione del passaggio dalla vecchia alla nuova parrocchiale, questa fu dedicata a S.Donnino e S.Concordia che furono sempre invocati come compatroni. La repubblica Francese e il governo napoleonico sopprimendo la confraternita della Nunziata i Consorziali e i Canonici, impoverì la Chiesa, l'alito irreligioso dell'epoca irrideva il culto come superstizione e come idolatria, ma non cessò per questo la venerazi0one dei devoti, ne mai se ne dimenticò la festa anche se spoglia delle mondane manifestazioni. Alle circostanze malauguranti che ne scemavano e ne difficoltavano il culto, doveva soprattutto aggiungersi il pericolo in cui incorsero le sacre ossa durante l'occupazione di Rubiera da parte delle truppe Francesi. Dal Rogito dell'avvocato Malagoli, vicereggente di Rubiera (8 ottobre 1799) si legge: che l'armata francese, reduce da Napoli, nei giorni 12-13 giugno 1799 invase e mise a sacco il paese e non rispettando ne tempio ne tabernacolo e ne le urne delle sacre Reliquie, posò le mani sacrileghe nell'urna dove si conservavano le ossa di S.Concordia che si trovava sotto l'altare maggiore, chiusa in triplice cassa..."presero alloggio nella Chiesa un corpo di truppe e dopo aver ruinato la Chiesa, aperti i vasi sacri, lacerati gli indumenti e mossi da lusinga di trovare oggetti preziosi, scassinarono la cassetta esterna, forarono e ruppero la cassa e ritrovatovi solo le ossa le presero e le dipsersero"... Partite finalmente le truppe fra attoniti e spaventati , l'Arciprete don Chierici, Vicario Foraneo, con altri testimoni e rogito del D. Mignani di Correggio giudice allora in Rubiera..."furono in allora raccolte le ossa disperse e furono consegnate all'Arciprete per serbarle da maggiori pericoli. Ma avvicinandosi il giorno della sua festa furono esposte alla pubblica venerazione nel loro primitivo posto. Il che fu fatto con solennità per memoria aa posteri dell'esistenza del corpo glorioso. A ciò erano presenti il Sindaco Reinaldo Mari, l'Arciprete don Chierici, il Canonico Mazzanti e don Cristoforo Barbieri rappresentanti il primo la Colleggiata ed il secondo il Consorzio ( soppressi il 5 luglio 1798 da un decreto del Direttorio della Repubblica Cisalpina) "...Sopra le cassette, rifatte, vi era un sigillo con impressa una croce, due palme e una mitria e attorno le lettere P. SS. D. B.C.P.H. Chiamati alla ricognizione i testimoni si volle pure il consenso del Medico Chirurgo condotto Dott. Beccaluva per riconoscere le ossa stesse e furono, a suo giudizio, le seguenti:

Furono quindi riposte religiosamente entro le loro casse e sigillate col timbro parrocchiale e col sigillo comunale rappresentato da una rocca e all'intorno le seguenti parole: COMUNITÀ DI RUBIERA. Fu quindi il tutto riposto sotto l'altare maggiore e quivi chiusa a 4 chiavi delle quali la prima al Parroco, la seconda al Canonico, la terza al Sindaco e la quarta al Consorziale. I due santi che la pietà dei fedeli conquise e vennero uniti per due secoli come titolari del paese vennero disgiunti restando la festa di San Donnino il 9 ottobre e quella di S. Concordia fu spostata al 13 agosto e ciò concorse a scemare la devozione. Una volta soppresso il Consorzio la proprietà resto divisa fra la Chiesa parrocchiale e il Comune.

Nelle "Le chiese della Diocesi di Reggio Emilia" di Mons. SCURANI l’episodio viene ricordato in poche righe che riporto qui sotto:

" Nella chiesa parrocchiale di Rubiera si conservano due corpi di Santi. Il 1° è quello di S.Concordia Martire che conservasi sotto il maggiore altare, e l’immagine di questa Santa vedesi pure effigiata nel quadro del coro insieme a quelle dei SS. Donnino e Biagio. Questo prezioso deposito, tolto dalle Catacombe di Roma fu procurato per la Chiesa dal Rettore Orazio Sabattini nel 1621. Trasportato con solenne pompa a Rubiera, come accadeva in quei tempi di fede la Santa venne scelta dal Comune e dal popolo come Protettrice del paese. Nel 1722 il suo deposito venne trasportato nella nuova chiesa e posto sotto la triplice tutela dell’Arciprete, dei Canonici e del Comune, sul finire del secolo XVIII le truppe francesi, di passaggio per Rubiera, manomisero sacrilegamente il sacro deposito, che venne poi riordinato e rimesso in onore dall’ottimo Arciprete Chierici il giorno 8 ottobre 1799, ma senza una nuova regolare ricognizione delle reliquie, la quale fu compiuta dal rubierese Monsignor Manicardi, Vescovo di Reggio nel 1889.

Anticamente la festa di questa Santa celbravasi con molta solennità e con Fiera nel mese di Ottobre, dopo la festa del titolare S.Donnino, ma l’Arciprete Chierici la fissò al giorno 13 Agosto, sotto la quale data il Martirologio romano fa menzione di S.Concordia nutrice di S.Ippolito, martirizzati in Roma."

 

S. OLIVERO MARTIRE.

Un altro santo martire riscuote la venerazione dei fedeli ed esercita la sua protezione su Rubiera da più di tre secoli.

Monsignor Alfonso SACRATI, Vescovo e Nunzio Apostolico in Svizzera, ottenne da Roma il Corpo di S. Olivero Martire, estratto dal Cimitero di S. Ciriaco, e lo regalò sulla metà del secolo XVII alla Chiesa di S. Maria di Cò di Ponte, o dell'ospitale dei Pellegrini di Rubiera, patronato della sua nobilissima famiglia (Rogiti del 3 Novembre 1646 e 2 Luglio 1647).Collocato in elegante urna sotto l'Altare principale restò ivi esposto alla venerazione dei fedeli fino a che durò l'Ospitale, e la Chiesa fu officiata. Dimenticato poi, in quei trambusti della soppressione dell'Ospitale, passò colla profanata Chiesa dapprima all'Opera Pia di Modena, e poi ai nobili Greppi di Milano.

Essendo l'arciprete don Silvetti (1769-1791) andato un giorno per visitare la dissacrata Chiesa, che era miserandamente ridotta ad uso di magazzeno di legnami, s'accorse che sotto il vetusto conservato altare era intatta un urna di santo. Esaminati i sigilli e la iscrizione apposte, e consultate le antiche carte s'accorse che quello era il Corpo di S.Olivero, già donato nell'antecedente secolo a quella Chiesa.

Il desiderio di sottrarre così tanto deposito a certa profanazione, e di arricchirne invece la sua Chiesa parrocchiale lo mossero a farne domanda al Conte don Antonio (Greppi), proprietario in allora dei soppressi Convento dei Frati ed Ospedale dei Pellegrini di Rubbiera. Accolta al sua domanda, fu steso solenne atto di donazione nel maggio 1748, quindi trasportata la S. Urna nella Chiesa di S. Donnino (Attuale Parrocchiale), in cui si conserva sotto uno degli altari delle minori cappelle a sinistra di chi entra. Il bellissimo palio di mischia o scagliola trasportato anch'esso da Cò di Ponte difende il S. Corpo, e porta la scritta

CORPUS ET OSSA SANCTI OLIVERI MARTY.

(Negli agiografi è venerato, sotto il 27 maggio, un solo S.Oliviero compagno di S. Libero d'Ancona.)

Possa il Signore, multiplicatis intercessoribus, più misericordiosamente accordare la desiderata abbondanza dei suoi doni.

 

SAN ROCCO

La situazione più preoccupante, delle grandi pesti che infierirono su Rubiera tra il 1346 e il 1353, nel 1450 e nel 1500, fu quella che si verificò nel 1629 infatti, nella riunione del Consiglio Comunale del 16 dicembre 1629, vennero eletti i cittadini che assistevano alle porte principali del paese e ai quali veniva data l'autorità di sbarrare le strade.

Infatti un decreto del Duca di Modena ordinava di porre cittadini al controllo delle porte dei paesi: potendo entrare solo chi avesse una " fede di sanità" che attestava l’immunità dal morbo. Oltre ai rigorosi controlli degli ingressi, si autorizzarono alcuni cittadini, appositamente eletti, alla chiusura delle strade. Il panico si diffuse: la peste del resto non lasciava scampo. Si manifestava con forte mal di testa, nausea, vomito, occhi congesti e infossati, lingua asciutta, forze stremate, sete ardente e delirio; ma erano i bubboni a creare allarme. Essi venivano "curati" con l’applicazione di monete ardenti. In pochi giorni l’infetto arrivava alla morte.

Avendo già avute dal gennaio 1630 le prime mortali manifestazioni e nella primavera la strage maggiore a Reggio, le autorità di Rubiera prendono provvedimenti sanitari e nel 14 aprile 1630 deliberano: "fa proposto, sentendosi li presenti sospetti di peste, di far ricorso a Sua Divina Maestà col far fare una processione generale invitando tutti li nostri sacerdoti e li frati e l'Hospitale: si facciano celebrare Messe invocando S. Rocco e S. Sebastiano et facciasi nella Chiesa dell'Annonciata e come parerà al Massaro al quale ordinarono l'esecuzione".Il paese rimase indenne dal contagio e nessun caso si verificò all'interno delle mura e "superata la peste come per miracolo, il Comune votò la festa di S.Rocco in ringraziamento" .A conferma di ciò nel registro dei defunti, presso l'archivio parrocchiale, non risulta aumento della mortalità in coincidenza della pestilenza succitata.(1631).

La figura di S.Rocco (Montpelier 1295-Angers 1327) ha lasciato una profonda traccia nella religiosità del nostro paese. Esso si festeggia il 16 agosto e localmente il culto del Santo ha una prima sicura traccia nel 1500 per venire successivamente rafforzato dal voto del Comune del 1630. San Rocco appare insieme alla titolare, anche nell'affresco posto sull'altare maggiore della Chiesa di Sant'Agata in Casale.

Uno degli oneri religiosi più antichi del Comune di Rubiera è senza dubbio quello legato al culto del Santo francese: infatti ancor prima del 1630 è segnalata l'attivazione di un tale onere da parte comunale. Nel Libro dei Conti della confraternita della SS. Annunziata, alla data 1613 si legge: "per elemosine dalla Magnifica Comunità L. 5"per la festa di S.Rocco. la stessa registrazione contabile è riportata sotto la data del 15 agosto 1614, e nei "Conti della Comunità" di Rubiera troviamo costantemente dal 1665 al 1676 la spesa di L. 30 "per voto di San Rocco" Nel XVIII secolo la Comunità continuò a tener saldo il voto a S. Rocco: la Confraternita della SS. Annunziata riceveva infatti dal Comune una somma in denaro per le spese della festività: negli anni 1773,'74 e '75 "la comunità di Rubiera per consumo d'apparati nella festa di S.Rocco L. 5". Così pure nel 1779 L.17. la stessa cifra continuerà ad essere somministrata alla Confraternita nel 1780, 1784 e 1788.

Ancora tra il 1895 e il 1899 troviamo tracce della persistenza dell'antico voto in onore del Santo.

A questo proposito così trovo scritto sulle "MEMORIE" del ROMOLI:

"In occasione della Peste avvenuta nel 1632 fu fatto di festeggiare il giorno di S. Rocco con festa del Comune erogandovi la somma di L. 70. Più di mantenere la lampada della B. V. nella Chiesa della Nunziata con l'assegno di L. 12 che più tardi fu accollato tal onere ai livellari del molino. Come pure al sagrestano per custodire l'altare di S.Rocco di ragione della Comunità L.5. La Comunità celebra tal festa nell'antico Oratorio della Nunziata ove aveva fatto fabbricare a proprie spese l'altare dedicato al Santo; più di cui si valse per fabricarvi il nuovo nel 1730 per soddisfarvi il voto degli antenati ove pure di proprio vi allegò il nuovo quadro di S.Rocco per essere il vecchio logoro e consumato dagli anni. Così di lettera di Giuseppe Turchi vice gerente nel 1789.

Il voto a S.Rocco dovè essere anteriore al 1632 perchè lo troviamo già nominato in uno stato del 1623; forse fu fatto nella riconoscenza di una delle molte pestilenze che troppo di frequente desolavano questi dintorni durante il secolo XVI. Nel 1632 fu forse rinnovato coll'aggiunta della lampada alla B.V. come per nuova testimonianza di divozione e di ringraziamento. L'Arciprete D. Filippo Giacomo Chierici con lettera del14 giugno 1815 prendendo argomento da lettera Governativa del 30 agosto 1814, la quale intendeva a rimettere le singole Chiese nel primitivo diritto di percepire quegli emolumenti e vantaggi che antecedentemente percepivano per oggetto di culto dalle rispettive comuni fosse per pubblico voto di popolazioni, per testamentaria volontà o per introdotta consuetudine, il Chierici chiedea il ripristinamento a carico del Comune per l'anno 1816 del pagamento di Zecchini 12 a pro del Predicatore (.. che è sempre stato, prescindendo dagli ultimi burrascosi tempi, in uso di chiamare d'altronde, senza che vogliasi a tale ufficio arbitrariamente pretendere di costringere il Parroco, che solo esclusivamente ad ogni altro deve essere a ciò volendo preferito; e questo perchè sussistono in giornata , e sono via maggiormente per sussistere in avvenire gli identici motivi stessi che necessitavano la Comune ad accrescere sino alla detta somma un tale assegno: avuto in vista oltre la scarsezza di ministri Evangelici il difetto attuale delle soppresse Ecclesiastiche Corporazioni che vi contribuivano in passato, non che l'universale depauperamento e mancanza delle famiglie che, colle proprie oblazioni, supplivano alla scarsezza del primitivo antico appuntamento, troppo sproporzionato alla sussistenza del Predicatore e sconveniente alla dignità dell'oggetto....) e l'annua corresponsione della mercede all'organista e abbassa mantici, corrispondente a 7 dodicesimenti (?) essendo gli altri cinque pagati dal Consorzio. Chiedeva pure che fosse rimesso l'altare di S.Rocco di ragione della Comunità eretto per pubblico voto e per conto della Comunità mantenuto. IL Consiglio Comunale di Rubiera a 6 dicembre 1815, quanto al rimettere e fornire l'altare del voto "così detto di S.Rocco", di ragione della Comunità, degli oggetti periti o esportati via dalle truppe Napoletane nel loro stanziamento a Rubiera, nel principio dell'anno 1814 la Comunità verificato il sofferto saccheggio dell'altare predetto, il di cui mantenimento è sempre stato a carico comunale, ha stanziato £. Mod.si 200 per provvedere di effetti sacri. Riguardo alla spesa pel Predicatore il Comune accede a rimettere in corso la quota assegnatali prima del 1796 in Mod.si £105 non già quella richiesta dall'Arciprete di £. 360; che per riflesso delle mancanti soppresse corporazioni, le quali concorrevano per quota a formare l'ultimo assegno delle ridette £.360, venne sostenuto negli anni 1805; 1806; 1807 per intero dal Comune, e che urtò del tutto col decreto del passato governo italiano che proibì ogni sorta di spesa di culto a carico del Comune.

Che riguardo alla spesa dell'organista e inserviente in Mod.si £.180 il primo e £ 30 annue il secondo, il Comune sulla certezza che detta spesa fu sempre a carico Comunale approva a pieni voti.

Dai "Decreti" della visita pastorale del vescovo Picenardi (1706) apprendiamo che nella Chiesa dell'Annunciata (che era nella sua forma e posizione primitiva, dove ora sorge la parrocchiale) vi era un altare dedicato a S.Rocco e a S.Sebastiano. A testimonianza dell'antichità dell'altare vi sono le parole del Picenardi: "Restauretur icon. Ex vetustate pro parte detrita" (Si restauri il quadro [di S.Rocco] rovinato in parte per l'antichità).

Rubiera fu anche interessata al morbo colerico del 1855, portato in paese da un carrettiere proveniente da Modena; fu subito deliberato di far celebrare un triduo "ad petendam sanitatem" , memoria d cui si ha traccia in un graffito al lato del vano che conduce all’organo dell’Annunziata. I morti furono 120; gli infetti non furono alloggiati alla Corte, ma nel Palazzo Greppi, generosamente messo a disposizione da quella famiglia. Nell’occasione si distinze per solerzia verso i malati l’Arciprete don Angelo CHIESI, al quale venne poi assegnata dal Re una medaglia d’oro in ringraziamento.

Le distruzioni cui furono soggetti gli archivi rubieresi, da parte delle truppe Franco -Napoletane (1814), (Il malaugurato saccheggio dei soldati comandati dal generale Mac Donald fu causato dalla resistenza che le truppe incontrarono presso l'antico borgo detto "Raffano" [oggi Contea]: i militari, per rappresaglia, entrarono in paese profanando le Chiese e bruciando gli archivi. I libri canonici fondamentali furono salvati dall'allora Arciprete don Filippo Giacomo Chierici) non hanno reso possibile il recupero della delibera originale del 1632 istitutiva del voto a S.Rocco da parte della Municipalità. Alla ricorrenza votiva del 16 agoso concorrevano in massa popolani e borghesi, residenti e non, che abitavano, o evevano abitato, nel borgo. Fino al1960 gli anziani ricordavano la festa e "i orghen", espressione che voleva rendere con efficacia la solenzzazione, anche liturgica, che veniva fatta in oratorio. Il comune, in occasione della festa , faceva inoltre rintoccare il campanone posto sulla torre civica. La ricorrenza veniva celebrata nell'antica Chiesa dell'Annunciata sull'altare di S.Rocco eretto appositamente. Dopo il completamento dell'attuale chiesa dell'Annunziata, il Comune provvide, nel 1730, alla costruzione di un nuovo altare e commissionò la realizzazione di quel quadro di San Rocco che ancor oggi vi si ammira.

VINCENZO MANICARDI UNICO RUBIERESE VESCOVO - (1825-1901).

Nacque a Rubiera il 14 febbraio 1825 e giovanissimo, vestito l’abito clericale, entrò nel Seminario arcivescovile di Modena, al cui clero fu ascritto e dove fu professore di logica e metafisica ancor prima dell’ordinazione sacerdotale, che ricevette sulla fina del 1847. Poco dopo, cioè nell’autunno dell’anno seguente, fu nominato Rettore del Seminario e Professore di filosofia al Finale. Nel 1858 poi, creato Prevosto di S.Adriano di Spilamberto, seppe governare con molta carità e prudenza per lo spazio di 10 anni. Provvide i futuri prevosti potessero avere una casa canonicale contigua alla chiesa, il che egli ottenne con infinite brighe e spese non comuni.

Elevato, nel 19 settembre 1879, alla sede Vescovile di Borgo S.Donnino di Fidenza resse quella Diocesi con zelo ed attività pastorale. Curò infatti l’istruzione nel Seminario, caldeggiò l’opera della Dottrina cristiana, diede impulso all’opera dei Congressi Cattolici, e può dirsi con tutta verità che il movimento cattolico in quella Diocesi ebbe inizio ed eccitamento da lui.

Promosse nel 1881 un pellegrinaggio memorabile alla tomba del S. Patrono. Fece l’anno seguente la Visita Pastorale di tutte le parrocchie e nella sua visita ad limina ottenne onorifici privilegi pei Canonici delle sua Cattedrale. Nel giugno 1883 adunava il Sinodo di tutto il clero e pubblicò per le stampe le relative Costituzioni, quasi intiero da lui dettate, ispirate a saggezza e zelo pastorale. Mancando la Diocesi di istituti cattolici per istruzione della gioventù provvide che venissero in questa città le suore di S.Anna all’Ospedale e le Orsoline nel Collegio dell’Angelo.

Procurò inoltre l’Oratorio festivo, la Congregazione delle Figlie di Maria, l’Educandato per le giovanette di condizione civile e molte altre opere cattoliche andava preparando, allorchè fu traslato alla sede Vescovile di Reggio, nel Concistoro del 7 giugno 1886. Venuto nel seguente ottobre al possesso delle Cattedra episcopale reggiana, inaugurò con maggiore alacrità diverse opere cattoliche, col fondare l’Associazione di Maria SS. Ausiliatrice pel soccorso dei Chierici poveri e pel sollievo dei Seminari ridotti allo stremo; con solenni e plenarie adunanze dei Comitati Cattolici; coll’istituzione della scuola di Religione per gli studenti aperta nello stesso palazzo vescovile e coll’associazione della buona stampa e simili. Visitò l’Universa Diocesi e fece decreti sapientissimi per al disciplina del clero e del popolo. Nell’ottobre 1894 convocò il Sinodo Diocesano, che da due secoli non erasi adunato.

Fu l’anima delle feste solennissime che la città e la Diocesi intera celebrarono ad onore della B.V. della Ghiara, negli anni1890 e 1896, terminate coll’incoronazione della Vergine taumaturga, nella ricorrenza del III° centenario del primo miracolo.

Morì e fu sepolto in Duomo nel 1901.

Una lapide, posta dalle sorelle nella Parrocchiale di Rubiera, con questi termini lo ricorda nel ventesimo anniversario della sua elezione a Vescovo di Reggio Emilia:

 

VINCENTIO MANICARDIO

DUODECIMO POST ANNO

QUAM A FIDENTINA SEDE

AD REGIENSES PROMOTUS EST

DOCTRINA PIETATE AC LIBERALITATE

OMNIBUS CHARO

QUINQUAGESIMUM SUI SACERDOTII ANNIVERSARIUM

VII SACRORUM ANTISTITUM CORONA HONORATO

FELICITER AGENTI

ELECTI

AD FAUSTI DIEI CELEBRATIONEM

PROVEMENDAM MODERANDUM

CLERO POPULOQUE GESTIENTE

LAETI OMINANTES

OFFERUNT

C.T.A.C.

Da (XXVIII APRILE MDCCCXCVIII - Nel Giubileo sacerdotale della Eccellenza Reverendissima di Mons. Vincenzo Manicardi Vescovo e Principe di Reggio) – Archivio Parrocchiale di Rubiera

 

I PARROCI DI RUBIERA

Molti erano gli Oratori che anticamente esistevano sul territorio di Rubiera, oltre alle accennate chiese, quali quelli dei Cortesi, dei Medici, dei Maffioni, dei Bergomi, dei Martelli, dei Cappardi, e dei Ferrarini.

Al principio del secolo XIX eranvi ancora le seguenti:

1. S. Nicola da Tolentino di Giuseppe Medici

2. S. Maria dei Signori Ferrarini

3. S. Gilberto dell'Opera Pia di Sassuolo

4. S. Anna del Conte Greppi

5. S. Giuseppe. Oratorio privato dello stesso Greppi

Ora più non trovasi che la chiesa dell'Annunciata entro il Borgo e l'oratorio di S. Nicola da Tolentino.(e la chiesa di S.Giuseppe o della Corte)

Prima di discendere a parlare dei Parroci che hanno governato questa Parrocchia noteremo che il Registro dei Battezzati comincia dall'anno 1544, quello dei Matrimoni dal 1566, e quello dei Morti dal 1594.

Ed ora dei Parroci.

1302 - GUIZZARDO. In un informe elenco di Chiese reggiane, le quali erano sì povere che non avevano sette fiorini di rendita e che per conseguenza erano dispensate dagli obblighi di pagare le decime apostoliche, appare la Chiesa di S.Donnino nel Castello di Rubiera col suo rettore...don GUIZARDINO rector ecclesie santorum Donini et Blaxii ...(Arch. cap. di Reggio)

1318 - BENVENUTO il suo nome lo troviamo nel rotolo delle decime del suddetto anno...Lanfranchinus nomine et vice dopui BENVENUTI rectoris ecclesie sancti Blaxii de Castro Yrberie solvit pro decima proventum dicte ecclesie in dicto termin Sex-sol-Rex ... Siccome le altre Chiese pagavano comunemente 3 soldi, così il reddito della nostra doveva almeno esser mediocre.

1331 - GIOACHINO

1337 - ZICCHINO o CECCHINO o GIOACHINO In diversi atti dei Memoriali dagli anni 1337 a 1340 è nominato Cecchino o Zecchino, prete e rettore della Chiesa di Rubiera, il quale l'8 settembre 1356 fece il suo testamento a rog. dell notaio Nicola Affamacavallo...dop ZICHINUS rector ecclesie de Hirberia...(Memoriale del Com. di Reggio ed annunzi trovasi anche nel 1344)

1362 - BIANCARDI GIOVANNI. Era contemporaneamente rettore dei SS. Donino e Biagio di Rubiera ed anche Priore della Casa od Ospedale del Ponte di S.Maria di Rubiera, nominato più volte dal notaio Affamacavallo dagli anni 1361 al 75...dop JOHANNES de BIANCARDIS priori hospitalis S.e Maria de Ponte de Hirberie et rector ecclesie sanctorum Blaxii et Donini Castri Hirberie….

1418 - PAOLO, rettore della Chiesa di S. Donino in terra di Rubiera, riceve un legato dal testamento di Nicoloxia Boiardi, fatto in Reggio il 21 settembre 1418. (Nei memoriali del Com. di Reggio).

1424 - SAVI ANTONIO di Cremona. Era rettore almeno dal 1424 non conoscendosi l'inizio del suo governo. Nel 1445 fu esecutore testamentario di Bartolomeo Mariani da Rubiera. Nel 1437, ed anche nel 1446 addì 24 marzo, dà in livello alcune terre del suo beneficio, onde controversie e questioni in questa famiglia (Fam. Ricchetti) quando Battista e Francesco ne saranno rettori Nell'anno 1429 ha il titolo di cappellano ..ecclesie Sant Donini de Hiriberia... (Nei memoriali del Com. di Reggio e nel rogito Ant. Pittori - Archivio di Stato).

1460 - CAVASACCHI Giovanni, cittadino reggiano, fu nominato rettore dall'Arciprete di S.Faustino il 22 gennaio del 1460. Fu dapprima rettore del Casale S.Agata (1436), poi di Marmirolo. Quindi di Rubiera ed anche del benefizio di S.Annunziata o S.Bartolomeo...Ven. don Johannes de Cavisachis rector parochialis ecclesie Sancti Donini de Hiriberia...(carte della Curia Vesc. In Arch. Di Stato).

1468 - CASTELLARI Marino da Ferrara, Cappellano del Duca, fu rettore per 30 anni continui finchè il 6 settembre del 1498 rinuncia la chiesa di S.Donnino per riprenderne più tardi il governo (Atti notaio Gio. Marco Arlotti, in arch. Vesc.)

1498 - DELL'OCA GIOVANNI di Rubbiera. Cappellano del Duca IL 26 settembre detto anno gli viene conferita la chiesa di S. Donnino. È detto di Rubiera. Rinunciò egli pure l'anno dopo. (Ibidem)

1499 - PISI GIACOMO...Iacobus de Pisis... La chiesa di S.Donnino di Rubiera gli fu conferita il 21 giugno dello stesso anno (Ibidem)

1499 - CASTELLARI Marino, Cappellano Ducale. Detto anche de Pupis riprende la Parrocchia e ne tiene il governo almeno fino al 1530, nel qual anno è detto nel libro dei censi che rettore di Rubiera è Marino Castellari presentato già da Giacomo Condulmieri Arciprete di S.Faustino. Col nome di Giacomo Marino è nominato nella visita del 1543 come quello che aveva già rinunziato. Siccome poi verso il 1530 è certo il governo di Battista Ricchetti, non ci resta che fargli precedere Giacomo Marini, ed identificarlo con Marino Castellari. Nel 1517 governava la parrocchia il benemerito Cappellano Francesco Cavallino di Modena cui dobbiamo i magnifici Reliquiari di S.Biagio e S.Concordia (Dal libro dei censi del Vescovado di Reggio)

1523 - RICHETTI Battista...dopo la rinuncia del Castellari fu eletto Rettore Don Richetti Battista, e lo era ancora nel 1543 in occasione della visita Cavini. Eravi allora come Cappellano un don Bartolomeo Cesani di Novara e la Chiesa era sufficientemente mantenuta con decoro. Altri preti abitanti nel Castello di Rubiera erano don Amedeo Cortesi, don Lodovico Mussini, e don Alesandro Mazzoni. Sotto il suo Rettorato sorse il Consorzio dei preti di Rubiera (1543). Battista Ricchetti rinunciò nel 1553.

1553 - RICCHETTI Francesco seniore gli fu conferita con bolla del 26 Gennaio di Paolo III. Rinunciò nel 1565.

1565 - RICCHETTI Francesco juniore di Rubiera.

1587 - ALDOFREDI Teofrasto trovasi rettore in questo anno. Rinunciò poi nel 1591.

1591 - ANCESCHI Luigi, eletto il 7 giugno d.° anno.

1621 - SABATTINI Orazio. Bolognese e dottore in Arti e Filosofia. In detto anno procurò per la sua chiesa il corpo di S.Concordia, come appare dalla seguente lettera che la Comunità di Rubbiera scriveva al Duca il 2 ottobre del 1621: "Il nostro Rettore ha impetrato da Roma il Corpo di S.Concordia Martire Romana, quale dona a questa Terra e viene anco presa in protezione e per avvocata di Noi; e abbiamo determinato fare la Traslazione Domenica prossima, giorno decimo del presente, che sarà della fiera di S.Donnino; e sebbene il peso di celebrare tale solennità con quel culto che si deve, alle nostre forze è ineguale, nulla di meno vogliamo ciò fare con quel maggior spirito che abbiamo e di perciò desiderosi che anche Lei sia parte di questa solennità mandiamo il presente a posta per darne parte a Vostra Altezza Serenissima e supplicare a farci grazia del suo ajuto in tale occasione e concorrere per onore di detta Santa a parte della sua intercessione, comandando al Signor Governatore che faccia tirare nell'ingresso che farà la processione dentro la Terra tutta l'Artiglieria e farle dare la polvere necessaria per tal bisogno, Che, oltre a l' A. V. S. farà opera gratissima a Sua Divina Maestà e a S.Concordia, noi Le resteremo obbligatissimi (ROMOLI, mem. Mss. di Rubbiera) Rinunciò nel 1629 con riserva di una pensione di 35 ducatoni, occordatagli da URBANO VIII. Il Sabbatini aveva rinunciato in favore di don Giulio Cattini, ma questi non fu approvato all'esame, per il che fece ricorso a Roma, anche riguardo alla pensione, ma durante il giudizio venne a morte.

1632 - TOGNOLI Francesco. Rinunciò l'anno appresso.

1633 - CAROLI Carlo, di Rubbiera. Eletto il 24 settembre d.° anno, cessa per rinuncia nel 1641 con riserva di pensione a suo favore sul benefizio parrocchiale.

1641 - AMOLDONI Giacomo, eletto il 31 gennaio d.° anno. Morì nel maggio 1666.

1666 - BAROZZI Maurizio di Rubbiera. Fu eletto Rettore di Rubbiera il 17 Luglio 1666, e la governò con questo titolo fino al 1704 nel quale, dopo la soppressione dell'Arcipretura di S.Faustino e l'erezione della Collegiata di Rubiera, egli ne fu capo e primo Arciprete. Le trattative da lui e dai primi Canonici iniziate coi Padri Conventuali per passare nella nuova Chiesa, ebbero il loro compimento sotto il successore, perché Barozzi morì nell'aprile del 1713. Il Vescovo Picenardi lo creò anche Vicario Foraneo.

1713 - LOMBARDINI Francesco di Scandiano, già addetto alla Chiesa di S. Bartolomeo di Reggio fu promosso all'Arcipretura di Rubiera la cui nomina era riservata alla S .Sede, il 18 Settembre 1713. Sotto di lui si fece il passaggio della Collegiata alla nuova Chiesa, ove fu pure trasportato il Corpo di S. Concordia. Carico di anni, rinunciò all'Arcipretura nei primi del 1747.

1747 - VACONDIO Antonio di Scandiano fu eletto Arciprete con bolla apostolica del 23 gennaio d.° anno. Morì il 5 Febbraio 1769. Dopo avere veduti la soppressione dell'Ospedale del Ponte e dei Conventuali nel 1768. Ai suoi tempi fu fatta la facciata alla Chiesa della Madonna (Annunziata) nel 1751

1769 - SILVETTI Francesco, Dottore in ambe le leggi. Canonico di S.Prospero in Reggio e Professore di Diritto Canonico nel Seminario Vescovile, ebbe la collazione (Beneficio) dell'Arcipretura il 20 Febbraio 1769. Aveva anche il titolo di Monsignore. Dal Conte Greppi ottenne nel 1784 il corpo di S.Oliviero per la sua Chiesa. Il vescovo di Modena nel 1786 lo propose al Duca per suo Vicario personale, ma il Silvetti per riguardo al suo popolo di Rubiera non volle accettare l'alto ufficio. Sul finire del 1790 rinunciò l'Arcipretura e conviene dire che poco prima si mettesse in discordia colla Curia, poiché da un carteggio esistente nell'Archivio vescovile è detto che il Vescovo si rifiutò di riceverlo e si augurò che "...egli presto varcasse il confine della Diocesi e andasse a Modena, poiché la sua presenza tornava assai inopportuna...".

1791 - CHIERICI Filippo, sacerdote modenese, eletto con bolla del Pontefice Pio VI il 18 Gennaio detto anno. Fu Arciprete in tempi assai difficili, ad onta dei quali fu stimato dai suoi parrocchiani, a vantaggio dei quali operò molto bene e la sua memoria durò lungamente in benedizione. Anche gli scrittori poco devoti alla Chiesa che hanno parlato di lui ne mostrano rispetto e lo chiamano "Parroco venerando". Rimise la pace nella Parrocchia, dopo la partenza del Silvetti. Nel 1799 ritornò in onore le reliquie di S.Concordia dopo la profanazione compiuta dalle truppe francesi. Trasportò l'amministrazione parrocchiale dalla vecchia alla nuova Chiesa, unì i preti Consorziali alla Collegiata, ebbe il dolore di vedere scomparire causa il vento della Rivoluzione Francese, trapiantata in Italia, quanto di antico e di venerando avevasi nella sua Parrocchia, vale a dire Collegiata, Consorzio e Confraternita dell'Annunziata, i beni dei quali furono indemaniati e venduti. Nel 1822 assistette all'estremo supplizio dell'infelice prete don Andreoli. Morì finalmente da tutti compianto il 3 Gennaio 1836 lasciando suoi eredi i poveri di Rubiera. Fu sepolto in "corno evangeli" nella attuale chiesa parrocchiale.

1836 - BASSIGNANI Antonio, sacerdote massese eletto il 29 Ottobre d.o anno. Ebbe soffrire gravi disturbi in occasione dei moti politici del 1848. Ritornata la calma, governò la parrocchia fino al 10 Settembre 1855, giorno della sua morte. Egli alienò la vecchia parrocchiale, che venne demolita nel 1848, per costruire la sacrestia con la tribuna sovrastante nella nuova Chiesa. Esso pure fu sepolto in "corno evangeli" nella attuale chiesa parrocchiale.

1855- CHIESI Angelo di Meletole già maestro di grammatica a Brescello e poscia Cappellano a Rivalta. Da giovinetto dopo esauriti i pochi insegnamenti che si dava in parrocchia ed appresi i primi rudimenti della Grammatica in Castelnovo, fu messo in abito clericale nel seminario di Fiumalbo, dove superò felicemente gli studi di belle lettere e filosofia. Venuto a Reggio e fatto il corso teologico, addivenne sacerdote il 1 Giugno 1844, celebrando la sua prima Messa il 2 Giugno successivo in Meletole. Fu eletto Arciprete il 29 Dicembre 1855. Fu uomo di ottimo cuore, parroco zelante e intrepido per la difesa dei diritti della Chiesa contro il locale Municipio che pretendeva sopprimere certe antiche prestazioni di culto. Ebbe egli pure a soffrire non pochi disagi in occasione dei rivolgimenti politici del 1859. Lo stesso famigerato (sic) generale Garibaldi, venuto espressamente in Rubiera e conosciuta la sua innocenza volle che non fosse molestato. Morì di quasi 84 anni il 20 Febbraio 1904. Ora è sepolto nel cimitero di Rubiera sull'ala destra, entrando, a fianco della Cappella mortuaria.

1904 - BAZZANI Celso di Calerno, sacerdote dal 1891. Per sette anni già Cappellano in Sant'Ilario, poscia per sei Priore di S.Giovanni di Querciola dal 1898 dove diede impulso alle varie istituzioni religiose ed economiche di quel paese. Promosso Arciprete Vicario Foraneo di Rubbiera, con bolla graziosa di Papa Pio X al 1 agosto 1904, costruì l'attuale facciata della Parrocchiale, ne rifece il pavimento e ne fece affrescare il soffitto. Venne costruita la Scuola Materna "Regina Margherita" (nel 1930 e attuale sede della CRI) e si costruì il vecchio Teatro Sociale (ora Cinema Excelsior). Sotto di lui e per cura delle sorelle fu inaugurata nel 1908 nella Chiesa la lapide, posta sulla colonna a sinistra alla fine della navata, in ricordo alla memoria del Vescovo Manicardi, nativo di Rubiera. Istituito l'asilo o "Scuola Manicardi", fondato per volontà del defunto Vescovo Manicardi e diretto dalle Figlie di Gesù. Istituì, pure varie Associazioni la Pia Associazione di Maria Addolorata per le madri di famiglia, l'associazione del Cuor di Maria per le giovani cristiane, la Pia Unione dei Luigini per i giovani e la compagnia degli Angioletti o Fanciulli. Morì il 13 agosto 1951 ed è sepolto nel cimitero locale a fianco del precedente Arciprete Don Chiesi.

1952 - DOSSI Gustavo di Castelnovo Sotto nominato Canonico nel 1962 e Monsignore nel 1982. Sotto di lui sono stati edificati il Circolo Parrocchiale, la adiacente pista polivalente, restaurato il vecchio "Teatro Sociale" e trasformato nel moderno "Cinema Teatro Excelsior" e restaurate le decorazioni e gli affreschi del 1912. Ha riportato in auge l'Azione Cattolica, in tutte le sua branchie maschili e femminili, lo sport in Parrocchia (la US EXCELSIOR di Atletica Leggera, e la US HERBERIA di Calcio, la COMIR di pallavolo) e il Coro S.Biagio. Lasciò l’Arcipretura nel 1995 per raggiunti limiti di età e per condizioni precarie di salute. Morì nel settembre del 1998 ed è sepolto, accanto al suo predecessore Don. Bazzani, alla destra della Cappella del cimitero locale.

1995 - GONZAGA Claudio di Prato di Correggio. Nominato arciprete nel 1995

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Manoscritto. Biblioteca Comunale. (1881-1888)